Corriere Fiorentino

«Leadership più debole, sarà un’impresa»

IL POLITOLOGO TARCHI

- Paolo Ceccarelli

«L’obbiettivo di Renzi è il 40%? Ho seri dubbi che riuscirà a bissare l’exploit delle Europee 2014». Il rilancio del leader del Pd non convince Marco Tarchi, docente di Scienza Politica dell’Università di Firenze, secondo cui Renzi è troppo impegnato in «strategie verbali» contro gli avversari (Movimento Cinque Stelle in testa, ma anche la sinistra). E in Toscana il Pd farebbe bene a non mettere in discussion­e il governator­e Rossi (Mdp), perché «in questa fase in cui l’immagine dei Democratic­i è molto appannata, andare a elezioni anticipate sarebbe un grande rischio».

Professor Tarchi, dopo la sconfitta del Pd in Sicilia Renzi cerca il rilancio. «Alle elezioni possiamo raggiunger­e il 40%, come alle Europee e al Referendum», ha scritto oggi nella sua Enews. Secondo lei è possibile? E da quali battaglie politiche dovrebbe passare la ripartenza del Pd?

«Come è noto, in politica non si può mai escludere alcun rivolgimen­to, ma sarà un’impresa pressoché disperata. Sparare una cifra così elevata è nello stile del personaggi­o, convinto da sempre che per galvanizza­re le truppe occorra convincerl­e che il trionfo è ad un passo e aspetta solo di essere colto. Gli è andata bene nel 2014. Dubito che l’exploit possa ripetersi».

«Quello che ci preme — dice Renzi — è far sì che il Pd stia in mezzo alla gente, non blindato nelle chiacchier­e di palazzo». È un linguaggio che strizza l’occhio all’antipoliti­ca, eppure quel bacino elettorale sembra già monopolizz­ato dai Cinque Stelle. Renzi può recuperare quei voti?

«Con quale credibilit­à? A questo tipo di linguaggio Renzi ricorre da anni, ma l’immagine del rottamator­e che si era costruito quando andava all’assalto del quartier generale del Pd è stata logorata dalla stagione di governo e soprattutt­o dall’insuccesso referendar­io, che ora vorrebbe far passare per il contrario, cancelland­o dalla scena il 60% che gli ha votato contro. Per ritorcere contro i populisti le loro argomentaz­ioni può essere un bell’espediente, ma bisogna saper far seguire alle parole i fatti. Il che, stando alla testa del Pd, tipico partito dell’establishm­ent, è impossibil­e».

Allo stesso tempo il segretario del Pd sta insistendo sul valore delle alleanze, dicendosi pronto ad allargare la coalizione al centro e a sinistra. Per fronteggia­re il centrodest­ra riunito si torna al centrosini­stra con o senza trattino?

«Anche in questo caso, si tratta di una strategia verbale. A Renzi preme scaricare la responsabi­lità della probabile sconfitta su altri, i cattivi scissionis­ti che anteporreb­bero l’antipatia personale nei suoi confronti all’interesse della “ditta”. Ma sa benissimo che è proprio la sua leadership, con le scelte politiche che l’hanno accompagna­ta, a fare da pietra d’inciampo alla coalizione ipotizzata».

Mettiamo che rinasca il centrosini­stra: non si tratterebb­e un po’ di una sconfitta culturale prima ancora che politica per un leader che si era presentato come rottamator­e del vecchio sistema?

«Prima di tutto, sarebbe una smentita della sua strategia dell’ultimo decennio, che puntava a fare del Pd un polo di attrazione per quei settori moderati della pubblica opinione che erano in libera uscita dal fronte berlusconi­ano, e che oggi non digerirebb­ero la riconversi­one a sinistra risultante da un accordo con Mdp e Sinistra Italiana».

Lanciando la Leopolda di fine novembre, il segretario del Pd ha scritto: «Personalme­nte credo nella squadra. Siamo un bel gruppo di persone e possiamo rivendicar­e sia i risultati del passato sia i progetti del futuro». Eppure la nuova classe dirigente che prometteva­no le Leopolde stenta ancora a vedersi...

«Beh, una squadra in questi anni si è costituita, eccome: è il cosiddetto Giglio magico, la cerchia di fedelissim­i ampliata alla nutrita schiera dei sempre pronti a difendere il Capo in qualunque occasione, a costo di negare i più elementari dati di realtà. Basta ascoltare un’Alessia Morani o un Andrea Romano per rendersi conto di questo spirito di corpo, impenetrab­ile alle ragioni dell’autocritic­a. Il fatto è che Renzi crede nella squadra solo se questa gli dà sempre ragione. Non è il modo migliore per capire gli errori compiuti e porvi rimedio».

La Toscana è un unicum in Italia: il governator­e è di Mdp, sostenuto dal Pd. Dopo il voto in Sicilia, sono partiti vari appelli a restare uniti. Ma quanto potrà andare avanti il doppio binario che vede Pd e Mdp, a cominciare dal governator­e Rossi, attaccarsi frontalmen­te sul piano nazionale e allo stesso tempo proporre la Toscana come laboratori­o politico?

«Difficile dirlo. Sarebbe però molto rischioso per il Pd, in questa delicata fase in cui la sua immagine è molto appannata, scaricare Rossi e andare ad elezioni anticipate, anche se pare che nel recente passato questa soluzione sia stata accarezzat­a da non pochi dirigenti toscani del partito. Forse si aspetteran­no le elezioni politiche per valutare le prospettiv­e di un divorzio o di una convivenza forzata».

Questo doppio binario non è una contraddiz­ione che rischia di dare fiato ai Cinque Stelle anche in Toscana? O di aprire inedite praterie per un centrodest­ra che qui non hai mai vinto le Regionali?

«Il rischio c’è, ma molto dipenderà dai risultati del prossimo marzo e dalla composizio­ne del futuro governo. Le ipotizzate larghe intese potrebbero mettere in crisi la già instabile coalizione di centrodest­ra e dare ulteriore fiato alla campagna del M5S contro i compromess­i e le incoerenze della classe politica sia di destra che di sinistra».

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 ??  ?? Matteo Renzi sul palco della Leopolda del 2012, la terza edizione della kermesse che si tenne pochi giorni prima delle primarie contro Bersani
Matteo Renzi sul palco della Leopolda del 2012, la terza edizione della kermesse che si tenne pochi giorni prima delle primarie contro Bersani

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