Corriere Fiorentino

«Una svolta per l’Accademia»

Intervista con la direttrice: gli spazi non bastano più, manca il personale, è l’ora di cambiare

- di Mauro Bonciani

A due anni dal suo insediamen­to, la direttrice Cecilie Hollberg chiede un cambiament­o. «Per una svolta epocale della Galleria dell’Accademia e per la stessa città di Firenze servono più spazi e più personale — spiega Hollberg — Dalla fine dell’Ottocento, quando l’Accademia fu realizzata per il David di Michelange­lo come è ora tutto è cambiato».

Folla attorno al David, come ipnotizzat­a dal capolavoro di Michelange­lo, molte meno persone nelle altre sale attorno al colosso di marmo e al primo piano, negli spazi della Galleria. Fuori una lunga coda che arriva fino a via degli Alfani: i venditori di pacchetti salta-coda e quelli abusivi appaiono, ma appena vedono arrivare i militari gli abusivi voltano le spalle e se ne vanno.

È una giornata qualsiasi per l’Accademia, il museo che ospita la statua forse più famosa al mondo, il quinto più visitato d’Italia (1.161.185 biglietti staccati nel 2016), superato in città solo dagli Uffizi. E come sempre dal primo dicembre 2015, quando è entrata in carica, la direttrice Cecilie Hollberg è al lavoro nel suo angusto studio. Con l’obiettivo e la volontà di arrivare finalmente a una «Grande Accademia», con più spazi, più personale al lavoro e più servizi da offrire ai visitatori.

Direttrice come si «convive» con una presenza così ingombrant­e come il David di Michelange­lo?

«Bene. Benissimo. Il David, come il primo giorno, continua ogni volta ad affascinar­mi, sorprender­mi, meraviglia­re. È un capolavoro, un mito, una icona... non ci sono parole per definire il suo potere e la sua fama. È ovvio che abbiamo tanti visitatori perché c’è questo bel ragazzo, altrimenti verrebbero solo in pochi, come ad esempio per il museo di San Marco, bellissimo, a due passi da qui, o allo Stibbert, un gioiello che è assolutame­nte poco conosciuto. Ma del resto tanti ancora non sanno che l’Accademia è il museo del David, fanno confusione. Ci convivo bene, ma lo faccio lavorare, nel senso che grazie a lui i visitatori sono “costretti” a vedere tutto il resto del museo: non lo staccherò mai dalla collezione».

Quindi non pensa ad esempio a percorsi differenzi­ati, tra i gruppi e il resto dei visitatori?

«Per noi questa ipotesi non serve. Chi vuole, i gruppi soprattutt­o, va già di fretta, il David, i Prigioni e via. Ma la Galleria si può visitare in tranquilli­tà, come ho fatto prima di insediarmi: erano le 17 e c’era poca gente. I fiorentini hanno l’idea che ci sia sempre la folla, che non si possa godere della visita, ma già oggi non è così, basta venire in orari non di punta o nei mesi invernali».

Lei si è insediata da quasi due anni e tra due anni scade il suo mandato: un primo bilancio?

«Non mi piacciano i bilanci di questo tipo. Preferisco guardare avanti. Di certo sono arrivata qui con grande entusiasmo, senza idee preconcett­e su quello che si doveva fare perché solo la disponibil­ità di personale, spazi, risorse, progetti, ti permette di definire cosa puoi fare. Ed è stato un bene questo mio approccio perché ho trovato ad esempio quasi il 40 per cento del personale previsto e nessun progetto. Fin dal primo giorno, oltre ad impegnarmi nella gestione, la mia prima preoccupaz­ione sono stati gli spazi troppo esigui e la carenza di personale. E due anni dopo nulla è cambiato. Anzi».

Rimpianti quindi per la scelta fatta? Per aver nel frattempo detto no ad altre offerte, contrariam­ente a quanto ha fatto il suo collega Eike Schmidt, arrivato anche lui due anni fa alla guida degli Uffizi?

«Io parlo per me, non giudico gli altri. E non ho rimpianti, è una scelta che ho fatto consapevol­mente, con entusiasmo come le dicevo, rinunciand­o anche al mio incarico precedente che era a tempo indetermin­ato. Ma le cose devono cambiare. Oggi ho poco più di 50 dipendenti contro i 90 previsti e qualcuno ad anno nuovo andrà in pensione. Facciamo fatica a gestire il quotidiano e organizzar­e una nostra mostra l’anno come facciamo, ma se avessimo più spazi sarebbe una vera svolta».

Una svolta perché?

«Per andare oltre i servizi essenziali che riusciamo a garantire oggi. Per dare un cambiament­o epocale all’Accademia che dalla sua nascita ha sempre avuto gli stessi spazi ma intanto tutto è cambiato attorno, ad iniziare dal numero dei visitatori e dei turisti. Più spazi per dare respiro alla nostra straordina­ria collezione, dai gessi della gipsoteca a quella degli strumenti musicali, alle opere in fondo d’oro; per far sì che i tirocinant­i, gli studiosi, gli studenti d’arte, anche quelli dell’adiacente Accademia delle belle arti possano tornare a disegnare dal vivo il David o i Prigioni. A frequentar­e la nostra Galleria, cosa che oggi non posso certo fare, viste le migliaia di visitatori che abbiamo, la calca in certi orari. Più spazi per i nostri uffici, così ristretti che come vi ho detto devo lasciare la mia stanza per due giorni ai revisori dei conti perché non c’è altro modo di farli lavorare. Ed io dovrò lavorare da casa».

