Il Rosatellum, un’opera buffa a Montecitorio
Il teatro di Montecitorio, dove si sono installati per un paio di giorni i militanti e i deputati e i senatori a Cinque Stelle, ha offerto una pièce sull’emergenza e l’urgenza democratica. Si doveva protestare contro l’approvazione, per ora solo alla Camera, della legge elettorale, ma in realtà lo spettacolo era variegato: «Fuori la mafia dallo Stato»; «Fuori i partiti dalla Rai». E il Rosatellum? Chissenefrega, l’importante per il M5s era tornare in piazza, non importa per cosa. L’importante era ristabilire la dicotomia fra «noi» e «loro», fra la gggente e il Palazzo. E infatti era tutto un «quelli là dentro», rivolto dai parlamentari del partito di Grillo verso la Camera dei deputati, come se loro non ne facessero parte. Come se anche loro non avessero beneficiato della cura parlamentare, tra sbiancamenti dentali a uso di telecamera richiesti da Rocco Casalino, un tempo frequentatore della casa del Grande Fratello e oggi spin doctor del M5s, e diete (Vito Crimi è un figurino) e frequentazioni abituali del coiffeur (guardatevi i video di Paola Taverna del 2013 e confrontateli con quelli di oggi). Mentre sul palchetto davanti Montecitorio gridavano contro il colpo di Stato, i parlamentari grillini per il resto del tempo sghignazzavano un sacco. Ora, un’opposizione che fa teatro (Grillo si è presentato in albergo a Roma con un piede finto e molte battute sui leccapiedi) quanto può essere credibile?
Cose da dire su questa legge in effetti ci sono, a partire dal modo in cui è stata fatta passare: il Rosatellum bis alla Camera è stato approvato dopo tre voti di fiducia e, come ha ricordato Michele Ainis su Repubblica, «la questione di fiducia viene posta dall’esecutivo su un provvedimento che esso stesso reputa centrale per sviluppare le proprie linee programmatiche. Tuttavia il Rosatellum muove da un’iniziativa parlamentare, non governativa. E oltretutto l’esecutivo in carica, presentando il suo programma, aveva promesso di tenersi fuori dalla riforma elettorale». E visto che a Montecitorio lo schieramento favorevole al Rosatellum poteva contare su oltre il 70 per cento dei deputati, perché porre la fiducia alla Camera? I problemi casomai potrebbero essere al Senato, dove i numeri sono dall’inizio della legislatura diversi. C’è poi un problema che riguarda la natura della legge elettorale. Matteo Renzi ha sempre detto di volere un sistema che la sera delle elezioni consegni la certezza del risultato e del vincitore. I sostenitori del Pd obietteranno che molte cose sono cambiate, che il No al referendum ha fatto crollare tutto il progetto costruito da Renzi, che il contesto è politicamente cambiato, quindi tutto va accordato nuovamente. Se anche questo fosse vero (ma le responsabilità di chi sono? Non del segretario del Pd che ha fatto una scommessa e l’ha persa?), le domande da fare resterebbero comunque intatte: il Rosatellum risponde alla questione della governabilità? No.
«La formula Rosato — ha scritto Sabino Cassese sul Corriere della Sera — non risolve il problema della governabilità, o, meglio, assume che esso venga affrontato e risolto mediante coalizioni: il suo risultato è un sistema fondamentalmente proporzionale e non cambia molto rispetto alle due leggi diverse, per Camera e Senato (Calderoli e Renzi), ambedue corrette dalla Corte Costituzionale. Per coloro che amano misurare la governabilità chiedendosi se la sera del voto il Paese saprà chi va al governo (citofonare Renzi, ndr), la scelta in corso di discussione è deludente». Si può dunque sorridere del «colpo di Stato» denunciato da Di Maio e Di Battista ma ugualmente dire che la legge Rosato è tutt’altro che soddisfacente.
Ps: Ieri il Pd ha festeggiato 10 anni. Molte cose sono cambiate dal 2007 a oggi, segretari si sono succeduti e pezzi di partiti sono stati persi per strada. Oggi Renzi ha, a livello nazionale, il partito saldamente nelle mani e non ha più avversari interni competitivi. Resta sempre l’impressione che l’ex presidente del Consiglio sia ancora fermo al 4 dicembre 2016. «Se salta il Pd, salta il sistema. Crolla l’argine contro estremisti e populisti», ha detto in un’intervista a Repubblica. Renzi, insomma, ha recuperato la strategia del referendum costituzionale. È stata, come tutti ricordano, un vero successo.
I grillini manifestano contro la legge elettorale gridando al golpe, mentre il problema resta quello della governabilità