«Un’alleanza con i rivali Per il lavoro»
A tavola (tra i capannoni) con Franco Baccani Presto la sua azienda di pelletteria, la B&G, farà 60 assunzioni: «Conterà la formazione»
Franco Baccani, al vertice dell’azienda di pelletteria B&G: «Assumerò sessanta persone grazie all’intesa con i competitor»
La sirena suona: è mezzo giorno e mezzo, pausa pranzo per tutti. Gli addetti in camice e tuta lasciano i tavoli e i macchinari, Franco Baccani ci accoglie nel suo ufficio con «vista» sulla fabbrica, la B&G, di cui è titolare ed amministratore unico. Siamo nell’area industriale di Stagno, a Lastra a Signa, tra i capannoni a due passi dall’uscita della Fi-Pi-Li e dal parco fluviale pieno di sole e di cani accompagnati nel verde dai loro padroni. «Andiamo a mangiare qui vicino, basta attraversare la strada, e ci sono altri pellettieri come me che vi pranzano spesso», dice l’imprenditore dopo aver indicato alcuni dei pezzi unici di borse-gioielleria realizzati per Cartier.
Di là dalla strada, vicino anche alla grande Coop, c’è l’Officina del buon gusto, con tutti i tavoli quasi pieni. «Tutto è iniziato grazie a mio zio Silvano, che aveva il laboratorio in un fondo di Palazzo Frescobaldi, in via Santo Spirito, accanto a quello dell’argentiere Brandimarte... Era l’inizio degli anni ‘60 quando gli artigiani realizzavano i modelli, una piccola collezione, la proponevano ai marchi più grandi e se piaceva loro la facevano propria. Zio Silvano ha inventato la doppia g di Gucci, prima il loro logo era un uomo con l’armatura che reggeva due borse, cambiando tutto il mondo Gucci e non solo, e a me piaceva stare a bottega. Mi ha sempre appassionato il prodotto, la produzione, la pelletteria — sottolinea — E da quel laboratorio è nata l’azienda familiare che attraverso molti cambiamenti e spostamenti di sede è arrivata a Stagno e che crescerà ancora a breve». Baccani infatti quasi due anni fa ha scelto come soci al 35% i francesi della Maroquinerie Thomas, leader europeo nella produzione di pelletteria di lusso, con 1.400 dipendenti, sette stabilimenti e 400 milioni di fatturato. Perché non soci italiani? «Ci abbiamo provato, anche in passato, ma non è stato possibile attivare sinergie e competenze per supportare la crescita — è la risposta — Eravamo “rivali” nello stesso settore, ma con caratteristiche diverse, loro più forti sulla industrializzazione e sui processi di produzione, noi nell’artigianalità e nel saper fare. E abbiamo capito che invece di farci la guerra se ci univamo la sinergia sarebbe stata perfetta. E presto i francesi prenderanno la maggioranza della B&G, in un processo che ci vedrà fare 55-60 assunzioni entro il 2018, più di trenta qui a Stagno e le altre nel nostro stabilimento a Cavriglia, nell’aretino. E puntiamo a triplicare il fatturato». Insomma, come altri gruppi, anche quello di Baccani cerca personale. «Sono fiducioso che arriveranno le domande che ci servono, grazie ai ragazzi che escono dalla scuole di formazione e che sono pronti per essere poi formati all’interno delle aziende; la Scuola di pelletteria di Scandicci è uno di questi istituti di formazione. E strapparsi i dipendenti a vicenda non serve a nessuno».
La formazione, non a caso, è il chiodo fisso dell’ex vicepresidente di Confindustria Firenze ed ex presidente della sezione pellettieri, che nelle scuole tiene spesso anche lezioni sui danni del mercato del falso e del contraffatto. «I giovani per fortuna hanno capito che questo settore offre grandi opportunità e anche tanti ragazzi, prima la maggioranza erano donne, si sono avvicinati a questi mestieri — afferma Baccani — La Toscana è un hub unico al mondo per il settore, dove si trova dalla conica alla minuteria metallica di qualità, dagli artigiani alle scuole di moda ed è per questo che tutti i marchi internazionali sono arrivati qui alla fine. Certo l’obiettivo di tutti, dalle multinazionali ai piccoli, dovrebbe essere contribuire e sostenere il sistema di formazione diffuso del territorio, non creare scuole private di singoli brand: fare circolare i saperi, non chiuderli dentro confini».
Gnocchi con un ragù speciale e una bella milanese interrompono il flusso del ragionamento, ma per poco. Baccani mette passione nel suo mestiere, nella partecipazione, nell’associazionismo, nell’amore per Firenze. Che vorrebbe vedere diversa. «Davvero, la vorrei più ordinata, pulita, rispettata da fiorentini e turisti. Multe e controlli servono, ma non bastano: è un problema culturale, di consapevolezza. Benissimo le bici a noleggio, ad esempio, ma non si possono parcheggiare in modo selvaggio. Benissimo — continua — la decisione di Renzi di chiudere piazza Duomo e fare la Ztl più grande d’Europa ma oggi è la più “bucata” di Europa, non è pedonale neppure accanto a Santa Maria del Fiore, tra Ncc, taxi, bus ed altro ancora... Non è, mi spiego, il sindaco il problema, o singole persone, ma culturale, appunto, generale». Secondo Baccani, «i cambiamenti si possono governare se si agisce strategicamente, tutti gli attori sociali, politici, economici, culturali assieme, in modo attivo e propositivo. O si agisce tutti insieme, usando le competenze dove si trovano, non con la logica “sinistra” o “destra”, o non compie il salto di qualità. Si deve guardare non alle bandiere e al corto respiro, ma alle necessità vere del territorio e dello sviluppo e al progetto-territorio che vogliamo per i nostri figli e per i giovani: che non sono bamboccioni e possono essere protagonisti».
Un territorio che ha visto anche il boom del settore della manifattura del lusso. «Nel 2004 si diceva che la pelletteria non era più affidabile, le banche facevano poco credito, si portavano le produzioni nei Paesi emergenti — ricorda — ma all’inizio della crisi, nel 2008-09 i consumatori di quegli stessi Paesi emergenti hanno scoperto il vero lusso, il made in. E le cose sono cambiate anche per la scelta lungimirante di Gucci che ha deciso di investire sulla filiera, sul nostro territorio ed ha vinto la scommessa, anche sul mercato e sui profitti, innescando così la corsa degli altri brand a venire a Firenze e in Toscana a produrre. Riportando qui anche produzioni che erano state portate all’estero...», aggiunge con un po’ di polemica. Da anni la corsa del distretto è in doppia cifra e dopo la macedonia e prima della sirena che segna il ritorno al lavoro, Baccani lancia l’ultima «provocazione»: «Un tempo si facevano due o tre collezioni l’anno, oggi se ne fanno 12 l’anno e i computer, la tecnologia sono importanti anche per noi, velocizzano i cambiamenti. Ma sono ancora le mani che fanno la differenza, che toccano, soppesano, valutano una pelle, che assemblano i pezzi; sono gli occhi e la mani e la lunga esperienza che fanno trovare nuove soluzioni. E su questo i nostri artigiani ed addetti non hanno rivali al mondo».
La chiave Da due anni abbiamo come soci i francesi della Maroquinerie Thomas: noi siamo bravi nel saper fare, loro nell’industrializzazione