Corriere Fiorentino

Il volontaria­to sul palco

Stasera gli attori della scuola Orazio Costa portano in scena 7 esperienze di vita vera Uno spettacolo per i 25 anni della Fondazione Cassa di Risparmio condotto da Neri Marcorè

- di Edoardo Semmola

Alla Pergola le associazio­ni raccontano le proprie storie: sette esperienze di vita vera

Seguiamo Lucia — nome di fantasia — che sale le scale a piccoli passi. Sa che Lu, «la mia piccola grande amica con gli occhi a mandorla», malata terminale, ha il particolar­e dono di «riconoscer­e volontarie e infermieri dal suono delle scale». E lei cammina piano. Come fosse un gioco, tentando di ingannare il suo udito, inutilment­e. Lu è magra, frangetta nera e occhi che «si fanno piccolissi­mi quando ride. Ride sempre».

Lucia, volontaria pratese di File, in Cina, il paese di Lu, non è mai stata. Ma ha imparato dalla sua assistita che «le montagne sono come quelle di Prato», che il fiume che scorre nella sua città «è meno grande del Bisenzio». Che al suo paese «tra le case distribuit­e attorno a una piazza, la gente si aiutava». Ora non più. Seguiamo Lucia mentre discute con la sua amica Lu. Parlano di cucina: «Sono felice che ti sia piaciuta la cecina alla cipolla», le dice. «La cecina ti faceva ridere tanto, perché conteneva la parola Cina, ed era un cibo». Discutono di religione e «tu rispettavi tutto — la ricorda Lucia, come se Lu fosse ancora lì davanti a lei — non hai dato giudizi quanto ti ho detto che non sono credente, hai solo detto che tu, sotto Mao, non sapevi cosa fosse la religione». Buddhismo, Islam, Cristianes­imo, Lu le aveva volute conoscere tutte: «Dicevi sempre che la cosa importante erano gli uomini». Seguiamo Lucia nel lento avvicinars­i al tema della morte, a cui Lu la stava accompagna­ndo, novella Virgilio che sa cosa significa. La seguiamo, insieme a tutte le altre, donne violentate e tossicodip­endenti, malati, disabili, storia dopo storia raccontate dagli allievi della Scuola «Orazio Costa», fino a capire che il volontaria­to — racconta il regista teatrale Pier Paolo Pacini — «non è qualcosa che fai per gli altri, ma per te stesso, perché ti fa stare bene». E alla fine Lucia «ringrazia Lu per il tempo che le ha concesso. Capite il paradosso? — si chiede Pacini — La volontaria ringrazia Lu per il tempo che lei, morente, le ha concesso». È così che il regista e drammaturg­o fiorentino ha interpreta­to il senso delle storie che stasera andrà a mettere in scena. Alle 21 alla Pergola, a ingresso libero a invito, con Neri Marcoré testimonia­l, voce narrante e cantante. Il titolo nasce appunto da questa sua convinzion­e: Quella storia sono io, il volontaria­to come avventura del volontario e non della sua azione. Uno spettacolo di storie vere che coinvolgon­o sette tra le associazio­ni sostenute da Fondazione Cassa di Risparmio, atto finale delle celebrazio­ni dei suoi 25 anni.

Scopriamo la storia di «D», rumena costretta a fare la prostituta, violentata e rimasta incinta, riviolenta­ta e di nuovo incinta, raccolta da Acisjf, , il centro di «Protezione della Giovane di Firenze» che gestisce l’Help Center delle Politiche Sociali a Santa Maria Novella, portata in una casa famiglia. E poi quella di una giovane tossicodip­endente che Villa Lorenzi ha disintossi­cata e poi tramutato in una volontaria a sua volta, affinché aiutasse altri nelle sue condizioni: «Tutti questi momenti, queste emozioni — racconta — sono come uno schizzo d’acqua in faccia, che mi risveglia, e mi dà la forza e la voglia, dopo una giornata di lavoro, di andare a Villa Lorenzi invece che a casa».

E non basta, poi c’è la storia di Greta salvata da Artemisia, Greta che ha 45 anni, i capelli corti, 23 anni di violenza, di abusi, «23 anni in cui Greta ha annientato la propria personalit­à». Greta che adesso è libera e dice «mi sembra di essere tornata ragazzina, quando mi chiedevo se avrei trovato qualcuno che avrebbe condiviso la vita con me. Ancora mi sento in trappola. Anche se lui non c’è più, è come se lo avessi sempre dentro di me». Di storia in storia ecco la vicenda di Antonella che ci insegna cosa può essere l’amore di un genitore per la figlia Down. Perché la testimonia­nza di Trisomia 21 racconta che Antonella è stata «scelta». Ricordano i genitori «a volte ci sorprende pensare che non è nata dalla nostra carne, ma che ci è stata donata attraverso l’adozione». Raccontano che hanno vissuto questa esperienza «come una terapia, per noi così riservati e impacciati», e ci insegnano che hanno imparato «a guardare con simpatia chi accetta l’approccio speciale di Antonella, facendoci interpreti del suo linguaggio non sempre comprensib­ile».

C’è, ancora, nello spettacolo­verità di stasera, il lungo percorso di riscatto di un ragazzo disabile con Pianeta Elisa, e il dettagliat­issimo racconto di un semplice prato abitato da mucche al pascolo che, visto dagli occhi di un ragazzo autistico aiutato da Casadasè, assume contorni e sfumature impensabil­i.

Una dopo l’altra si raccontano sul palco della Pergola attraverso letture precedute da altrettant­i video d’arte creati dal duo Pastisse, ovvero i fratelli Marco e Saverio Lanza, videomaker l’uno, musicista e produttore l’altro — storici sodali dell’attività artistica di Irene Grandi — che introducon­o i temi trattati attraverso la scelta di parole chiave. Come un vocabolari­o che si sfoglia pagina dopo pagina, nel caso di File. O come una macchina da scrivere ripresa quasi dal punto di vista dell’inchiostro che si stampa, tasto dopo tasto, quasi a ricalcare la celebre scena di Jack Nicholson in Shining, nel caso dell’associazio­ne per l’assistenza di ragazzi autistici Casadasè. O ancora attraverso la pittura, con Acisjf.

 Il racconto Ringrazio Lu per il tempo che mi ha dedicato durante il periodo in cui la assistevo parlandomi di Cina e Italia  Il regista Curando questo lavoro ho imparato che attività come quelle del File non si fanno solo per aiutare gli altri ma per se stessi

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