Acidini: conviene solo agli artisti, provate a proporgli le periferie...
La notte in cui le tre statue di Urs Fischer venivano montate, Cristina Acidini era in piazza della Signoria ad assistere alle operazioni. La domanda a caldo era inevitabile: «Le piacciono?». La risposta dell’ex sovrintendente al Polo Museale fu secca ma venata di sorriso: «Tanto durano poco».
È stata profetica. Anche troppo. «Intendevo riferirmi alla temporaneità della mostra. Ma evidentemente la sorte ha travalicato quel senso».
Che non le piacessero si intuiva. «L’impressione è che Fischer sia un artista che si muove su diversi binari: tra Big Clay e le altre due ci corre molta distanza: una appartiene al mondo dell’informale, le altre sono legate al figurativo. Due orientamenti distinti che appartengono allo stesso artista alla stessa mostra e nella stessa piazza, e questo disorienta».
Tradotto: non le piace. «Ricordo quando Fischer si propose per realizzare la versione di cera, come in questo caso, del Ratto delle Sabine del Giambologna per farlo sciogliere alla Biennale di Venezia. Toccava a me dargli il permesso cosa che gli negai finché fu possibile. È una cosa che va contro ogni valore in cui credo, ho lavorato una vita per la salvaguardia delle opere d’arte, per preservarle dalla caducità, e l’idea che un gruppo statuario si sciolga sotto gli occhi dei visitatori, a me proprio non va».
Il dibattito è sempre aperto: piazza della Signoria come «vetrina» per l’arte contemporanea. «Non è la piazza ideale per queste cose: ha una forma a L, edifici di epoche diverse, monumenti aggiunti nei secoli. Ma nel tempo ha assunto un carattere difficile da modificare, non credo ci stia bene niente di nuovo rispetto a ciò che già c’è».
Lei pensa che non si possa «osare» con altri linguaggi? «Solo nella misura in cui questi esperimenti sono temporanei».
A chi conviene questa commistione di stili e linguaggi: all’artista o alla piazza? «Sicuramente all’artista. Penso, e in qualche misura temo, che chi proviene da altri contesti non visiti piazza della Signoria per cercare queste contaminazioni. Il turista viene coinvolto parzialmente, se non viene disturbato. Per questo motivo tali esperimenti hanno valore, se ce l’hanno, per i cittadini. Bisognerà farsene una ragione prima o poi: la attrattiva di Firenze è il suo patrimonio storico stabile, non quello temporaneo».
Si torna a parlare della possibilità di portare queste opere in periferia. «Ma bisogna fare i conti con l’ambizione dei curatori e degli artisti. E dire agli artisti che Firenze è Firenze anche in periferia, imponendolo come condizione. Non credo che qualcuno lo metterà mai in pratica».
Chi viene, chi ci vive Il turista vuole Firenze, questi esperimenti hanno valore, se ce l’hanno, per i cittadini