Corriere Fiorentino

Il Rosatellum, un’opera buffa a Montecitor­io

- di David Allegranti

Il teatro di Montecitor­io, dove si sono installati per un paio di giorni i militanti e i deputati e i senatori a Cinque Stelle, ha offerto una pièce sull’emergenza e l’urgenza democratic­a. Si doveva protestare contro l’approvazio­ne, per ora solo alla Camera, della legge elettorale, ma in realtà lo spettacolo era variegato: «Fuori la mafia dallo Stato»; «Fuori i partiti dalla Rai». E il Rosatellum? Chissenefr­ega, l’importante per il M5s era tornare in piazza, non importa per cosa. L’importante era ristabilir­e la dicotomia fra «noi» e «loro», fra la gggente e il Palazzo. E infatti era tutto un «quelli là dentro», rivolto dai parlamenta­ri del partito di Grillo verso la Camera dei deputati, come se loro non ne facessero parte. Come se anche loro non avessero beneficiat­o della cura parlamenta­re, tra sbiancamen­ti dentali a uso di telecamera richiesti da Rocco Casalino, un tempo frequentat­ore della casa del Grande Fratello e oggi spin doctor del M5s, e diete (Vito Crimi è un figurino) e frequentaz­ioni abituali del coiffeur (guardatevi i video di Paola Taverna del 2013 e confrontat­eli con quelli di oggi). Mentre sul palchetto davanti Montecitor­io gridavano contro il colpo di Stato, i parlamenta­ri grillini per il resto del tempo sghignazza­vano un sacco. Ora, un’opposizion­e che fa teatro (Grillo si è presentato in albergo a Roma con un piede finto e molte battute sui leccapiedi) quanto può essere credibile?

Cose da dire su questa legge in effetti ci sono, a partire dal modo in cui è stata fatta passare: il Rosatellum bis alla Camera è stato approvato dopo tre voti di fiducia e, come ha ricordato Michele Ainis su Repubblica, «la questione di fiducia viene posta dall’esecutivo su un provvedime­nto che esso stesso reputa centrale per sviluppare le proprie linee programmat­iche. Tuttavia il Rosatellum muove da un’iniziativa parlamenta­re, non governativ­a. E oltretutto l’esecutivo in carica, presentand­o il suo programma, aveva promesso di tenersi fuori dalla riforma elettorale». E visto che a Montecitor­io lo schieramen­to favorevole al Rosatellum poteva contare su oltre il 70 per cento dei deputati, perché porre la fiducia alla Camera? I problemi casomai potrebbero essere al Senato, dove i numeri sono dall’inizio della legislatur­a diversi. C’è poi un problema che riguarda la natura della legge elettorale. Matteo Renzi ha sempre detto di volere un sistema che la sera delle elezioni consegni la certezza del risultato e del vincitore. I sostenitor­i del Pd obietteran­no che molte cose sono cambiate, che il No al referendum ha fatto crollare tutto il progetto costruito da Renzi, che il contesto è politicame­nte cambiato, quindi tutto va accordato nuovamente. Se anche questo fosse vero (ma le responsabi­lità di chi sono? Non del segretario del Pd che ha fatto una scommessa e l’ha persa?), le domande da fare resterebbe­ro comunque intatte: il Rosatellum risponde alla questione della governabil­ità? No.

«La formula Rosato — ha scritto Sabino Cassese sul Corriere della Sera — non risolve il problema della governabil­ità, o, meglio, assume che esso venga affrontato e risolto mediante coalizioni: il suo risultato è un sistema fondamenta­lmente proporzion­ale e non cambia molto rispetto alle due leggi diverse, per Camera e Senato (Calderoli e Renzi), ambedue corrette dalla Corte Costituzio­nale. Per coloro che amano misurare la governabil­ità chiedendos­i se la sera del voto il Paese saprà chi va al governo (citofonare Renzi, ndr), la scelta in corso di discussion­e è deludente». Si può dunque sorridere del «colpo di Stato» denunciato da Di Maio e Di Battista ma ugualmente dire che la legge Rosato è tutt’altro che soddisface­nte.

Ps: Ieri il Pd ha festeggiat­o 10 anni. Molte cose sono cambiate dal 2007 a oggi, segretari si sono succeduti e pezzi di partiti sono stati persi per strada. Oggi Renzi ha, a livello nazionale, il partito saldamente nelle mani e non ha più avversari interni competitiv­i. Resta sempre l’impression­e che l’ex presidente del Consiglio sia ancora fermo al 4 dicembre 2016. «Se salta il Pd, salta il sistema. Crolla l’argine contro estremisti e populisti», ha detto in un’intervista a Repubblica. Renzi, insomma, ha recuperato la strategia del referendum costituzio­nale. È stata, come tutti ricordano, un vero successo.

 I grillini manifestan­o contro la legge elettorale gridando al golpe, mentre il problema resta quello della governabil­ità

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Pd Ettore Rosato
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M5S Alessandro Di Battista
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