Andrei, tre volte record (e in una sola serata)
In una sola gara, il lanciatore fiorentino cresciuto agli Assi Giglio Rosso migliorò per ben tre volte il record del mondo
Nel glossario internazionale dello sport vengono indicati con una semplice sigla: WR. Li puoi inseguire per una vita, ma rischiano di rimanere sogni infranti per una frazione di secondo, per un centimetro di scarto. Oppure, li puoi saldare alla storia in maniera indelebile e garantirti così un trono tra gli immortali della specialità. Sono i record del mondo, nobili espressioni della fisicità umana. Sono legati a un evento, a una data, a un numero decimale. Scavano divari infinitesimali, tracciano cinicamente quella linea di confine che separa un formidabile atleta da un campione leggendario.
Nell’elitario club degli sportivi che hanno accorciato tempi e dilatato distanze, un posto di primo piano lo ricopre Alessandro Andrei. Fiorentino di Scandicci, classe 1959, da ragazzino costretto ad aiutare la famiglia sgobbando come carrettiere al mercato di San Lorenzo, il giovane Andrei era un colosso di muscoli promettenti che furono poi torniti sui campi dell’Assi Giglio Rosso e prestati alle fatiche del lancio del peso, di quella disciplina già brillantemente incarnata da Angelo Profeti, Silvano Meconi, Marco Montelatici, tutti cresciuti sulla pedana del Viale dei Colli.
Presto arruolato nel gruppo sportivo Polizia di Stato, Andrei raggiunse la celebrità internazionale con la medaglia d’oro conquistata all’Olimpiade di Los Angeles 1984, l’edizione dei Giochi del (contraccambiato) boicottaggio sovietico. Quella medaglia conserva tutt’oggi un valore particolare perché rappresenta, a distanza di 33 anni, l’unico oro olimpico fiorentino nell’atletica leggera, oltre che l’unico oro olimpico azzurro della specialità del «getto». A Los Angeles, il gigante di Scandicci lanciò la palla piombata a 21.26 metri, una distanza ancora ben inferiore alla soglia dei 22.00 che Andrei riuscì a superare nel 1986, durante il meeting internazionale Città di Viareggio (22.06).
E fu proprio in un’altra edizione di quel meeting — ideato nel 1972 e divenuto appuntamento di prestigio grazie all’intraprendenza del deus ex machina della manifestazione Giuliano Tosi — che Alessandro Andrei mise in mostra una delle prestazioni più incredibili nella lunga storia dei record sportivi mondiali. Era il 12 agosto 1987. Alle ore 21.40 l’allora Stadio dei Pini si presentava come un catino colmo di umidità e le condizioni metereologiche non lasciavano presagire prestazioni entusiasmanti. Per l’occasione l’organizzazione presentò un’innovativa pedana mobile di lancio che venne posizionata all’altezza della mezzeria del campo e rivolta verso la tribuna centrale. Fu un accorgimento che voleva offrire al pubblico la migliore visibilità e che al contrario destò non poche polemiche. I lanci, secondo alcuni, avrebbero potuto essere falsati dalla pedana che (solo in apparenza) sembrava rialzata in quel punto dove la «schiena d’asino» del campo da calcio presentava la sua massima inclinazione.
Fatto sta che con il suo pettorale numero 18 e la mandibola destra imbrattata di gesso, Alessandro Andrei iniziò la gara con due lanci importanti, scagliando la sfera oltre i 22 metri (22.19 e 22.37), e confermando l’ottimo stato di forma. Quindi entrò nel cuore dell’atletica leggera italiana. Il suo terzo lanciò decretò il primo, personale record del Mondo (22.72, ben 8 centimetri oltre il primato mondiale di 22.64 stabilito dal tedesco dell’est Udo Beyer). Il pubblicò salutò in delirio la prestazione. Il quarto fu ancora migliore, 22.84, e sancì il secondo record del Mondo consecutivo nella stessa giornata. Ma Andrei non aveva esaurito i propri lanci poderosi. Perché quella sera la sfera metallica di 7,257 kg sembrava pesare quanto una piuma sul palmo della sua mano. Braccio sinistro alzato, velocità massima di esecuzione nella rotazione verso il piano di lancio, violenta spallata e il quinto lancio atterrò incredibilmente a 22.91 per il terzo record del mondo filato. L’ultimo, invece, non andò oltre i 22.74. Ma poco importa. Il tecnico Roberto Piga era già entrato sul prato per ricoprire di abbracci il proprio pupillo, le tribune vibrarono con migliaia di applausi, le redazioni dei quotidiani «smontarono» le pagine sportive per dare spazio all’eclatante notizia del nuovo eroe nazionale. Il record di Andrei di 22.91 rimase in carica 284 giorni, prima che il 22 maggio 1988 a La Canea (isola di Creta), il tedesco orientale Ulf Timmermann sfoderasse un lancio oltre la «fettuccia» dei 23 metri, per la precisione a 23.06. E tuttavia l’incredibile progressione firmata dal gigante di Scandicci in quella sera afosa del 12 agosto del 1987 è ancora ricordata come una perla rara nella storia dei 49 record di specialità.
Fu vera gloria? Probabilmente, si. Per alcuni, rimangono i dubbi sulla pedana utilizzata per l’evento, nonostante la successiva omologazione dei risultati da parte della IAAF, la federazione internazionale di atletica. Per altri, c’è un fattore umano che forse favorì la triplice impresa da record, ovvero la partecipazione alla gara di soli tre atleti — insieme ad Andrei figurarono il toscano Leonardo Lazzeri e il ligure Marco Noli — una concorrenza ridotta che impose pause minime nella rotazione dei concorrenti, facilitando le migliori performance. È però d’obbligo segnalare come Andrei si confermò tra i primi della classe anche ai Mondiali di Roma che seguirono a poche settimane dal meeting toscano, giungendo secondo con 21.88, dietro all’elvetico Werner Günthör. L’annus mirabilis di Andrei fu seguito da un periodo difficile che non lo vide nemmeno avvicinarsi alle misure stabilite nell’edizione 1987 del Città di Viareggio. Il declino di risultati si consumò lento. Andrei fu solo settimo ai Giochi Olimpici di Seul 1988 dove arrivava da detentore dell’oro olimpico; undicesimo ai Mondiali di Tokyo 1991; ancora lontanissimo dai primi otto all’Olimpiade di Barcellona 1992. Dopo l’Olimpiade coreana si era sposato con la pesista e discobola Agnese Maffeis. Un rarefatto oblio cominciò ad avvolgere il nome di Andrei fino al 2004, anno del suo ritiro dalla scena agonistica. Anche se nessuno dimenticherà mai quei tre lanci da record che come stelle cadenti illuminarono una sera viareggina di piena estate.