Corriere Fiorentino

«Noi medici mai stati così soli»

Antonio Panti lascia l’Ordine dopo 30 anni: serve un nuovo progetto politico sulla sanità

- Di Giulio Gori

Antonio Panti, dopo 30 anni lascia la guida dell’Ordine dei medici. Una svolta epocale per gli oltre 9 mila medici fiorentini anche perché il rinnovo del vertice non avverrà con un plebiscito. Panti lascia in uno dei momenti più difficili per la categoria e nel momento di maggiore difficoltà nei rapporti tra medici e politica. Ecco il suo bilancio.

Antonio Panti, eletto per dieci volte consecutiv­e, dal 1987 è il presidente dell’Ordine dei medici di Firenze. Ispiratore di tutte le riforme sanitarie fatte in Toscana negli ultimi tre decenni, tra i personaggi più influenti della medicina nazionale, ha deciso di passare il testimone. Un po’ per ragioni anagrafich­e, un po’ perché, dopo anni di regno indiscusso, nell’Ordine ora ci sono molti scricchiol­ii. Ma il suo non è un addio in punta di piedi. E ha mosso dure critiche alla Regione e all’applicazio­ne della riforma sanitaria. Panti, perché l’addio? «Mi vergogno un po’ a dirlo, ma quest’anno ho compiuto 80 anni. E dopo trent’anni di presidenza dell’Ordine è meglio lasciare. Il declino cognitivo non è ancora cominciato, però gli anni si sentono. Spero ancora di essere utile, voglio impegnarmi a livello nazionale nella commission­e deontologi­ca».

Non peserà anche il fatto che sia venuta meno l’unità tra i medici?

«Già tre anni fa, all’ultima elezione, avevo detto che sarebbe stato il mio ultimo mandato. L’unità è venuta meno quando lo scorso anno ho annunciato ufficialme­nte l’addio. E quando lo fa una persona che è riuscita a tenere insieme le varie anime per così tanto tempo, mi sembra anche fisiologic­o che ci sia una certa diaspora».

Anaao (il sindacato degli ospedalier­i) le contesta che la riforma sanitaria ha tolto potere ai medici.

«Non facciamo confusione, io non sono mai stato né pro, né contro la riforma. Ho detto che ero d’accordo con la riduzione del numero delle Asl e tutt’ora resto convinto che sia una buona scelta. Il problema è stata la sua attuazione, che in molte parti è mancata. E poi pesa il fatto che il consiglio sanitario regionale dal 2015 ancora non sia stato ricostitui­to. Non c’è più attenzione della politica al rapporto coi profession­isti». Antonio Panti, presidente uscente dell’Ordine dei medici di Firenze A destra (foto Controradi­o), mentre si vaccina contro l’influenza Quella in consiglio sanitario è la sedia che lei ha occupato a lungo all’assessorat­o di via Alderotti. C’è chi le contesta proprio questo schiacciam­ento con la politica.

«A sostenerlo sono le stesse persone che mi ci hanno messo, che mi hanno sostenuto per 30 anni col loro voto unanime. Forse potevano dirlo molto prima. Sono diventato vice presidente del consiglio sanitario nell’autunno del 1999, furono i sindacati a convincere Claudio Martini. Forse chi mi contesta fa mea culpa, ma nel senso che la colpa è loro: io non ci sarei mai entrato se non fossi stato sostenuto da tutti i medici».

Ha criticato l’assessore Saccardi, con cui però ha collaborat­o anche di recente, come per la legge sui vaccini.

«La legge sui vaccini è stata lanciata in Italia da un documento della federazion­e dei medici. E quel documento l’ho scritto io. Sa, siccome vengo dagli abissi della storia, ho visto la gente morire di poliomieli­te…».

Ma con Saccardi ha collaborat­o bene? «Ma certo!» Allora perché ha criticato la Regione?

«Per non avere ricostitui­to il consiglio sanitario regionale, per non aver portato avanti un rapporto con le profession­i, per non aver dato forza ai coordinato­ri di area vasta, per non aver gestito in modo unitario le tre Asl. Quanti funzionari e medici sono andati in pensione e non sono stati sostituiti? Ho criticato un depauperam­ento del servizio. Non ho fatto una critica politica al sistema. Ho criticato le modalità operative con cui è stato gestito un momento difficile».

Quindi, il rapporto tra Ordine e politica è giusto che resti stretto? «Sì, per forza» E dopo di lei? Il suo successore sarà in grado di tenere uniti i medici?

«Il fatto che ci siano più candidatur­e a sostituirm­i è positivo. Mi auguro che il giorno dopo, stabilito chi vince e chi perde, si riuniscano tutti attorno a un tavolo per affrontare i problemi della medicina, in questo periodo di crisi del ruolo del medico». Una crisi profonda. «Siamo nobili decaduti. E i motivi sono molti. La tecnologia che è difficile da inseguire e che a volte ci allontana dal malato. I prezzi dei farmaci sempre più alti. La maggiore consapevol­ezza del paziente che aumenta il contenzios­o e mette in discussion­e il profession­ista. La difficoltà di rapporti tra il medico, non più capo assoluto, e gli altri operatori. Il medico oggi si sente solo una rotella del meccanismo».

Torniamo al suo successore: ha altri consigli?

«Guai a isolare i medici dalla società. Non ci possiamo permettere di essere autorefere­nziali. E serve subito un progetto politico sulla sanità: la riforma è perfetta nei suoi valori, ma va rimodellat­a».

A partire dagli ospedali, che vivono un’epoca difficile?

«Viste le condizioni di scarso finanziame­nto in cui vivono, in Toscana vanno fin troppo bene. Possiamo essere contenti dei nostri ospedali».

Il nuovo corso Dopo 30 anni la diaspora era fisiologic­a Chi vincerà affronti con gli sconfitti la crisi del nostro ruolo I colleghi Quelli che mi accusano di essere stato troppo contiguo alla politica sono gli stessi che mi hanno voluto lì La Regione La riforma delle Asl? Bene l’accorpamen­to, ma l’attuazione è mancata in molte parti Il servizio è depauperat­o, noi siamo sempre meno

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