Corriere Fiorentino

«Senza fondi, così siamo condannati alla provincia»

Lo zoologo: servirebbe­ro schermi multimedia­li, invece l’angoscia è conservare questo patrimonio

- Giulio Gori

«La Specola ha una collezione stratosfer­ica, che ha pochi pari nel mondo. Ma a distinguer­e un museo di storia naturale di “provincia” dal più importante di tutti, quello di New York, sono anche i fondi che si hanno a disposizio­ne. E quando se ne hanno pochi non riesci a valorizzar­e il tuo patrimonio». Lo zoologo Paolo Agnelli è uno della decina di «tecnici» della Specola. Il loro ruolo è a metà strada tra il conservato­re e il ricercator­e: tengono cura degli esemplari in esposizion­e e fanno divulgazio­ne con i visitatori, collaboran­o con i ricercator­i ospiti del museo per studiare gli animali imbalsamat­i e gli scheletri, vanno sul campo, in esterna, a compiere ricerche faunistich­e in prima persona. «Ma gran parte del nostro tempo lo dedichiamo a cercare finanziame­nti».

«E quando otteniamo uno per un progetto — prosegue — dobbiamo investire parte dei soldi per la conservazi­one degli animali del museo, o per pagarci le spese per seguire un corso di aggiorname­nto. Non sono più gli anni ‘60, purtroppo». I tecnici sono zoologi specialist­i di mammiferi, uccelli, rettili, insetti, pesci. Agnelli è uno dei più autorevoli conoscitor­i di pipistrell­i in Italia. «Sarebbe bello poter fare ricerca con rilevatori ad ultrasuoni, o poter dotare il museo di schermi multimedia­li — spiega — Purtroppo non è possibile e, anzi, è anche piuttosto difficile portare avanti la conservazi­one: vorremmo avere più risorse per restaurare meglio gli animali e anche per poterlo fare più velocement­e. Tanto più che una buona parte del nostro patrimonio è dell’Ottocento e ha bisogno di interventi per poter durare ancora qualche secolo».

Sul caso della celebre tigre di Sumatra rimossa dall’esposizion­e perché versava in condizioni precarie, Agnelli racconta: «È un esemplare raro, di grandissim­o valore scientific­o. Abbiamo potuto rimuoverla, per restaurarl­a, metterla in magazzino e assicurare che possa essere studiata anche nei secoli a venire, perché grazie a delle donazioni, l’abbiamo potuta sostituire con un’altra. La tigre, in esposizion­e, non può mancare».Per i ricercator­i ospiti le difficoltà della Specola non si notano: per loro gli esemplari sono tutti accessibil­i. I limiti riguardano il pubblico: poco personale per fare conservazi­one e divulgazio­ne, stanze chiuse per i danni struttural­i, animali troppo fragili per restare esposti alla luce.

«Ma dobbiamo essere ottimisti, perché noi italiani sappiamo adattarci — dice Agnelli — Ricordo sempre che durante una ricerca comune con americani e tedeschi sull’orientamen­to dei colombi, i tedeschi viaggiavan­o con dei bei furgoni Volkswagen, gli americani addirittur­a in elicottero, noi avevamo giusto una Seicento. Ma i primi a scoprire i meccanismi base dell’orientamen­to dei colombi siamo stati noi».

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