«È venuto il tempo delle regole, dopo l’Olanda tocca a voi»
Il giornalista van Aalderen: rotta da invertire, o perderete appeal
«È possibile non trasformarsi in una Venezia, non perdere la propria identità. Amsterdam ci sta provando. E potete riuscirci anche voi». Maarten van Aalderen è corrispondente del quotidiano olandese De Telegraaf per l’Italia, oltre che autore di «Il bello dell’Italia» e «Talenti d’Italia». Vive da decenni qua, è sposato con un’italiana e spesso frequenta Firenze.
Van Aalderen, Amsterdam sta provando a mettere un freno ai fenomeni portati dal turismo di massa. Ci sono similitudini tra quanto succede nella città olandese e Firenze?
«È la questione globale che devono affrontare le grandi città che vengono attraversate da questi fenomeni, che toccano soprattutto i centri storici. La domanda fondamentale è: cosa fare? Andiamo solo incontro ai turisti o ci occupiamo anche dei residenti, mantenendo attività tradizionali e identità?».
Amsterdam ha deciso di aggredire il problema. Come è arrivata questa scelta?
«Perché sono cresciute le lamentele dei cittadini. Il fenomeno è durato anni. I negozi tradizionali hanno cominciato ad essere soppiantati da quelli per turisti. Poi è esploso Airbnb: in Olanda c’era un limite alla possibilità di affittare in questo modo la propria casa: 60 giorni l’anno. Ma nessun la rispettava più. È stato deciso di farla rispettare, facendo molti controlli. E così le case affittare tramite Airbnb sono diminuite. Ed adesso nuovi limiti verranno messi anche ai negozi che hanno soppiantato quelli tradizionali, come i tanti ristoranti soprattutto take away, e il noleggio di bici per turisti».
Intanto, però, il centro ha «espulso» i suoi residenti, come successo a Firenze.
«Un fenomeno andato avanti per qualche decennio. Ma quelli che sono rimasti hanno cominciato a lamentarsi, fino a che il consiglio comunale in toto ha deciso all’unanimità di applicare un divieto all’apertura di nuove attività turistiche. Una misura contro la liberalizzazione totale. Amsterdam non sarà una Venezia».
Tutti contenti?
«Non proprio. Un economista, Cor Molenaar, ha ricordato che potrebbe essere un grande errore: altre città, come Londra, vivono anche di turismo. Insomma, dal punto di vista economico può essere un autogol».
Dal punto di vista dei residenti, forse no. Lei frequenta molto Firenze: finirà come Venezia o si può provare a fare come Amsterdam?
«Il rischio “Venezia” c’è, sempre di più. Ma Firenze ha ancora negozi di grande qualità, adatti anche ai turisti di alto livello. Certo, la vostra platea di turisti è variegata, va dal lusso agli americani ubriachi».
C’è una linea di difesa? È quella olandese?
«Sì, regole come quelle di Amsterdam. Ma soprattutto, per puntare a turismo sostenibile e di alto livello, occorre preservare i negozi tradizionali che ancora ci sono. Anche intorno a via Tornabuoni, dove si trovano solo griffe, ci sono, per esempio, ancora questi negozi di antiquariato e passamaneria “tradizionali”. Cioè proprio quei negozi che attirano il turista di qualità. Perché se non invertite la tendenza, Firenze perderà il suo appeal per il turismo “alto” e la sua identità. Questa città ha ancora nel mondo una reputazione di qualità».