Due anni all’automobilista che uccise Sara Il padre: ancora più soli
Pena lieve per l’uomo che investì la ragazza a Marina di Castagneto nel 2015. La rabbia dei genitori
«Ci vuole più coraggio a vivere che morire. Siamo completamente in balìa di noi stessi e della nostra disperazione. Lo Stato non aiuta, non pensa a chi rimane. Non ha nemmeno disposto un programma di assistenza alle famiglie, dopo tragedie così grandi». Sergio Milo è il padre di Sara, la diciassettenne fiorentina investita e uccisa il 31 luglio del 2015 da Lorenzo Pacchini, ubriaco al volante, a Marina di Castagneto Carducci, vicino al Cavallino Matto.
Mercoledì scorso il giudice Fabrizio Nicoletti del tribunale di Livorno ha condannato Pacchini a due anni di reclusione, sei mesi di arresto e al pagamento di un ammenda di 2.000 euro per guida in stato di ebrezza e delle spese processuali e alla sospensione di un anno della patente. Una pena lieve per una tragedia così grande. Perché la morte di Sara è avvenuta prima dell’entrata in vigore della legge sull’omicidio stradale, che è stata approvata nel 2016: oggi, in casi come questo, la pena è da 8 a 12 anni di reclusione. «Anche se lui avesse avuto l’ergastolo, la vita non ci sarebbe cambiata — dice il babbo di Sara parlando dell’uomo che ha ucciso sua figlia — Ma lui poteva almeno chiamarci e scusarsi. Bastava chiedere perdono. Lui dovrebbe riabilitarsi e andare nelle scuole a raccontare la sua esperienza, fare mea culpa davanti ai ragazzi».
Non si accetta di non vedere più rientrare tua figlia a casa. Di non sentirla respirare mentre dorme la notte, di non festeggiare più il suo compleanno e darle un bacio prima che esca per andare a scuola. Si prova a sopravvivere come si può ma, dice Sergio, «l’insensibilità nel nostro Paese è disarmante, tremenda, e non basta una legge per evolversi, serve ben altro. La sconfitta prima di tutto è di noi genitori perché Sara non c’è più — continua Sergio Milo — ma ancor più dello Stato italiano. Hanno fatto una legge gonfiandosi il petto per l’omicidio stradale quando in giro è pieno di “assassini” che girano liberi in strada, senza nemmeno aver scontato un giorno di galera. E tu non puoi difenderti, ma solo trovare l’avvocato giusto che ti dà una mano... Uno Stato che ancora giudica colposo l’omicidio stradale. Che non capisce che un’auto in mano a persone non idonee può essere letale».
Dice il babbo di Sara che senza l’avvocato Gian Marco Cesari, il legale dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada onlus, «non avremmo ottenuto nessun risultato: il pubblico ministero aveva chiesto 1 anno e 4 mesi...». Secondo l’avvocato Cesari, Pacchini «ha ucciso con una condotta irrazionale, consapevole dello stato in cui si trovava. È stato un incidente che poteva essere evitato, in una zona dove il limite di velocità è di 40 chilometri orari e i pedoni sono ben visibili. Ricordo — spiega il legale — che Pacchini è sceso dall’auto barcollando, come hanno scritto i carabinieri nel loro verbale, con gli occhi rossi e con i risultati etilometro di 1,65 grammi litro alla prima prova e 1,42 alla seconda».
A casa Milo c’è un bambino, il fratellino di Sara, che chiede ancora di sua sorella. «Ci sarà il processo di appello, sì, ma credo che alla fine la persona che ha ucciso Sara non farà nemmeno un giorno di galera ed io come devo sentirmi? Ho il morale sotto i piedi», dice il padre. «Dobbiamo trovare tutti i giorni il coraggio di vivere e tanti altri sono nella nostra stessa condizione. Questa è la sconfitta più grande».
Lo sfogo del padre «Le famiglie delle vittime non sono assistite, resta loro solo la disperazione L’assassino di mia figlia vada nelle scuole a raccontare cosa ha fatto»