Morlino: «Mancano le risorse, sarà un federalismo zoppo»
«Non è cercando solo consenso, con referendum o proposte choc, che si risolvono i problemi. E la vicenda della richiesta di autonomia, in Catalogna come in Italia, ha un convitato di pietra: la crisi e la carenza di risorse, il vero limite al decentramento istituzionale».
Leonardo Morlino, politologo e docente alla Luiss: i due referendum italiani, lo scontro istituzionale in Spagna, devono sorprendere, soprattutto per i risultati ottenuti?
«In realtà no, ma occorre fare un passo indietro. Agli inizi degli anni 2000, sia Spagna che Italia provarono a portare avanti decentramento e autonomia. Il premier spagnolo Zapatero in Spagna fece accordi per l’autonomia, però nel 2010 venne bocciato lo Statuto concordato con la Cataglogna. Ma il punto di svolta è stata la crisi economica del 2008 e l’austerity. Con i tagli alla spesa pubblica non c’erano più risorse per costruire nulla».
In Italia, con la riforma costituzionale bocciata dal referendum, si volevano «riaccentrare», portandole via alle regioni, alcune funzioni. Ma la riforma è stata bocciata: è naturale che ora si chieda più autonomia locale.
«Sì, ma le élite locali cercano anche di rispondere all’insoddisfazione dei cittadini ed alla domanda di servizi. Senza ulteriori risorse, in Italia come in Spagna, il conflitto centroperiferia resterà».
Un gioco a somma zero, senza via di uscita?
«È una tensione tipica della democrazia, tra la capacità di risposta ai cittadini, necessaria per il consenso elettorale, e il senso di responsabilità della politica. Nel breve periodo si dà una risposta, ma nel lungo faccio dei danni: perché alla lunga le risorse non basteranno. Ma il consenso lo prende il politico attuale, i danni i politici futuro. Perché il decentramento richiede risorse: risorse che ora non ci sono. Le crescita di cui si sta parlando, anche in Spagna dove ci sarebbero più spazi, vede margini strettissimi per l’azine pubblica».
Catalogna, Lombardia e Veneto. In modo diverso, regioni molto internazionalizzate di questo tipo, possono tornare ai localismi?
«Distinguiamo la realtà dalla retorica. Nessuno può tornare al localismo. Si cerca solo, da parte delle élite locali, un nuovo protagonismo, per rispondere alla insoddisfazione dei cittadini. E tutto questo avviene in una fase particolare: una società attraversata dal cambiamento dell’economia globale, dalle tensioni dell’immigrazione, solo per citare i due casi più conosciuti. Insomma, la democrazia chiede capacità di risposta e responsabilità. La democrazia richiede élite pensanti, colte, capaci di leadership».
E qui non ci sono state?
«Il presidente Maroni ha creato nuove aspettative. Ma dopo? Quando si vedrà che non è possibile dare risposte, ci sarà nuova insoddisfazione. Ma Maroni non ci sarà più».
Si cerca di rispondere all’insoddisfazione dei cittadini ma senza più soldi il conflitto centroperiferia resterà