Il prof, la studentessa e una rosa dei venti in due
Dopo due anni di lavoro a Londra Valeria tornò in Italia e trovò una realtà dura, come quando era partita. Aveva sempre avuto la passione delle materie mediche e allora, invogliata dalla madre, si iscrisse a un corso di assistente alla poltrona, per lavorare negli studi odontoiatrici come aiuto dentista. Contemporaneamente, a Salvatore avevano offerto di tenere un corso di anatomia per assistenti alla poltrona. Inizialmente non voleva farlo poi disse: «Mah sì». La mattina in cui Valeria si presentò a lezione lesse il nome dell’insegnate: «Dottor Scacco». Immaginò un docente anziano con giacca e cravatta. Vide Salvatore e pensò fosse uno studente. Poi però quando entrarono in classe lui puntò alla cattedra. Lei prima l’aveva visto, ora lo notò. Molto. Lui notò lei. Da quel giorno non vedevano l’ora che arrivasse il giovedì mattina per incontrarsi a lezione. Cominciarono a parlare dopo la lezione, sempre di più. Poi su Skype. Lui provava una stranissima sensazione. Gli pareva che si sarebbero incontrati anche se fossero nati dalla parte opposta del globo. Con lei si poteva esprimere senza bisogno di chiedersi se quello che stava per dire fosse opportuno o no. Valeria apprese che lui aveva vent’anni più di lei ma ciò non aveva importanza. Lui adorava un lato del suo carattere che di solito le persone criticavano: il lato della sognatrice espansiva senza limiti mentali. «Il sorriso di Salvatore trasmetteva serenità. Ha un’infinita pazienza, anche troppa. Usa la sua testardaggine con estrema diplomazia per portarti dove vuole lui». Dall’aula al mare il passo fu naturale. Passarono una notte sulla spiaggia, al chiaro di luna colsero i frutti di mare. Salvatore, considerato il suo interesse per le materie scientifiche, le suggerì di iscriversi alla laurea infermieristica. Lei se lo ritrovò come professore di Biochimica. Andarono a Bologna e una notte in Piazza Maggiore c’erano solo loro due e un enorme albero di Natale. Si baciarono e rimasero abbracciati per un sacco di tempo. Poi cominciarono i viaggi e si tatuarono una rosa dei venti dietro il collo, così ognuno per vedere il proprio tatuaggio deve guardare quello dell’altro. Visitarono molti posti e a volte lei sapeva già tutto anche se non c’era mai stata. Avevano lo stesso spirito di adattamento. Andarono a vivere insieme e furono accomunati dall’armonia del disordine. «Se uno dei due fosse più preciso dell’altro non saremmo durati una settimana. Poi ovviamente quando la situazione degenera del tipo “Oh mio Dio ma sono passati i ladri” allora ci mettiamo come i topini di Cenerentola a dare una sistemata al nostro nido». All’inizio bastava un sguardo perché si capissero, ora molto meno.