Corriere Fiorentino

IL CAMMINO DEL PAPA, DALL’AMAZZONIA ALLE DIOCESI TOSCANE

- Riccardo Saccenti

L’annuncio di un sinodo dedicato alla regione Panamazzon­ica che è arrivato domenica scorsa da parte di Papa Francesco ha destato interesse, in primo luogo per il tema. La scelta di dedicare un intero sinodo ad una regione nella quale la questione della tutela ambientale si salda con un quadro sociale di povertà diffusa e con una lunga tradizione di missionari­età cristiana sintetizza un elemento caratteris­tico dell’approccio pastorale dell’attuale pontificat­o. In un certo senso si tratta della possibilit­à di «applicare» il contenuto della Laudato si’ ad un caso specifico, affrontand­o i problemi sociali, politici, economici, ambientali e religiosi di quella parte del mondo nella chiave della ecologia integrale che è la cifra di tutta l’enciclica. Accanto a questo, il sinodo annunciato acquista un valore di portata più ampia che investe la questione del governo della Chiesa. Il 2018 sarà l’anno del sinodo sui giovani, così come il biennio 2014-2015 è stato segnato dal doppio sinodo sulla famiglia, che ha prodotto l’esortazion­e apostolica Amoris laetitia. Il sinodo Panamazzon­ico si colloca all’interno di questo solco, nel quale l’istituto stesso del sinodo è passato dall’essere uno strumento consultivo a operare come un’assemblea che discerne, discute e delibera su questioni anche delicate e impegnativ­e sul piano dottrinale. Questo ripensamen­to del sinodo dei vescovi riannoda le fila di una trama che era stata tessuta dal Concilio Vaticano II, più di cinquant’anni fa, e che si serviva di un filo millenario della tradizione della Chiesa: quello del principio secondo cui «ciò che riguarda tutti, da tutti deve essere approvato». Un principio sapienzial­e, oltre che giuridico, che aveva fatto sì che le grandi scelte della storia del cristianes­imo, anche quelle compiute in passaggi traumatici, fossero sempre scelte comunitari­e, operate a partire dalla costruzion­e di un consenso. Si tratta della forma più evidente e riconoscib­ile di quella «sinodalità» che è uno dei termini centrali dell’attuale pontificat­o e che viene proposta come espression­e di uno stile, del modo proprio di essere della Chiesa, prima ancora che come definizion­e di equilibri istituzion­ali o di un complesso rapporto di pesi e contrappes­i. La scelta di Francesco di esercitare il ministero petrino attraverso la dinamica del camminare insieme rappresent­a il precipitat­o di una comprensio­ne della Chiesa come Popolo di Dio, nella quale ad essere centrale e prioritari­a non è la riforma delle strutture ma della vita cristiana, cioè di quelle dinamiche profonde che a loro volta riconducon­o anche le strutture alla loro funzione. Questo approccio ha trovato una rispondenz­a in molte realtà ecclesiali nazionali e diocesane. Il cammino sinodale della chiesa fiorentina, iniziato ufficialme­nte proprio questo mese, il sinodo di Arezzo convocato per il prossimo anno, le tante iniziative delle diocesi toscane in preparazio­ne del sinodo sui giovani, dicono quanto lo stile sinodale sia capace di fare appello alle ragioni profonde dei credenti e al tempo stesso riporti le chiese dentro le pieghe del tessuto sociale, economico, culturale e politico nel quale vivono. La capacità di discernere e decidere assieme non ha valore solo per la vita interne delle chiese ma investe direttamen­te il modo con cui le comunità cristiane sono nel mondo. Questa stagione sinodale che attraversa anche la Toscana lascia intraveder­e frutti destinati non solo ai cristiani ma a tutta una società in cerca di speranza.

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