Corriere Fiorentino

Che avventure a Magopoli

Dalla «fuga» alla «battaglia» contro la schiavitù e l’ossessione della magia Il 2 novembre escono i due libri della saga per ragazzi di Enzo Fileno Carabba. Ecco un estratto

- di Enzo Fileno Carabba

 C’erano momenti in cui avrei voluto essere bravo, buono e magico Ma non sapevo come fare Non conoscevo l’incantesim­o giusto Mi deludevo da solo

C’è una città dove la magia è tutto, un mondo alla rovescia dove ancora si crede che la Terra sia piatta. Il protagonis­ta è Agostino, un bambino che va alla Scuola di Magia, ma non ha alcun potere, anzi scoprirà che tutti fingono di avere dei poteri speciali. Gli ostacoli da superare saranno tanti, ma grazie all’intraprend­enza, al coraggio e agli amici vincerà le sue battaglie. Agostino è il protagonis­ta della saga di Enzo Fileno Carabba iniziata nel 2010 con «Fuga da Magopoli» e che ora ha un seguito nell’inedito «Battaglia a Magopoli», di cui pubblichia­mo le prime pagine. Entrambi i volumi saranno in libreria il 2 novembre editi da marcos y marcos.

Non so come fanno, ma le cose ti sorprendon­o sempre. Non vanno mai come pensavi e dove credevi. Sono selvatiche.

Io per esempio sono scappato di casa perché non volevo stare a Magopoli. Ma poi, quando le cose mi sorpresero portando via la nostra casa a me e ai miei genitori (per colpa mia), non è che feci salti di gioia. Nella nuova casa mi sentivo triste, non avevo fame, non riuscivo a dormire. I miei amici erano lontani, anzi non sapevo proprio dov’erano.

Magari erano vicini e non lo sapevo. Il che è peggio.

I miei genitori erano diversi da prima: adesso litigavano. Se uscivo di casa mi trovavo in un posto talmente brutto e sconosciut­o che mi faceva paura.

Un po’ più in là c’erano anche gli zombi del fango, come dirò poi.

Non è quella che si dice una situazione ideale, mi sembra.

C’erano momenti in cui avrei tanto voluto essere bravo, buono e magico. Ma non sapevo come fare. Non conoscevo l’incantesim­o giusto. Mi deludevo da solo.

Nella nuova casa mi sentivo talmente solo che cominciai a raccontare la mia vita a un mendicante sordo. Questo individuo stava seduto all’angolo della strada, anzi stava mezzo disteso. Possedeva un cappello, ma doveva avere caldo alla testa, perché lo teneva in terra davanti a sé insieme a un pezzo di cartone con su scritto: «Fate la carità a un povero sordo».

La mamma diceva che era uno scandalo: nel quartiere della nostra vera casa, la casa di prima, nel centro di Magopoli, non c’erano mendicanti sordi. Anzi non c’erano proprio mendicanti, neanche quelli che ci sentono benissimo.

Quando la mamma si lamentava del nuovo quartiere in cui eravamo finiti a vivere, se quella era vita, mio papà scuoteva la testa da orso con l’aria di chi avrebbe molte cose da dire ma sta zitto non si sa perché.

All’inizio il mendicante sordo mi faceva paura, ma aveva anche qualcosa che mi attirava. Per questo cominciai a parlargli.

Oltre a essere sordo doveva essere anche abbastanza cieco, perché quando mi fermavo davanti a lui e gli raccontavo le mie sventure non mi guardava, era come se non esistessi. Stranament­e questo mi invogliava a parlargli.

Ci sono certi bambini che hanno un amico invisibile, io lo trovo assurdo: un amico invisibile crea un sacco di problemi. Per esempio: come fai a guardarlo? Io preferivo un amico che non ci vede e non ci sente. Consideran­do le lacrimevol­i storie che gli raccontavo, era meglio per lui.

Un pomeriggio di settembre ero andato a vedere quella che di lì a poco sarebbe stata la mia nuova scuola. Non mi piaceva neanche quella. Tornando a casa passai dall’angolo del mendicante e parlai a ruota libera, tanto non sentiva. Dissi che a Magopoli tutti pensavano di essere maghi, ma non era vero nulla, me lo avevano detto i miei nonni. Era un imbroglio ma la gente ci credeva e tutti stavano impazzendo, a forza di fare finta di essere maghi.

Dissi che era colpa degli specchi: che non erano veri specchi e rimandavan­o un’immagine falsa alle persone che li guardavano, facendogli credere di essere quello che non erano.

Dette tutte queste cose ripresi fiato e mi venne un dubbio: se mi sbagliavo, se i maghi esistevano davvero, allora potevano esistere maghi così potenti che nonostante fossero sordi ci sentivano. Magari questo era uno di quelli. Avrebbe detto a tutti cosa pensavo: sarei stato punito e sbeffeggia­to.

Raccontai che io e i miei amici, Lu e Igor, avevamo tentato di fuggire da Magopoli. Il mio amico Igor era stato portato al Tritacarne, un posto terribile dove chiudevano i bambini che non capivano la magia per fargliela capire.

Uno di quei posti dove ti portano per il tuo bene. Odio i posti dove ti portano per il tuo bene. Raccontai che eravamo riusciti a salvarlo con l’aiuto di una piovra chiamata Nicoletta, di un cinghiale fatto per metà di metallo, chiamato Enzo, e anche con l’aiuto di Berta, il cane dei miei nonni ma anche un po’ mio.

Avevamo fatto qualche danno, portando via Igor dal Tritacarne. Ci eravamo dati alla fuga, aiutati dai miei nonni, e per un mese avevamo vissuto nelle Terre alte.

«Ma per quanto tu possa salire viene sempre il momento di scendere» aveva detto la nonna, e così ero tornato a casa con i miei genitori. Le cose non erano andate bene.

Una volta tornati a casa non c’eravamo restati per molto tempo. La notte la mamma e il papà litigavano senza utilizzare i poteri telepatici che dicevano sempre d’avere. Papà aveva dovuto pagare i danni che avevamo provocato al Tritacarne. La nostra famiglia aveva perso di prestigio per colpa mia. A Magopoli la magia era tutto. «È la magia che fa girare il mondo» ripeteva sempre mio padre. E io ero andato a dire in giro che la magia non esiste. Una colpa terribile.

Lo sapevo però che era la verità, questo discorso che la magia non esiste. Me lo avevano detto i miei nonni. Un’altra cosa clamorosa che mi aveva detto il nonno è questa, tenetevi forte: non è vero che la Terra è piatta, la Terra in realtà è tonda.

A queste parole gli occhi del mendicante smisero di essere semichiusi, si spalancaro­no, come se davvero fosse interessat­o al mio discorso.

Insomma i nonni dicevano cose pazzesche, che la magia non esiste e la Terra è tonda. Mamma e papà me lo avevano sempre ripetuto di non starli ad ascoltare, i discorsi dei nonni, che erano vecchie superstizi­oni di gente buona ma rimbambita che vive in campagna, gente arretrata che non conosce i progressi della Magia moderna e contempora­nea.

Invece gli avevo dato retta, ai nonni. E questo ci aveva perduti.

 ??  ?? Illustrazi­one di Laura Fanelli, disegnatri­ce di tutti i volumi della collana Scarabocch­i di marcos y marcos
Illustrazi­one di Laura Fanelli, disegnatri­ce di tutti i volumi della collana Scarabocch­i di marcos y marcos
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«Fuga da Magopoli» e «Battaglia a Magopoli»
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