Scandicci prega per don Maurizio
Messa nella sua parrocchia: «Innamorato dell’Africa». Nessuna notizia dai rapitori
Mercoledì prossimo è il suo compleanno: don Maurizio Pallù compirà 63 anni. E potrebbe compierli sotto sequestro, nelle mani dei suoi rapitori che lo tengono in ostaggio da giovedì scorso, quando il sacerdote fiorentino è stato catturato nel sud della Nigeria.
Lui continuerà a pregare, assicurano gli amici, animato dalla fede in Cristo, quella dottrina che l’ha portato in giro per il mondo. Inghilterra, Scozia, Olanda, Brasile. E infine Nigeria. Una vita senza fissa dimora, in cammino per portare il messaggio del Vangelo, per sviluppare negli altri l’amore per il prossimo, i valori della condivisione. Lui non portava medicine, non costruiva ospedali, non consegnava aiuti umanitari. Portava soltanto la parola del Signore, attraverso percorsi di catechesi laddove ce n’era bisogno. Combatteva la secolarizzazione, tentava di cambiare la vita delle persone che avevano smarrito la speranza. «È sempre stato animato da un profondo zelo di evangelizzazione, sin dai tempi dell’Università» raccontano gli amici.
È cresciuto a Novoli, dove ha fatto il liceo scientifico. Poi l’avvicinamento alla parrocchia di San Bartolomeo in Tuto, a Scandicci, dove ha iniziato il Cammino neocatecumenale e dove tornava ogni volta che veniva in Italia. Proprio qui, ieri pomeriggio, il cappellano Biagio Melchiorre ha invitato la comunità a pregare per don Maurizio: «L’ho visto pochi mesi fa, mi invita sempre a raggiungerlo in Africa, ama il lavoro che sta facendo laggiù». Poi l’invito alla preghiera, affinché «i suoi rapitori possano essere toccati dall’amore di Cristo, rilasciarlo, convertirsi e cambiare vita».
Qualcuno dei parrocchiani ricorda il giovane Maurizio, così affamato di studi e voglia di portare nel mondo il messaggio di Gesù. È stato uno studente modello. Ha seguito la facoltà di Lettere, dipartimento di storia. Si è laureato in Storia della Chiesa a soli 23 anni, 110 e lode. Ha discusso la tesi col professor Franco Cardini. Appassionato di camminate, è diventato sacerdote a 37 anni. E così ha cominciato a viaggiare, la valigia sempre pronta, la sua missione irrinunciabile. Ha lavorato con i giovani europei, ventenni e trentenni attraversati da dissidi interiori, aiutandoli a crescere e farsi una famiglia. Poi ha scelto la Nigeria, dove vive da tre anni. Ama l’Africa, un continente, come ha sempre detto agli amici, da cui ognuno di noi avrebbe molto da imparare. Ha sempre ammirato la cultura e la spiritualità degli africani, ne ha condiviso le sofferenze. Diceva che «l’Africa non è soltanto zanzare, povertà e malattie, ma anche università, cultura e tecnologia». Quella tecnologia verso cui è sempre stato reticente. Ha comprato uno smartphone soltanto di recente, prima si ostinava a usare i vecchi cellulari. E proprio da quel suo nuovo smartphone, chiamava settimanalmente Firenze: i parenti, gli amici e la madre quasi novantenne, malata di cuore, che ancora vive nella casa di Novoli. Era cosciente dei rischi, ma è voluto restare, viaggiando senza scorta, spesso coi mezzi pubblici, mettendosi al pari degli altri, mangiando con le mani e vivendo nelle stamberghe, condividendo tradizioni e dolori.
Ad esprimere vicinanza ai familiari, anche il sindaco di Scandicci, Sandro Fallani, e quello di Firenze, Dario Nardella, oltre che don Walter Insero, responsabile dell’Ufficio Comunicazioni Sociali del Vicariato di Roma. «Ci siamo stretti attorno a Papa Francesco, al nostro Vicario monsignor De Donatis, fiduciosi nella preghiera perché il Signore possa toccare i cuori di chi tiene prigioniero don Maurizio».
Il Vicariato di Roma Ci siamo stretti attorno a Papa Francesco, fiduciosi nella preghiera perché il Signore possa toccare i cuori di chi lo tiene prigioniero