BANKITALIA E I DUE PREMIER A VISO APERTO MA NON TROPPO
«Irrituale» è l’aggettivo che viene usato per descrivere la mozione promossa dal Pd con cui si chiede di fatto il licenziamento di Ignazio Visco, capo della Banca d’Italia. «Irrituale» però è come «sei una risorsa» (detto quando si vuol fare fuori qualcuno) o attribuirsi l’etichetta di «scomodo» (giornalista scomodo, scrittore scomodo, politico scomodo), appartiene al lessico luogocomunista dell’ipocrisia. «Irrituale» dunque vorrebbe dire controcorrente, ma in realtà c’è poco di originale in quello che abbiamo visto questa settimana. La politica non è estranea alle scelte su Bankitalia, e non da ora. Dopo l’approvazione della mozione, c’è chi vorrebbe distinguere il metodo dal merito, per spiegare che la sostanza riguarda la sostituzione di Visco, e poco importa se non c’è spazio per la gentilezza. Pare però troppo comodo cavarsela così. Anche perché, nonostante le varie rassicurazioni a scoppio ritardato fornite da Paolo Gentiloni e Matteo Renzi, nel governo c’è un serio problema politico. C’è un presidente del Consiglio e c’è un presidente del Consiglio ombra. Il presidente del Consiglio non era inizialmente a conoscenza della mozione presentata dal Pd. Il governo l’ha scoperta mezz’ora prima della votazione in aula, poco prima delle ore 13 di martedì 17 ottobre. Ne era a conoscenza invece la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio (ombra?) Maria Elena Boschi. Il presidente del Consiglio ombra ne era il promotore e dunque sapeva. Gentiloni ha spiegato di avere «piena fiducia» nella sottosegretaria Boschi, Renzi ha detto con Gentiloni è tutto a posto, «lo retwitto». Finita qui? Macché. Nel Pd ci sono due binari, spesso non compatibili. Lo si è visto in diversi casi. Sullo Ius soli (sì del governo entro la legislatura; no della Boschi che vorrebbe rimandarlo al prossimo parlamento), sulla commissione banche (no di Luigi Zanda, capo dei senatori del Pd, decisamente più in sintonia con Gentiloni; sì di Renzi, che vuole usarla per attaccare la sinistra). Da qui alle elezioni, casi del genere non possono che ripetersi. Renzi ha scelto di intestarsi una battaglia contro «il sistema». Contro «i vitalizi», contro Bankitalia, insomma contro la casta. Troppo facile dire quanto sia pericolosamente vicina ai Cinque Stelle questa tattica dell’inseguimento. Oltretutto Renzi il 20 dicembre 2015, da premier, diceva che era da vecchia politica attaccare Bankitalia e ora invece Visco pare un mostro: «Se immagina che scarichi la responsabilità sugli altri, come faceva la politica in passato, ha sbagliato persona. Banca d’Italia e tutte le altre istituzioni godono rispetto del governo italiano: la questione non è giocare allo scaricabarile», diceva in tv. In Avanti, il suo ultimo libro, ha ammesso di aver commesso un «errore» nell’affidarsi «quasi totalmente alle valutazioni e alle considerazioni della Banca d’Italia, rispettosi della solida tradizione di questa prestigiosa istituzione», ma prevale ancora una volta la componente politica, propagandistica, a uso e consumo della campagna elettorale giocata sull’inseguimento grillino contro «il sistema». Ma come puoi essere contro il sistema se nella commissione Banche, quella che indaga anche su banca Etruria (citofonare Boschi), c’è anche il tesoriere del Pd che ha per socio il fratello della sottosegretaria alla presidenza del consiglio? Lo notava Mattia Feltri su La Stampa nei giorni scorsi: Francesco Bonifazi è «amico di vecchia data di Maria Elena Boschi con la quale lavorò, nel decennio scorso, allo studio dell’avvocato Tombari. Maria Elena Boschi è figlia di Pier Luigi Boschi, ex vicepresidente di Banca Etruria, ora fallita, per il cui fallimento sono stati chiesti 576 milioni di risarcimento, quindi dei quali (quasi 16) al medesimo Pier Luigi Boschi. Bonifazi a Firenze ha uno studio legale di cui è socio Emanuele Boschi, fratello di Maria Elena e pertanto figlio di Pier Luigi. Dunque, se vi foste persi per strada, Bonifazi indagherà sul padre del socio, nonché padre dell’amica e compagna di partito». Non granché come ribellione al sistema. Insomma il punto non è l’irritualità, ma l’ipocrisia. C’è poco di irrituale nel presentare una mozione contro il governatore della Banca d’Italia in pausa pranzo, mentre si dice di giocare «a viso aperto».
Gentiloni ha scoperto della mozione del Pd contro Visco mezz’ora prima che venisse messa ai voti E non è la prima volta che Renzi si muove di fatto da presidente «ombra»