E mentre Bilancino si svuota, i tubi sono ancora un colabrodo
Arno in secca, agricoltura in ginocchio e autobotti nel Chianti. Nella regione perdite medie del 37%
La siccità non si ferma e diventa un incubo invernale. Le previsioni sono bellissime: per chi deve andare in motorino, però. Quasi nessuna pioggia prevista, nei prossimi giorni. Sarebbe quella necessaria a riempire i nostri bacini di riserva, come il Lago di Bilancino, e le altre fonti di approvvigionamento, a partire dalle sorgenti. Ma se l’acqua non arriva, siamo poco bravi anche a usarla: le nostre reti sono ancora colabrodi, con perdite in media del 37%.
In Toscana non piove. Dall’inizio del 2017, nel bacino dell’Arno, solo nei mesi di febbraio e settembre ci sono state piogge superiori alle medie stagionali. Negli altri sette mesi il bilancio è stato negativo: in tutto, 470 millimetri di pioggia contro i 516 attesi. Ma a peggiorare notevolmente il bilancio sarà il mese di ottobre, straordinariamente secco. Fiumi e laghi sono a secco, 70 centimetri sotto lo zero idrometrico: l’Arno, all’altezza dell’ultimo rilevatore prima dell’acquedotto dell’Anconella, a Nave di Rosano, è quasi un metro più basso rispetto al minimo fissato per convenzione. Anche il Mugnone è sotto la soglia: di 5 centimetri. Il livello del lago di Bilancino, la riserva d’acqua di Firenze, Prato e Pistoia, è al momento a 246 metri sopra il livello del mare, ben 6 metri sotto il livello che viene raggiunto, di norma in primavera, a invaso pieno. Di per sé non sarebbe un dato eclatante in questo momento dell’anno. Il problema è che anche per i prossimi dieci giorni non sono previste piogge. E dopo? I modelli meteorologici sono ancora incerti. Di solito, a metà ottobre Bilancino raggiunge il suo minimo annuale per cominciare la risalita con la stagione autunnale delle piogge. Ora, invece, il cielo si ostina a restare sereno. E la soglia record di -8,5 metri raggiunta a ottobre 2012 non è così distante. In Mugello la paura è dover rivivere quei mesi: le sponde del lago a rischio crepe, la Sieve ridotta a un rivolo d’acqua maleodorante.
Per gli agricoltori la siccità è già da mesi un dato con cui fare i conti: nel Chianti, dopo la tregua e le (poche) piogge di settembre, l’acqua è di nuovo razionata e stanno circolando le autobotti. Ma con i laghi in secca e le alte temperature degli ultimi mesi si contano i danni. Le olive sono le vittime più colpite. «Quest’anno — ha annunciato Tulio Marcelli, presidente di Coldiretti Toscana — sulle nostre piante non c’è traccia di mosca e altri parassiti, ma la mancanza di pioggia e la calura primaverile con le impennate di temperatura, con le piante in piena fioritura, hanno ridotto la presenza dei frutti. Secondo le nostre stime dovremmo essere intorno ad un -40% che in alcuni casi potrebbe superare il -50%. Persino peggiori le stime di Confagricoltura: «Nelle zone interne della Toscana e nell’area del fiorentino sono previsti cali produttivi stimati mediamente nell’ordine di circa il 60% rispetto alla normale produzione — ha detto il presidente toscano Francesco Miari Fulcis — In alcune zone centrali collinari la situazione è anche più grave, con perdite produttive stimate intorno al 70-80%». Per il vino, invece, la riduzione della produzione si è assestata tra il 10 e il 25% a seconda delle zone.
Il 29 novembre 2011, in piena siccità, l’allora presidente di Publiacqua Erasmo D’Angelis convocò una conferenza stampa a Bilancino per denunciare la gravità della situazione: «Servono tanti piccoli Bilancini», disse, fissando cinque priorità: bacini artificiali sulla Greve, sulla Pesa, sul Bisenzio, sul Gello e un impianto per sfruttare la falda acquifera sotto Prato. Sei anni dopo, è ancora un nulla di fatto. Il Piano di Ambito dell’Autorità idrica toscana prevede un piano da 12 interventi, per tutta la regione, con un costo di 776 milioni di euro. Ma il Piano, pubblicato un anno e mezzo fa, prevede un tempo di completamento di 11 anni. E non tutte le opere vengono accolte con favore: il progetto J (da 25 milioni di euro), ad esempio, scatena le ire degli ambientalisti mugellani, perché anziché creare una nuova riserva d’acqua, andrebbe a realizzare un’autostrada idrica tra Bilancino e Prato. «Quando il lago fu costruito, grazie alla pressione popolare, si è evitata la costruzione di un tubo dall’invaso a Prato — tuona l’ambientalista Piera Ballabio — Questo ci ha permesso di mantenere viva la Sieve che è diventata fondamentale per gli acquedotti di Luco, Scarperia, Grezzano, Panicaglia».
Di fronte a questi cambiamenti climatici globali, di fronte ad anni che potrebbero anche essere peggiori, l’unica risposta sarebbe quella della cura: dalle sorgenti al rubinetto (o all’uso in agricoltura), non si dovrebbe perdere una goccia. Invece si perdono barili. Secondo i dati dell’Autorità idrica toscana, nell’aretino si perde «solo» il 20% dell’acqua prodotta dagli impianti. A Firenze, Prato e Pistoia il 38%. Tra Siena e Grosseto, il 43%. Tradotto: ogni 100 litri «prodotti» ed immessi in rete, 43 non vengono «fatturati», quindi sono persi. Ma in realtà, spiega qualche tecnico, questo metodo di calcolo (usato anche dall’Istat, come si vede nel grafico) rischia di essere fallace e al ribasso. Altri metodi, più efficaci, testati in alcune zone hanno portato a percentuali peggiori. E le perdite in alcuni casi (come nel caso di Siena e Grosseto) sono in aumento, nonostante i 200 milioni di euro di investimenti che arrivano dalle bollette. Ci sono da fare altri 985 milioni di investimenti, nei piani presentati dalle aziende ed approvati dall’Ait. Una corsa contro il tempo: a causa dei mancati investimenti tra il 1980 ed il 2000, la nostra rete è rimasta una delle più vecchie d’Italia: il 45% della rete ha più di 50 anni (a livello nazionale è il 24%). solo il 27% ha meno di 30 anni. Pronta a bucarsi sempre, anche in caso di siccità.