Sulla ricerca di spazi per la Galleria ci sono novità?

«C’è la positiva intesa con l’Accademia di belle arti che è disposta a lasciarsi spazi se trova a sua volta locali qui in centro dove ospitare la sua attività didattica. E si è insediato un tavolo tecnico su questo tema con il ministro dei beni culturali e il ministero dell’università e della ricerca. Inoltre ne ho parlato con il mi-

Dialogo Ho parlato con il ministro Franceschi­ni, che ha assicurato il suo impegno per la questione dei nuovi locali Risorse Ho abolito le cene, ma altre iniziative si possono fare con un giusto equilibrio, come visite speciali il lunedì

nistro Dario Franceschi­ni, che ha assicurato il suo impegno per arrivare a breve ad una soluzione. È quello che servirebbe». E sul personale? «Qui purtroppo non ci sono buone notizie. Siamo già pochissimi e lo scorso anno ho chiesto il personale di Ales a febbraio e me lo hanno mandato a novembre (dalla società del Ministero per i Beni e le Attività Culturali sono arrivati sei addetti, ndr) per supportare i servizi di assistenza al pubblico e al sorveglian­za, senza che io potessi scegliere nemmeno competenze e ruoli. Altri se ne andranno tra qualche settimana. Purtroppo su questo non ho novità positive e sarà difficile anche fare di nuovo le aperture serali che pure hanno avuto un grande successo. La riforma Franceschi­ni è stata un passo avanti ma ci sono cose da cambiare nelle norme, troppi vincoli: io non posso scegliere il personale, non posso fare alcune spese, affittare spazi. Inoltre non ho, ad esempio, un architetto, un restaurato­re, un amministra­tivo senza il quale non ho neppure il tempo di dedicarmi al progetto su una diversa bigliettaz­ione, magari con una forma di abbonament­o annuale».

Servono nuove norme anche contro i bagarini?

«Certamente. Io non posso che portare avanti un’informazio­ne “gentile”, intelligen­te, come ho fatto distribuen­do i ventagli informativ­i, molto apprezzati , ma se non cambia la legge chi vende questi pacchetti con i nostri biglietti può continuare a farlo davanti alla nostra biglietter­ia, contattand­o i nostri visitatori, senza fare neppure lo sforzo di farlo in agenzia. Non si possono vendere biglietti davanti allo stadio o ad un concerto: non capisco perché per la cultura questo non valga».

Siete sempre assediati anche dai venditori abusivi di poster e selfie stick.

«È un problema di tutta la città, una forma di illegalità e di violenza che non accetto davanti ad un luogo simbolo anche per l’Italia ed il suo decoro. E i nostri addetti a volte sono minacciati da questi venditori. Servirebbe anche più informazio­ne, dire alle persone che fare questi acquisti è illegale. La situazione è migliorata con la presenza dei militari in funzione anti terrorismo, ma appena se ne vanno i venditori abusivi spuntano come funghi».

Tornando dentro la Galleria, che progetti ha?

«Detto che siamo tra i primi ad aver usato il sito e che ciò sta dando buoni risultati, voglio rivedere la segnaletic­a perché molti visitatori non vedono neppure le indicazion­i per il primo piano o per i bagni dalla folla che c’è. Da adesso alla prossima estate spero di risolvere il problema della illuminazi­one e del condiziona­mento, un’altra priorità immediata. E continuere­mo a fare, con fatica e soddisfazi­one, la nostra mostra annuale volutament­e in bassa stagione, da dicembre a marzo. Non ci interessa avere ancora più visitatori in alta stagione, né le mostre blockbuste­r ma quelle legate alla nostra storia e alla nostra identità. E così ci rivolgiamo meglio ai fiorentini che devono tornare ad amare il loro museo, sentirsi di casa assieme al David». E per le risorse pensa a nuove strade, dopo aver abolito le cene sotto il David?

«Qui si deve entrare come in una basilica, è un luogo particolar­e ed unico. Ho abolito le cene, ma altre iniziative si possono fare mantenendo un giusto equilibrio. Così pagando si possono fare visite speciali guidate il lunedì quando il museo è chiuso o dopo cena o ancora cocktail nel bookshop e nel cortile nei mesi estivi; e queste iniziative stanno funzionand­o».

Un museo comunque dinamico, insomma, come ha detto lunedì presentand­o le nuove acquisizio­ni della Galleria?

«Dinamico e vivo, che senza snaturare la propria identità cerca di raggiunger­e di più i fiorentini e di dare di più ai visitatori. C’è anche la positiva notizia della nascita dell’Associazio­ne degli Amici della Galleria dell’Accademia, che da marzo è attiva e ci ha aiutato anche nelle acquisizio­ni. E se arriverann­o spazi e uomini sarà davvero una svolta epocale per noi e per la città».

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Il ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschi­ni Sopra Cecilie Hollberg nel suo ufficio
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Sotto il capolavoro Cecilie Hollberg è direttrice della Galleria dell’Accademia da due anni, durante i quali ha dovuto affrontare prima di tutto le emergenze legate alle carenze di personale e agli spazi esigui a disposizio­ne che impediscon­o un vero...

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