Corriere Fiorentino

Il babbo in ospedale: me l’hanno massacrata, nemmeno gli animali...

Poi affronta gli amici: che ci fate qui, lo capite che è grave?

- Viola Centi

«Massacrata, me l’hanno massacrata con una cattiveria che nemmeno a un animale». Il padre della diciassett­enne ritrovata a Montelupo in una pozza di sangue è sotto choc. Fuori dall’ospedale San Giuseppe di Empoli, dove la ragazza è ricoverata in terapia intensiva, ci sono stati momenti di tensione.

Alcuni ragazzi, amici della giovane, si sono presentati per sapere come stava. Felpa larga, jeans con i risvoltini, scarpe da ginnastica, sigaretta in mano. Sono in quattro, e non passano inosservat­i. Prendono un té freddo al bar, un pezzo di pizza, si aggirano davanti all’ingresso. Due agenti della Polizia, inviati a piantonare l’ingresso del reparto, chiedono i documenti, li identifica­no. Sembra che i ragazzi la sera prima fossero con la giovane aggredita.

«E perché stamattina non sei venuto a raccontarc­elo?» dice un poliziotto a uno di loro, riferendos­i ai fatti che avrebbero portato al ferimento della giovane. «Ma io sono andato in palestra, che ne sapevo» risponde lui. Una leggerezza che ai poliziotti non passa inosservat­a. Uno di loro, l’ex fidanzato, viene portato in commissari­ato, gli altri si alterano. «Perché ci chiedete i documenti? Non possiamo venire a trovare una nostra amica?». Ma si incrociano fatalmente con i familiari della giovane, che escono invece dall’ospedale. Solo la prontezza dei poliziotti evita il peggio.

«Lo capisci, che lei ora è in terapia intensiva? Che è grave?», grida il padre in faccia a uno dei ragazzi. Lo zio della giovane e i poliziotti li separano, piano piano la situazione torna calma, anche perché le condizioni della ragazza iniziano a migliorare. «Ha un occhio tumefatto, ma per ora il sanguiname­nto al cervello si è fermato — spiega il padre — Le hanno fatto la tac, ma ancora non ha ripreso conoscenza» dice, mentre cerca di ricostruir­e cosa è accaduto alla figlia la sera prima.

Ricorda l’ultima volta che l’ha vista, che l’ha salutata: «L’ho accompagna­ta al pullman a Fucecchio, veniva a Montelupo da un’amica, andavano a cena, poi a ballare e restava a dormire da lei». Non era la prima volta. La ragazza andava spesso a ballare con gli amici, al «Jump» di Montelupo, nella zona industrial­e. Il padre era tranquillo. Fino alla telefonata che nessun padre vorrebbe ricevere, al mattino: «Stamattina mi hanno chiamato, mi hanno detto che era successo questo». Lo zio cerca di calmarlo, lo allontana, e si sfoga a sua volta. «Siamo abbandonat­i, siamo al confine noi — dice lo zio — tutti questi poliziotti dovevano esserci ieri sera. Io ho sessant’anni e ho paura a uscire di casa la notte. È inaccettab­ile, che succeda questo a una ragazza».

Intanto i tre ragazzi rimasti, sono ancora lì, su una panchina, davanti all’ospedale. Si guardano attorno, non sanno forse nemmeno loro cosa aspettano. Poi il padre della ragazza ne avvicina uno, con calma, e cerca di spiegare, forse di giustifica­rsi per la reazione avuta e a fatica racconta il suo stato d’animo, la situazione sta vivendo. I due gruppetti restano separati, e dopo un po’, i giovani se ne vanno, lasciando genitori e parenti della ragazza con un mezzo sorriso. «Migliora», dicono rientrando in ospedale.

Appello per la sicurezza «Siamo abbandonat­i, siamo al confine, io ho 60 anni e ho paura a uscire. Tutti questi poliziotti dovevano esserci stanotte»

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Gli agenti delle volanti del Commissari­ato di Empoli intervenut­i ieri all’ospedale mentre identifica­no alcuni amici della vittima che erano andati a trovare la ragazza

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