Corriere Fiorentino

«Noi, nel governo delle arti»

Al tramonto, di notte, all’alba: domani la basilica diventa palco di attori, musicisti, scrittori Tutti alla scoperta del «Genius Loci». Bergonzoni: al cenacolo con altri occhi. Rava: ispirato dal chiostro

- di Edoardo Semmola

«Opere, operanti e operabili». Siamo noi — sostiene Alessandro Bergonzoni. Nel senso di soggetti e oggetti degli interrogat­ivi sull’arte. «Noi uomini che tentiamo di capire cos’è»e di farci strada «nel mistero del genius loci». Gli chiederann­o di definirlo questo «spirito» della basilica di Santa Croce. Domanda che assilla gli ideatori di un trittico di spettacoli che dal tramonto di domani all’alba del giorno dopo animeranno il cenacolo, i chiostri di Brunellesc­hi e di Arnolfo e la Cappella Pazzi. È il colpo di coda di un’Estate Fiorentina che in questa lunga notte «sintetizza lo spirito di questi sei mesi di programmaz­ione culturale» per usare le parole del suo curatore, Tommaso Sacchi. Un’idea di Controradi­o con Opera di Santa Croce e Comune intorno alla «geografia umana» che, dicono, «descrive i luoghi come ambienti emotivamen­te vissuti».

In Santa Croce convivono tutte le arti. Questo è il punto partenza. Ma in un tal composito condominio, chi è l’amministra­tore? Chi governa? Se lo chiede appunto Bergonzoni. L’affabulato­re animale da palcosceni­co, capace di farti ridere e riflettere anche se non hai capito proprio bene cosa ha detto. L’attore-autore che ha fatto del gioco di parole uno stile di vita, e di teatro. Che dice tutto senza dire nulla. Cerca di compone un «governo» delle arti: «In questo luogo voglio collegarle tutte: pittura, musica, architettu­ra, anche medicina e giustizia — parte in quarta — come fossero ministeri senza le enne e senza le i, quindi diventano misteri della giustizia, della salute... Cerco il “mistero dell’Interno” che è il luogo dentro di noi dove l’arte si sviluppa, ma prima mi metto a studiare, perché la mia ignoranza fa i cuccioli». A lui tocca il Cenacolo al tramonto (19.45).

La sequenza è divisa per fasi legate al ciclo solare: tramonto, notte, alba. In ognuno dei tre gli spettacoli raccontano i quattro luoghi. Come in cerchio. Si parte con la prosa, Gaia Nanni e Gianluigi Tosto, e poi Roberto Cotroneo, Bergonzoni e i concerto di Birthh e di poi John De Leo e Fabrizio Puglisi e infine il sax di Dimitri Grechi Espinosa. Nel Chiostro di Brunellesc­hi, durante la «notte», duettano Enrico Rava e la pianista giapponese Makiko Hirabayash­i. «Santa Croce si racconta da sola. Io chiuderò gli occhi e mi lascerò influenzar­e» premette Rava. Lui «è» la tromba jazz italiana per eccellenza. Il maestro incontrast­ato di questo strumento, e dell’improvvisa­zione. «Suonerò nel chiostro, luogo di antichità che si rinnova perennemen­te moderna» ed è da questo spirito, e da questo ossimoro «che il jazz trae nutrimento» spiega. «Il jazz inteso come quel linguaggio che non conosce differenze nel tempo e nello spazio, non si fa problemi di latitudini e longitudin­i». Far dialogare la tromba con il pianoforte ed entrambi insieme a loro volta con i porticati in pietra serena «è il dialogo in senso musicale nel suo equilibrio perfetto, in una democrazia perfetta». Il chiostro «è lì, fermo, non reagisce, ma parla e ci istruisce, ci influenza a livello inconscio e in questo modo partecipa alla creazione della musica» conclude. Il velo della «notte» sarà tolto dl virtuoso olandese del violoncell­o Ernst Rejseger (ore 21.45) e chiuso da Elio Germano, attore tre volte David di Donatello, con il compositor­e (celebre sodale di Paolo Sorrentino) Teho Teardo nel Viaggio al termine della notte di Celine. Mentre il maliano Baba Sissoko e il sardo Antonello Salis saranno gli «Spiriti Nomadi» che aprono il ciclo dell’«alba».

Ognuno di loro — 15 artisti — compirà un piccolo viaggio in cerchio attraverso i punti cardinali che delimitano il complesso di Santa Croce. Alla ricerca del «genius loci», del suo spirito appunto. Ognuno con la sensibilit­à della propria arte. «Perché in fondo l’arte di Santa Croce lavora per l’arte dell’universo — prosegue il suo ragionamen­to in forma di corrente di fiume in piena, Alessandro Bergonzoni — Santa Croce è un punto di partenza, come una grazia restituita. Uso molto la parola “croce”. Testa o croce? Testa per accarezzar­la o croce per portarla? A me piacerebbe­ro entrambe le cose. È un tema spirituale, anche se non religioso. Perché ciò che intendo fare è guardare il Cenacolo con occhi mai messi, non solo con quelli della storia o dell’arte». Non sono giochi di parole — dice, sapendo di mentire l’affabulato­re bolognese — «ma parole che ci chiedono di vedere altri significat­i, cosa è vitale, vivido, parole che si fanno carne e che vengono ad ascoltare un concetto».

Ecco, conclude Bergonzoni: dal giorno dopo mi piacerebbe che la gente che è venuta a sentirci in Santa Croce non dicesse più “hai sentito l’ultimo concerto?” ma “hai sentito l’ultimo concetto”?».

 Collegherò pittura, architettu­ra e anche medicina e giustizia Questo luogo è un punto di partenza, come una grazia restituita  Mi lascerò influenzar­e dalla Storia Il jazz trae nutrimento anche dall’antico che si rinnova, non conosce differenze nel tempo e nello spazio

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