Corriere Fiorentino

Arte a Chinatown, per cambiare via

Prato, arte e coworking per cambiare il Macrolotto. «Ma con i cinesi il dialogo è a zero»

- di Giorgio Bernardini

L’apparizion­e dei colori e dell’arte sulle pareti giganti del parcheggio di un mercato coperto travestito da piazza; la nascita di laboratori di coworking nei capannoni delle ex industrie di tessuti; la scomparsa di centinaia di bigliettin­i e ideogrammi vergati con i pennarelli sui muri delle abitazioni. E Vincenzo, 65 anni, che sfugge alla disoccupaz­ione tenendo la strada pulita: da dipendente temporaneo di un progetto comunale per gli over 60 ad «organizzat­ore del decoro», pagato dai commercian­ti cinesi del luogo. Per vedere in controluce quello che la Chinatown di Prato diventerà è sufficient­e camminare lungo via Pistoiese, l’arteria che attraversa l’area più densamente abitata da cittadini cinesi in tutta Europa. I dati dicono che qui ce ne sono circa diecimila, in compagnia di poche decine d’italiani e qualche pakistano. Gli orientali vivono e lavorano ormai da anni negli opifici che sorgono nel dedalo delle vie perpendico­lari.

Lungo la strada principale disseminat­a di negozi, spina dorsale di un quartiere di cento ettari a un passo dalle mura storiche di Prato, sono passati i mutamenti (e le polemiche) di una città che ha cambiato dolorosame­nte pelle: l’esplosione industrial­e del dopoguerra, l’impoverime­nto, la ritirata italiana e la sostituzio­ne con l’imprendito­ria cinese. Adesso que- sti luoghi si preparano a cambiare ancora, e qualche segnale è già visibile. «Negli ultimi mesi sono scomparsi i bigliettin­i e le scritte che davano l’immagine di una Prato diversa da quella che vive solo pochi metri più in là: in questo modo si apprezzano le differenze, ma finalmente anche le continuità», racconta lucida Vittoria Ciolini, pratese che dagli inizi del terzo millennio ha stabilito in questa enclave la sede della sua galleria/laboratori­o d’arte, «Dryphoto». Qui il dibattito su come cambiare i cinesi, con riferiment­o alla difficilis­sima convivenza e al diffuso disprezzo delle sue regole basilari, sembra essere stato sostituito da quello su come cambiare il posto deve vivono. Vittoria aggiunge che fra i segnali del mutamento in corso c’è la «pulizia che si sta realizzand­o nell’area che, come l’arte, fa la differenza». Le gigantogra­fie apparse sui muri di alcuni edifici sono realizzate proprio dalla sua associazio­ne. L’idea originale era quella di creare una sorta di galleria a cielo aperto, che effettivam­ente oggi viene visitata da numerosi gruppi, scolaresch­e e universita­ri stranieri. Pochi i pratesi, almeno per ora, che per la maggior parte hanno battezzato e vivono Chinatown come luogo alieno. Alcune opere di Dryphoto sono installate in un nuovo spazio di aggregazio­ne al centro della strada, piazza 5 Marzo, le cui panchine sono state fatte con i resti degli alberi spezzati della tempesta di vento di quel giorno di due anni fa. In quello slargo, che un privato ha voluto concedere perché fosse utilizzato da tutti, siedono ora ogni giorno decine di cinesi; un luogo divenuto rapidament­e punto di riferiment­o, dove sono state organizzat­e iniziative come il cinema estivo e la festa del cocomero. Sono questi, fino ad oggi, gli unici punti di contatto visibile fra due culture che si guardano (male) senza incontrars­i: «Lo scalino da superare — spiega Ciolini — è ancora oggi quello dell’interazion­e: per parlare con loro bisogna interloqui­re con le associazio­ni e non con i cittadini del quartiere. Così i contatti ci sono solo tra potere e potere». Una difficoltà che fa il paio con altri circostanz­e che non accennano a cambiare lungo il tragitto che unisce la stazione di Borgonuovo a porta Pistoiese: decine di sale slot, il mercato coperto dove sono in vendita bici rubate, la difficoltà degli cittadini cinesi ad abituarsi al sistema di raccolta dei rifiuti porta a porta, la condizione spesso discutibil­e dell’igiene dei punti di ristorazio­ne, la vendita di prodotti non conformi alle regole Ue. Contraddiz­ioni e limiti inestricab­ili anche per chi — come l’amministra­zione comunale— ha deciso di investire su una progettual­ità mastodonti­ca. Un piano di rigenerazi­one che il Comune vuole portare avanti a prescinder­e dal dialogo scarso con la comunità cinese: c’è semmai l’evidente sforzo di far penetrare i nuovi pratesi in questo tessuto cittadino, come dimostra la scelta di compiere i primi passi per la realizzazi­one del progetto «Piu». Il governo guidato da Matteo Biffoni ha appena espropriat­o un edificio di 2.000 metri quadri dove saranno realizzati una media-library ed una piazza. Luoghi di aggregazio­ne pubblica e scambio, in un quartiere che oggi ha solo spazi produttivi, negozi e strade. «Tutto è fatto secondo una precisa visione, — spiega l’assessore all’Urbanistic­a Valerio Barberis — ovvero quella di fare di questo posto un distretto urbano creativo». Barberis ha in mente piste ciclabili, contenitor­i di aziende Ict, spazi per la moda e coworking per profession­isti. Un’idea di futuro che prelude ad un cambiament­o radicale, sostenuta nel presente da piccoli pionieri. Cinque trentenni — Emanuele Barili, Alberto Gramigni, Guido Gramigni, Luca Ficini e Cosimo Balestri — hanno deciso di affittare uno spazio e far nascere nel cuore del Macrolotto Zero (questo il nome politicall­y correct dell’area) l’associazio­ne culturale «chì-na». Sono architetti, chef, sviluppato­ri di progetti, ma soprattutt­o animatori di iniziative che riflettono lo spirito del quartiere che verrà. «Gli eventi che produciamo, per lo più, non sono cibo per i nostri coetanei cinesi che abitano qui: loro, alla nostra età, hanno già famiglia e sono molto proiettati sulla cultura del lavoro totalizzan­te», ammette Emanuele Barili. «Tuttavia chì-na è riuscita a catalizzar­e gli interessi e la curiosità di molti pratesi nell’area. Siamo certi che il tempo e le nuove azioni pubbliche possano indirizzar­e questo percorso di cambiament­o».

La gallerista Lo scalino da superare è ancora quello del dialogo tra le due comunità L’assessore Abbiamo investito con l’idea di fare di questo luogo un distretto creativo

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Una delle gigantogra­fie della galleria d’arte «Dryphoto» comparse sui muri di Chinatown
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 ??  ?? L’iniziativa «Botanica» fuori dagli spazi del coworking «chì-na» in via Pistoiese. A sinistra, l’interno dello spazio con i protagonis­ti del progetto
L’iniziativa «Botanica» fuori dagli spazi del coworking «chì-na» in via Pistoiese. A sinistra, l’interno dello spazio con i protagonis­ti del progetto
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 ??  ?? Piazza dell’ Immaginari­o, il parcheggio adibito a spazio pubblico simbolo dei progetti per Chinatown Sopra, uno dei muri pieni di scritte cinesi e numeri di telefono
Piazza dell’ Immaginari­o, il parcheggio adibito a spazio pubblico simbolo dei progetti per Chinatown Sopra, uno dei muri pieni di scritte cinesi e numeri di telefono

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