La crisi Ge scuote il Nuovo Pignone «Ma no esuberi»
Dagli Usa annunci di tagli. L’azienda: non qui. La Fiom: chiarezza
Nuovo Pignone, la crisi del gruppo globale Ge fa paura. Ma da via Perfetto Ricasoli arrivano smentite alle indiscrezioni dei paventati 500 esuberi, anche nella sede di Firenze. «Notizia priva di alcun fondamento», è la risposta ufficiale dell’azienda. Ma facciamo un passo indietro.
Da anni, si susseguono timori sul futuro della storica azienda di turbine ed oil&gas rilevata dalla statunitense General Electric. Ci sono stati quando la sede legale di alcune attività è passata a Londra, quando alcune aziende dell’indotto (vastissimo, si parla di 6 mila lavoratori coinvolti) si sono viste ritirate le commesse. Problemi per la «sede madre» del settore oil&gas di Ge a Firenze? No, è sempre stata la risposta. E la realtà è che di esuberi non ce ne sono stati: anzi, l’ultimo accordo, che prevede 290 esuberi per i pensionamenti o dimissioni volontarie, «prevede 11 assunzioni ogni dieci dimissioni» ricorda Daniele Calosi, della Fiom-Cgil e coordinatore nazionale per il sindacato su Ge. Ma ora, c’è una novità.
Il Nuovo Pignone è detenuto oggi da Baker Hughes Ge, detenuta a sua volta da Ge. La fusione del settore oil&gas di Ge con Baker Hughes ha creato il primo gruppo mondiale, di cui il Nuovo Pignone è il fulcro. Ge, a livello di gruppo «madre», con tutte le sue attività (dai trasporti all’aeronautica) è però in un momento di crisi, tagli ci sono già stati, in Pennsylvania, altri sono paventati in Svizzera: botte da 500, 1.300 licenziamenti per volta. Una crisi che ha indotto il nuovo Ceo (Ad) di Ge, John Flannery, a parlare di conti «inaccettabili» e scelte altrettanto drastiche. Le prime avvisaglie di questo nuovo atteggiamento sono dello scorso agosto. Quindi, è crisi anche per il Nuovo Pignone ed i suoi 4.700 dipendenti?
«Ma per piacere!», sbotta il presidente di Nuovo Pignone, Massimo Messeri, dopo che ieri Repubblica Firenze ha pubblicato l’indiscrezione di questi 500 possibili esuberi in città. «Notizia priva di fondamento — ribatte Messeri — certo, c’è un problema che non è di oggi, di stallo sul mercato del petrolio e del gas, causato dal prezzo del petrolio». Ora Nuovo Pignone aspetta «che ci sia questa ripresa. Ci sono crisi in alcune aree, in modo differenziato: e noi siamo nelle aree poco colpite. Abbiamo gestito questa sofferenza senza toccare né l’occupazione né gli investimenti, da Piombino al progetto Galileo per le nuove turbine. Per esser pronti e competitivi alla ripresa».
Messeri non nega che alcune ricadute ci siano state nell’indotto: «Qualche sofferenza c’è stata: ma abbiamo 6 mila lavoratori dell’indotto, i casi sono stati piccoli». Ed inoltre, ormai «metà del nostro business è la vendita di nuove turbine, l’altra è la gestione della manutenzione e dei service, da cui abbiamo i migliori margini», cioè i veri profitti. Un settore che viene toccato meno dalla crisi. Certo, in assenza di ripresa o di perdita di importanti commesse, niente esclude che la situazione possa peggiorare. E che apprensione ci sia, tra i lavoratori, è un dato di fatto. Per questo motivo, Calosi a nome della Fiom chiede «chiarezza», anche se Baker Hughes sciorina «aumenti del 18% di ordini nel terzo trimestre del 2017». Perché comunque Ge ha un piano di vendita di asset da 20 milioni (mentre Baker Hughes si quoterà in borsa a New York a fine anno) e altri settori saranno colpiti dai tagli paventati da Flannery. Subito via agli incontri, in vista di quello «per il 29 e 30 novembre a Ginevra da IndustriAll, sindacato globale dell’industria, con tutte le relatà del mondo Ge».
Massimo Messeri Abbiamo gestito lo stallo del settore oil&gas senza toccare l’occupazione né gli investimenti