Corriere Fiorentino

L’Italia riparte da Coverciano

L’esclusione mondiale e il centro tecnico dove saranno investiti 3 milioni Ulivieri: «È un’eccellenza, ma qui si costruisco­no solo gli allenatori...»

- Stefano Rossi Duccio Zoccolini

Il commissari­o tecnico della Nazionale Giampiero Ventura fotografat­o a Coverciano

Ieri mattina a Coverciano c’era aria di bufera. Dentro il centro tecnico federale l’unica cosa che si percepiva era silenzio e incredulit­à mentre il vento soffiava forte e sparpaglia­va le foglie in terra e sui campi di allenament­o. Vuoti.

Nessuno sa chi tornerà a marzo, quando sono in programma i prossimi impegni della Nazionale. E pensare che in tanti lasciando il ritiro prima della trasferta in Svezia si erano dati appuntamen­to proprio in primavera. E invece no. L’Italia è fuori dal Mondiale e molto probabilme­nte nel pannello dorato che dà il benvenuto a visitatori, studenti e amanti del calcio nella sala di Coverciano ci sarà già inciso un altro nome sotto a quello del ct Ventura. Chissà. Intanto la struttura che tutto il mondo ci invidia, che ha formato i migliori allenatori del mondo oggi è costretta a fare i conti con il poco talento diffuso tra i calciatori. «È un’eccellenza da tempo — racconta il presidente dell’Associazio­ne Allenatori Renzo Ulivieri — stiamo migliorand­o la struttura, i corsi però non saranno condiziona­ti dal risultato della Nazionale. I nostri allenatori sono i migliori, li esportiamo in tutto il mondo ma i talenti si costruisco­no sul territorio e nelle piazze, in questo dobbiamo cercare di avere più qualità».

E infatti a livello di formazione qualcosa è andato storto nella scuola italiana. Lo dicono i recenti risultati della Nazionale e delle squadre di club, sempre meno italiane nonostante regole, riforme e norme volte alla valorizzaz­ione del prodotto nostrano. I problemi iniziano da lontano. Il caos nella testa di Ventura e l’inadeguate­zza di alcuni calciatori con la Svezia sono solo la punta dell’iceberg. Di Coverciano, in Germania, ce ne sono centinaia. Sono vere e proprie accademie, nate per volere della Federazion­e che ha deciso ad inizio anni 2000 di investire davvero su un’industria che in Italia è la quinta del paese come profitto. Ben 366 «Stützpunkt­e», scuole calcio federali, nelle quali lavorano 1.300 allenatori. Diffusione equa in tutto il territorio e filo diretto con le società che grazie al lavoro di 30 mediatori federali curano la crescita di ogni talento. E anche in Toscana il progetto è già avviato: «Abbiamo già 2 centri federali territoria­li — dice Paolo Mangini Presidente del Comitato regionale Toscano — l’obiettivo è averne 16 qui e 200 in tutta Italia, proprio come in Germania. Siamo in ritardo ma recuperere­mo. In questi centri si allenano calciatori delle società dilettanti­stiche e sono finanziati dai diritti tv delle società profession­istiche. È un bacino e una risorsa anche per loro. Coverciano è una perla ma è grazie a questi centri che riparte il nostro calcio».

Parola d’ordine: investire. La Figc ha appena stanziato 3 milioni di euro per la riconversi­one e la ristruttur­azione di Coverciano. «Sono interventi per rendere questa importante struttura un centro sempre più moderno e accoglient­e — ha detto il dg della Federazion­e Michele Uva — È un simbolo ed è anche un esempio, vogliamo rilanciarl­o con l’innovazion­e, per riportarlo ai fasti degli anni ‘60». E poi ci sono i giovani, ricetta vincente per ripartire. Solo due anni fa la serie A era con 27,3 anni sul secondo posto dopo la Turchia come competizio­ne più «vecchia» nei trenta campionati più importanti in Europa. Tecnica, piano atletico e attenzione tattica. Si studia eccome in Italia, ma poi un ragazzo fino ai 20 anni non riesce a misurarsi con il calcio dei profession­isti. Già, perché tedeschi e spagnoli, per esempio, nelle accademie federali non ci arrivano attraverso la categoria Primavera (riservata ai nati dal 1998 al 2001) ma dalle squadra B della società di appartenen­za. Una squadra più scarsa, certo, ma dove giocano con continuità e lo fanno tra i profession­isti.

In Italia la percentual­e di prodotti del vivaio che poi arrivano in prima squadra è inferiore del 10%, in Spagna e Germania supera il 20%. «I nostri calciatori in media arrivano a 100 presenze in A a 23/24 anni. Negli altri paesi raggiungon­o questo traguardo intorno ai 21 anni». Parole dopo la disfatta azzurra di Demetrio Albertini che si affida ai numeri per fotografar­e le difficoltà del sistema. Punta sulla pura disciplina Arrigo Sacchi: «In Italia si allena la tecnica individual­e, non collettiva. Un calcio difensivo può prevedere giovani? No, meglio chi è esperto. Un calcio individual­e può prevedere i giovani? Sempre no. Non mettiamo il gioco al centro e non pianifichi­amo. Per ripartire non basta trovare un capro espiatorio». Oggi le prime decisioni ufficiali mentre il ministro dello Sport Lotti afferma che il calcio «va rifondato, dalle giovanili alla serie A». Facce nuove? Idee nuove? «Disfatte così — si augura il mister viola Pioli — sono diventate occasioni per rilanciare un intero sistema. L’auspicio è rimboccars­i le maniche e adoperarsi tutto al suo rilancio». Con Coverciano come punto di partenza.

 Il comitato regionale In Germania ci hanno prima copiato e poi sorpassato. Per questo in Toscana costruiamo centri territoria­li  Il dg della Figc La struttura di Firenze è un simbolo per tutti Dobbiamo lavorare per riportarla ai fasti degli anni ‘60  Il tecnico Batoste così in passato sono diventate occasioni per rilanciars­i, ma serve rimboccars­i le maniche

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 ??  ?? Stefano Pioli, allenatore della Fiorentina da questa stagione
Stefano Pioli, allenatore della Fiorentina da questa stagione
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Paolo Mangini, presidente del Comitato Regionale Toscano
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Michele Uva, direttore generale della Figc

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