«Noi, nel governo delle arti»
Al tramonto, di notte, all’alba: domani la basilica diventa palco di attori, musicisti, scrittori Tutti alla scoperta del «Genius Loci». Bergonzoni: al cenacolo con altri occhi. Rava: ispirato dal chiostro
«Opere, operanti e operabili». Siamo noi — sostiene Alessandro Bergonzoni. Nel senso di soggetti e oggetti degli interrogativi sull’arte. «Noi uomini che tentiamo di capire cos’è»e di farci strada «nel mistero del genius loci». Gli chiederanno di definirlo questo «spirito» della basilica di Santa Croce. Domanda che assilla gli ideatori di un trittico di spettacoli che dal tramonto di domani all’alba del giorno dopo animeranno il cenacolo, i chiostri di Brunelleschi e di Arnolfo e la Cappella Pazzi. È il colpo di coda di un’Estate Fiorentina che in questa lunga notte «sintetizza lo spirito di questi sei mesi di programmazione culturale» per usare le parole del suo curatore, Tommaso Sacchi. Un’idea di Controradio con Opera di Santa Croce e Comune intorno alla «geografia umana» che, dicono, «descrive i luoghi come ambienti emotivamente vissuti».
In Santa Croce convivono tutte le arti. Questo è il punto partenza. Ma in un tal composito condominio, chi è l’amministratore? Chi governa? Se lo chiede appunto Bergonzoni. L’affabulatore animale da palcoscenico, capace di farti ridere e riflettere anche se non hai capito proprio bene cosa ha detto. L’attore-autore che ha fatto del gioco di parole uno stile di vita, e di teatro. Che dice tutto senza dire nulla. Cerca di compone un «governo» delle arti: «In questo luogo voglio collegarle tutte: pittura, musica, architettura, anche medicina e giustizia — parte in quarta — come fossero ministeri senza le enne e senza le i, quindi diventano misteri della giustizia, della salute... Cerco il “mistero dell’Interno” che è il luogo dentro di noi dove l’arte si sviluppa, ma prima mi metto a studiare, perché la mia ignoranza fa i cuccioli». A lui tocca il Cenacolo al tramonto (19.45).
La sequenza è divisa per fasi legate al ciclo solare: tramonto, notte, alba. In ognuno dei tre gli spettacoli raccontano i quattro luoghi. Come in cerchio. Si parte con la prosa, Gaia Nanni e Gianluigi Tosto, e poi Roberto Cotroneo, Bergonzoni e i concerto di Birthh e di poi John De Leo e Fabrizio Puglisi e infine il sax di Dimitri Grechi Espinosa. Nel Chiostro di Brunelleschi, durante la «notte», duettano Enrico Rava e la pianista giapponese Makiko Hirabayashi. «Santa Croce si racconta da sola. Io chiuderò gli occhi e mi lascerò influenzare» premette Rava. Lui «è» la tromba jazz italiana per eccellenza. Il maestro incontrastato di questo strumento, e dell’improvvisazione. «Suonerò nel chiostro, luogo di antichità che si rinnova perennemente moderna» ed è da questo spirito, e da questo ossimoro «che il jazz trae nutrimento» spiega. «Il jazz inteso come quel linguaggio che non conosce differenze nel tempo e nello spazio, non si fa problemi di latitudini e longitudini». Far dialogare la tromba con il pianoforte ed entrambi insieme a loro volta con i porticati in pietra serena «è il dialogo in senso musicale nel suo equilibrio perfetto, in una democrazia perfetta». Il chiostro «è lì, fermo, non reagisce, ma parla e ci istruisce, ci influenza a livello inconscio e in questo modo partecipa alla creazione della musica» conclude. Il velo della «notte» sarà tolto dl virtuoso olandese del violoncello Ernst Rejseger (ore 21.45) e chiuso da Elio Germano, attore tre volte David di Donatello, con il compositore (celebre sodale di Paolo Sorrentino) Teho Teardo nel Viaggio al termine della notte di Celine. Mentre il maliano Baba Sissoko e il sardo Antonello Salis saranno gli «Spiriti Nomadi» che aprono il ciclo dell’«alba».
Ognuno di loro — 15 artisti — compirà un piccolo viaggio in cerchio attraverso i punti cardinali che delimitano il complesso di Santa Croce. Alla ricerca del «genius loci», del suo spirito appunto. Ognuno con la sensibilità della propria arte. «Perché in fondo l’arte di Santa Croce lavora per l’arte dell’universo — prosegue il suo ragionamento in forma di corrente di fiume in piena, Alessandro Bergonzoni — Santa Croce è un punto di partenza, come una grazia restituita. Uso molto la parola “croce”. Testa o croce? Testa per accarezzarla o croce per portarla? A me piacerebbero entrambe le cose. È un tema spirituale, anche se non religioso. Perché ciò che intendo fare è guardare il Cenacolo con occhi mai messi, non solo con quelli della storia o dell’arte». Non sono giochi di parole — dice, sapendo di mentire l’affabulatore bolognese — «ma parole che ci chiedono di vedere altri significati, cosa è vitale, vivido, parole che si fanno carne e che vengono ad ascoltare un concetto».
Ecco, conclude Bergonzoni: dal giorno dopo mi piacerebbe che la gente che è venuta a sentirci in Santa Croce non dicesse più “hai sentito l’ultimo concerto?” ma “hai sentito l’ultimo concetto”?».
Collegherò pittura, architettura e anche medicina e giustizia Questo luogo è un punto di partenza, come una grazia restituita Mi lascerò influenzare dalla Storia Il jazz trae nutrimento anche dall’antico che si rinnova, non conosce differenze nel tempo e nello spazio