Specola, un museo allo stremo
Sale chiuse, pavimenti traballanti, infiltrazioni. Il presidente: «Servono 5 anni di lavori»
Una delle sale della Specola chiuse per motivi di sicurezza
Calcinacci che cadono, infiltrazioni e aloni di muffa, sale chiuse, pavimenti che traballano e perfino un ponteggio montato un anno e mezzo fa sul quale non è mai salito neanche un operaio. Ecco come è ridotta oggi la più importante esposizione di storia naturale d’Italia, la Specola, il primo museo scientifico d’Europa aperto al pubblico. Visitatori — in leggero incremento (115.000 l’anno) — e personale (45 tra curatori, tecnici e amministrativi) qui non mancano, ciò che manca, invece, è una cospicua somma di denaro che possa permettere una ristrutturazione importante di Palazzo Torrigiani che Pietro Leopoldo di Lorena, nel 1775, trasformò in una gigantesca esposizione zoologica. Quasi tre milioni di campioni divisi in due collezioni distinte: quella con animali conservati tramite impagliatura e quella anatomica, con modelli risalenti al Settecento. Ma c’è anche il Salone degli Scheletri, aperto solo in particolari orari, e dove spiccano le ricostruzioni di un elefante e di una megattera. Camminando nei lunghi corridoi e nelle sale della Specola sembra che il tempo si sia fermato a prima della rivoluzione dell’Internet 2.0, con gli allestimenti un po’ datati, con la comunicazione che difetta e con l’interattività inesistente. Tre voci, queste, che dovrebbero essere i punti di forza di un’esposizione così importante: basta fare un giro al museo della Scienza di Londra o al museo nazionale di storia naturale di Francia, a Parigi, per capire come gli altri Paesi siano molto più avanti di noi.
Il viaggio nelle criticità del museo di storia naturale di Firenze inizia dall’ingresso, anonimo e senza alcun elemento di attrazione: poche informazioni, all’interno e all’esterno, rendono difficile l’orientamento, con il rischio di finire da tutt’altra parte. Per fortuna c’è una custode che fornisce tutte le indicazioni necessarie: «Il percorso museale parte dal secondo piano, dove c’è anche il guardaroba e i biglietti. Al primo piano, invece, ci sono la sezione di mineralogia e gli uffici dei dipendenti». E allora, dopo aver affrontato lo scalone monumentale, eccoci davanti alla biglietteria e a quello che viene definito il bookshop: ad accogliere i visitatori c’è un piccolo diorama, realizzato negli anni Sessanta, dedicato alle colline fiorentine. Superate le sale dei protozoi, dei molluschi, degli insetti e dei trofei di caccia regalati al museo dalla famiglia Savoia nel 1923, si arriva nella sala X, quella dei cetacei, degli ungulati, dei roditori e dei sirenidi. Ciò che attira l’attenzione immediatamente è la pelle di una zebra che sta venendo via mentre quella di alcune antilopi sembra si stia sbriciolando. «Su tutti i reperti abbiamo un programma di restauro con l’Opificio delle pietre dure — spiega il presidente del museo di via Romana, Guido Chelazzi, docente di ecologia alla facoltà di Scienze — ora stiamo intervenendo sulle principali criticità, come l’ippopotamo che abbiamo rimesso in sesto grazie a una donazione e la tigre, che abbiamo completamente sostituito».
Le sale sbarrate
Il percorso ci porta fino alla sala degli uccelli ma siamo costretti a fermarci perché un avviso avverte che l’esposizione è chiusa a causa degli ultimi eventi atmosferici che hanno creato seri problemi all’interno. «Quella sala ha la porta sbarrata da un anno e mezzo — continua Chelazzi — ci sono state infiltrazioni d’acqua attraverso una vetrata e in alcuni punti si è gonfiato il muro. Per una questione di sicurezza
abbiamo deciso di non farci entrare i visitatori». Chi è stato almeno una volta alla Specola sarà sicuramente rimasto sorpreso dalla mole di cere anatomiche esposte in più di dieci sale: modelli realizzati tra il Settecento e l’Ottocento che riproducono i diversi aspetti del corpo umano: dalla figura intera al particolare anatomico. Da settembre l’Università di Firenze ha deciso di chiudere le sale per problemi di stabilità e di renderle fruibili solo in alcune ore del giorno e a piccoli gruppi. «In questo caso abbiamo due problematiche: i pavimenti che vibrano e che mettono in pericolo cere e teche e il sovraffollamento, soprattutto quando ci sono le scolaresche, che in alcuni casi ha prodotto danni alle vetrine. Attualmente è chiusa anche la sala dedicata all’ostetricia per il restauro di tutte le opere». Per non parlare, poi, dell’impianto di condizionamento la cui assenza fa arrivare le temperature, in estate, anche a 40 gradi, mentre d’inverno, mancando anche il riscaldamento, tocca vestirsi a strati per non congelare.
Il muro abbandonato
«Ma ciò che ci preme affrontare velocemente è il muro che divide la Specola dalla Meridiana di Palazzo Pitti dove ci sono problemi strutturali», tanto che l’Università ha dovuto sistemare un lungo ponteggio di contenimento — circa cento metro di lunghezza per una ventina di altezza — per bloccare il distacco di calcinacci e pietre. Anche in questo caso la causa è da ricercare nelle infiltrazioni: e le macchie di muffa e le crepe visibili a occhio nudo e a distanza non promettono nulla di buono. I residenti di via Romana che hanno l’affaccio sull’interno lamentano che su quelle impalcature non si è mai visto un operaio al lavoro: «È vero — risponde il presidente Chelazzi — perché fino a oggi non avevamo il denaro per la ristrutturazione, circa 138.000 euro. Ma ora lo abbiamo e l’inizio del cantiere è imminente».
Il rilancio
E per tutto il resto? «Posso dire che tra 4 o 5 anni la Specola sarà un polo museale di livello europeo se non mondiale grazie ai 5 milioni di euro di fondi dell’Ue e al cofinanziamento dell’università che ci permetterà di dare il via a un grande progetto di riqualificazione della Specola».
Secondo Chelazzi il bando dovrebbe essere pubblicato nel primo trimestre del 2018: si partirà dall’ingresso al piano terreno per poi passare al primo piano. E in questi interventi sono comprese le sale delle cere, con il pavimento traballante, e quella degli uccelli. «Per tutto il resto stiamo cercando altri finanziamenti anche attraverso crowdfunding e donazioni — conclude il presidente — abbiamo deciso di eseguire una ristrutturazione a lotti così da assicurare sempre l’apertura del museo».
Punti critici Scarse informazioni all’ingresso, tanti animali impagliati in pessime condizioni Speranze «C’è un bando Ue che ci permetterà di dare il via a un grande restyling»