Il successo del cibo a domicilio La crescita degli ordini sfiora il 90%
Il food delivery è in forte espansione, a trainarlo è la cucina etnica e non quella toscana L’identikit del cliente tipo: liberi professionisti e Millennial, che sono i più tradizionalisti
In principio fu la pizza. Unico cibo take-away e, soprattutto, consegnato a domicilio con i primi runner. Erano loro, i «pony-pizza scooter muniti», gli antesignani del moderno food delivery, non più solo moda da esterofili ma vero e proprio business che cresce in doppia cifra, mese dopo mese. Moltiplicando i ricavi e cambiando le abitudini di consumo. Perché, dalla pizza, il cibo a domicilio ha fatto passi da gigante: sushi e cheeseburger, «classico» cinese o «innovativo» thai, non è più solo la cucina etnica a suonare il campanello. On line, o con le app dedicate, si ordina di tutto, dalla chianina battuta al coltello allo champagne fino alla tartare di gamberi. Bastano pochi clic: scegli il piatto preferito nel ristorante più vicino, l’app garantisce in quanto tempo arriverà. Non resta che confermare e aspettare: si paga con carta di credito, in alcuni casi in contanti al fattorino. La cena, anche gourmet, è servita direttamente a casa. E il mercato si espande, mostrando margini di crescita esorbitanti.
«Molti ristoranti, che non avevano mai nemmeno immaginato un servizio di consegna a domicilio, possono contare su una nuova opportunità» spiega Gianluca Cocco, amministratore delegato di Foodora, arrivata a Firenze lo scorso dicembre con 50 ristoranti partner già cresciuti a quota 200. Tutti vogliono esserci, nel food delivery. Perché, aggiunge, Cocco, «raggiungono nuovi clienti e aumentano la frequenza di “acquisto” dei preesistenti che in questo modo possono ordinare i propri piatti preferiti anche a casa o in ufficio».
«In Italia, in questo momento, il digitale pesa solo il 5% del cibo a domicilio, il 95% si muove ancora su canali tradizionali: gli ordini che qui registriamo in un mese, Londra li fa in una serata» spiega Andrea Frascaroli, responsabile per il Centro Italia di Just Eat. Il colosso del food delivery — che però si comporta da market place: è una vetrina dove si incontrano domanda e offerta, ma poi le consegne sono gestite dai ristoranti — è arrivato a Firenze nel 2014 e oggi conta 140 ristoranti. Poche settimane fa ha elaborato la prima «Mappa del cibo a domicilio in Italia» incrociando i dati di 18 città. Firenze compresa: qui il food delivery ha registrato un +84% degli ordini rispetto al 2016, con il boom dell’etnico (+301%), seguito a distanza dalla cucina italiana (+156%) e infine dai dolci (+120%). Chi ordina? Soprattutto impiegati (40%) e studenti (34%), poi i liberi professionisti (14%) che spesso si fanno consegnare il cibo in ufficio, spendono di più e amano variare, sperimentando cucine diverse. Come è facile immaginare, sono i Millennial (i nati tra il 1980 e il 2000) a fare la parte da gigante: il 70% degli ordini viene da loro ma sono ancora legati alla «vecchia pizza», la sperimentazione la lasciano ai più grandi.
Quando si ordina? Secondo Deliveroo — sbarcato a Firenze meno di un anno fa e cresciuto a colpi del 52% al mese — molto nel weekend, ma anche il lunedì sera sta crescendo. E l’ingresso, a settembre, del Mercato Centrale già mostra un trend verso il cibo artigianale-gourmet. «Firenze è una delle città italiane più importanti per il buon cibo e una delle più tecnologiche: le abitudini dei consumatori si evolvono rapidamente» spiega Matteo Sarzana, general manager di Deliveroo Italia. Anche nella Toscana patria della cucina, forse, per stare ai fornelli c’è sempre meno tempo.