David Rossi, Piccini parla di festini e toghe alle Iene È bufera con la Procura
L’ex sindaco con «Le Iene» parla di festini e magistrati. Poi: «Intervista rubata, li querelo»
L’ex sindaco di Siena Pierluigi Piccini va a ruota libera in tv sul caso della morte di David Rossi con gli inviati delle Iene, parla di festini a base di coca e ammicca alla possibile presenza anche di qualche magistrato. A Siena è bufera. La Procura: «Accuse gravissime, delegittimazione inaccettabile». Piccini attacca: metodi scorretti, intervista rubata. E annuncia querele.
Un’intervista registrata di nascosto dagli inviati de Le Iene, la trasmissione televisiva Mediaset, e Siena ripiomba nel mistero della morte di David Rossi. Questa volta a dare fuoco alle polveri è Pierluigi Piccini, ex sindaco di Siena (dal 1993 al 2001), oggi nuovamente candidato, ex dirigente del Monte dei Paschi al tempo del crac. Nel servizio andato in onda domenica, senza sapere di essere registrato, seduto a un bar di piazza del Campo, parla a ruota libera sul caso che tiene banco a Siena ininterrottamente da quel 6 marzo 2013, giorno in cui David Rossi volò giù dal suo ufficio di Rocca Salimbeni. Piccini dice di avere «seri dubbi» sul fatto che l’ex capo comunicazione di Mps si sia suicidato, spiega che «la città è convinta che sia stato ucciso» e che «l’indagine è stata fatta male».
Ma le affermazioni choc di Piccini — che solo al termine dell’intervista scoprirà che i giornalisti avevano una telecamera nascosta — riguardano altro, quella che l’ex sindaco definisce «una storia parallela» e che potrebbe avere a che fare con il movente dell’omicidio di Rossi: «Un avvocato romano mi ha detto: “Devi indagare su una villa tra Siena e Arezzo e una al mare, i festini li facevano lì”. La magistratura potrebbe anche avere abbuiato tutto perché scoppia una bomba morale. Non so se mi sono spiegato. Questo filone non è mai stato preso. Chi andava a queste feste? — incalza Piccini — Ci andavano anche i magistrati senesi ad esempio? Ci andava qualche personaggio nazionale? La cocaina gira a fiumi in questa città. A un certo punto posso anche capire la magistratura che di fronte a una cosa del genere cerchi di chiudere perché altrimenti diventa una cosa molto difficile». E mentre l’ex sindaco ieri prometteva querele — «Ho dato mandato ai miei legali di difendere le mie ragioni sia sul piano penale che civile, in quanto le riprese sono state effettuate in maniera scorretta» — ieri è arrivata la replica «indignata» del procuratore di Siena Salvatore Vitello che annuncia di aver trasmesso la registrazione della trasmissione alla Procura di Genova, competente a indagare su reati che vedono coinvolti (anche come parti offese) i magistrati toscani.
«L’interlocutore del giornalista — si legge nel comunicato stampa della Procura — ha espresso gravi accuse nei confronti dei magistrati di Siena. Si racconta una storia parallela mai emersa nel corso delle indagini che vedrebbe coinvolti vari soggetti tra cui i magistrati senesi, in festini a base di cocaina. È assolutamente inaccettabile la sistematica delegittimazione come quella operata dall’interlocutore delle Iene che, senza alcuna conoscenza diretta della complessa attività di indagine, degli immani sforzi compiuti per dare spiegazione a ogni elemento di criticità, sulla base di un pregiudizio personale, tenta di accreditare una propria tesi personale suffragandola con pesantissime accuse ai danni dei magistrati che hanno seguito la vicenda additandoli come partecipi di un oscuro disegno criminoso».
Il procuratore Vitello ricorda poi che sulla morte di David Rossi sono stati titolari di indagini sette magistrati, in diversi momenti, e i risultati hanno sempre portato al suicidio. Spiega che «è giusto e comprensibile che i familiari abbiano dubbi sulla causa della morte ed è legittimo che esprimano critiche sull’operato dei magistrati utilizzando, come hanno fatto, gli strumenti consentiti dalla procedura, con indagini difensive e opposizione all’archiviazione».
L’ultima inchiesta della Procura di Siena — aperta nel novembre 2015 su richiesta della famiglia — si è chiusa lo scorso luglio con un’archiviazione. Quella prima era stata chiusa allo stesso modo nell’agosto 2013. La famiglia di David Rossi non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio. Troppi i punti oscuri, ripetono, che non sono mai stati chiariti. A partire dall’anomalia della caduta dal terzo piano di Palazzo Sansedoni: Rossi è caduto di spalle ma in piedi, senza alcuna rotazione, ha spiegato il consulente della famiglia l’ingegner Luca Scarselli. Poi ci sono le ferite sul corpo, come quelle sugli avambracci, incompatibili secondo i consulenti con la caduta. Non è mai stata fatta alcuna ricerca di dna per rilevare profili di un’altra persona né sul corpo, né sull’orologio, né sul telefono cellulare, né sui vestiti, né sui fazzoletti sporchi di sangue ritrovati nel cestino dell’ufficio. Non sono mai state identificate tutte le persone che quella sera erano in banca e non sono mai state acquisite le immagini delle dieci telecamere interne ed esterne alla banca, tranne quella che ha ripreso la caduta. Non sono mai state neppure identificate le persone che si vedono comparire all’imbocco del vicolo dove per 22 lunghissimi minuti David Rossi resta agonizzante senza che nessuno dia l’allarme. Due settimane fa le Iene erano riusciti a strappare una frase — dopo oltre quattro anni di silenzio — anche all’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari: «Quello che fa la moglie di Rossi per me è vangelo, se lei ritiene di andare avanti su quella strada è quella giusta».
Il procuratore Noi coinvolti in party a base di cocaina? Accuse gravissime, ho trasmesso gli atti a Genova