L’Italia riparte da Coverciano
L’esclusione mondiale e il centro tecnico dove saranno investiti 3 milioni Ulivieri: «È un’eccellenza, ma qui si costruiscono solo gli allenatori...»
Il commissario tecnico della Nazionale Giampiero Ventura fotografato a Coverciano
Ieri mattina a Coverciano c’era aria di bufera. Dentro il centro tecnico federale l’unica cosa che si percepiva era silenzio e incredulità mentre il vento soffiava forte e sparpagliava le foglie in terra e sui campi di allenamento. Vuoti.
Nessuno sa chi tornerà a marzo, quando sono in programma i prossimi impegni della Nazionale. E pensare che in tanti lasciando il ritiro prima della trasferta in Svezia si erano dati appuntamento proprio in primavera. E invece no. L’Italia è fuori dal Mondiale e molto probabilmente nel pannello dorato che dà il benvenuto a visitatori, studenti e amanti del calcio nella sala di Coverciano ci sarà già inciso un altro nome sotto a quello del ct Ventura. Chissà. Intanto la struttura che tutto il mondo ci invidia, che ha formato i migliori allenatori del mondo oggi è costretta a fare i conti con il poco talento diffuso tra i calciatori. «È un’eccellenza da tempo — racconta il presidente dell’Associazione Allenatori Renzo Ulivieri — stiamo migliorando la struttura, i corsi però non saranno condizionati dal risultato della Nazionale. I nostri allenatori sono i migliori, li esportiamo in tutto il mondo ma i talenti si costruiscono sul territorio e nelle piazze, in questo dobbiamo cercare di avere più qualità».
E infatti a livello di formazione qualcosa è andato storto nella scuola italiana. Lo dicono i recenti risultati della Nazionale e delle squadre di club, sempre meno italiane nonostante regole, riforme e norme volte alla valorizzazione del prodotto nostrano. I problemi iniziano da lontano. Il caos nella testa di Ventura e l’inadeguatezza di alcuni calciatori con la Svezia sono solo la punta dell’iceberg. Di Coverciano, in Germania, ce ne sono centinaia. Sono vere e proprie accademie, nate per volere della Federazione che ha deciso ad inizio anni 2000 di investire davvero su un’industria che in Italia è la quinta del paese come profitto. Ben 366 «Stützpunkte», scuole calcio federali, nelle quali lavorano 1.300 allenatori. Diffusione equa in tutto il territorio e filo diretto con le società che grazie al lavoro di 30 mediatori federali curano la crescita di ogni talento. E anche in Toscana il progetto è già avviato: «Abbiamo già 2 centri federali territoriali — dice Paolo Mangini Presidente del Comitato regionale Toscano — l’obiettivo è averne 16 qui e 200 in tutta Italia, proprio come in Germania. Siamo in ritardo ma recupereremo. In questi centri si allenano calciatori delle società dilettantistiche e sono finanziati dai diritti tv delle società professionistiche. È un bacino e una risorsa anche per loro. Coverciano è una perla ma è grazie a questi centri che riparte il nostro calcio».
Parola d’ordine: investire. La Figc ha appena stanziato 3 milioni di euro per la riconversione e la ristrutturazione di Coverciano. «Sono interventi per rendere questa importante struttura un centro sempre più moderno e accogliente — ha detto il dg della Federazione Michele Uva — È un simbolo ed è anche un esempio, vogliamo rilanciarlo con l’innovazione, per riportarlo ai fasti degli anni ‘60». E poi ci sono i giovani, ricetta vincente per ripartire. Solo due anni fa la serie A era con 27,3 anni sul secondo posto dopo la Turchia come competizione più «vecchia» nei trenta campionati più importanti in Europa. Tecnica, piano atletico e attenzione tattica. Si studia eccome in Italia, ma poi un ragazzo fino ai 20 anni non riesce a misurarsi con il calcio dei professionisti. Già, perché tedeschi e spagnoli, per esempio, nelle accademie federali non ci arrivano attraverso la categoria Primavera (riservata ai nati dal 1998 al 2001) ma dalle squadra B della società di appartenenza. Una squadra più scarsa, certo, ma dove giocano con continuità e lo fanno tra i professionisti.
In Italia la percentuale di prodotti del vivaio che poi arrivano in prima squadra è inferiore del 10%, in Spagna e Germania supera il 20%. «I nostri calciatori in media arrivano a 100 presenze in A a 23/24 anni. Negli altri paesi raggiungono questo traguardo intorno ai 21 anni». Parole dopo la disfatta azzurra di Demetrio Albertini che si affida ai numeri per fotografare le difficoltà del sistema. Punta sulla pura disciplina Arrigo Sacchi: «In Italia si allena la tecnica individuale, non collettiva. Un calcio difensivo può prevedere giovani? No, meglio chi è esperto. Un calcio individuale può prevedere i giovani? Sempre no. Non mettiamo il gioco al centro e non pianifichiamo. Per ripartire non basta trovare un capro espiatorio». Oggi le prime decisioni ufficiali mentre il ministro dello Sport Lotti afferma che il calcio «va rifondato, dalle giovanili alla serie A». Facce nuove? Idee nuove? «Disfatte così — si augura il mister viola Pioli — sono diventate occasioni per rilanciare un intero sistema. L’auspicio è rimboccarsi le maniche e adoperarsi tutto al suo rilancio». Con Coverciano come punto di partenza.
Il comitato regionale In Germania ci hanno prima copiato e poi sorpassato. Per questo in Toscana costruiamo centri territoriali Il dg della Figc La struttura di Firenze è un simbolo per tutti Dobbiamo lavorare per riportarla ai fasti degli anni ‘60 Il tecnico Batoste così in passato sono diventate occasioni per rilanciarsi, ma serve rimboccarsi le maniche