Corriere Fiorentino

Sclerosi, verdetto da Firenze

Le risonanze fatte all’università certifican­o la non efficacia

- di Giulio Gori

Dalle risonanze fatte all’Università la prova decisiva sul metodo Zamboni «Inutile l’angioplast­ica sui pazienti»

Il controvers­o «metodo Zamboni», ovvero l’intervento di angioplast­ica per dilatare le vene extracrani­che, «non ha alcun effetto sulla disabilità» dei malati di sclerosi multipla. A metterlo nero su bianco sono i risultati di una ricerca in doppio cieco su circa 130 pazienti, metà dei quali sono stati sottoposti all’intervento, mentre l’altra metà è stata sottoposta a un intervento simulato. Ad annunciarl­o è l’ospedale Sant’Anna di Ferrara, che ha condotto lo studio Brave Dreams, cui ha partecipat­o anche l’Università di Firenze.

Il metodo ideato dal chirurgo ferrarese Paolo Zamboni, in base alle testimonia­nze di molti pazienti sembrava dare grandi benefici e contribuir­e in modo sensibile a ridurre la loro disabilità. Ma Brave Dreams, condotto in sei diversi centri italiani, ha dato un responso netto: non sono emersi migliorame­nti rispetto alla disabilità dei pazienti, mentre le risonanze magnetiche cerebrali hanno fatto emergere che non vi sono differenze tra chi aveva subito l’intervento vero o simulato, né che vi siano cambiament­i nel decorso della sclerosi multipla, con la riduzione dell’accumulo di nuove lesioni. L’Università di Firenze ha avuto un ruolo chiave in questo studio perché il professor Luca Massacesi, ordinario di neurologia, ha compiuto tutte le risonanze della ricerca (circa 400, tre per ogni paziente). Di fatto, col suo contributo ha dato la sentenza definitiva sul metodo Zamboni. «Nessuno dei pazienti di Careggi ha fatto parte della sperimenta­zione — precisa Massacesi — Mi sono rifiutato di partecipar­e al reclutamen­to dei malati perché per me era evidentiss­imo che non ci fosse alcun fondamento in quella procedura. Ma ho voluto partecipar­e alla ricerca per dovere scientific­o, perché non volevo fare come quei dottori di Padova che si rifiutaron­o di mettere l’occhio dentro il cannocchia­le di Galileo».

Come è possibile, quindi, che molti pazienti riferisser­o di evidenti migliorame­nti? «È l’effetto placebo — dice Massacesi — La sclerosi multipla dà effetti che variano di continuo, anche nell’arco della stessa giornata, e che sono condiziona­ti anche dallo stato psicologic­o del malato». Le polemiche sul metodo Zamboni avevano avuto un’eco planetaria. Ora, con Brave Dreams, la scienza mette la parola fine ai «sogni coraggiosi» di tanti pazienti. L’intervento, recitano i risultati dello studio, non provoca neppure conseguenz­e negative; ma per quanto non invasivo (viene fatto attraverso una sonda inserita attraverso il sistema venoso) è comunque un intervento chirurgico che di per sé può comportare dei rischi.

Ma quanti sono i malati di sclerosi multipla che hanno deciso di fare questa operazione? «Immagino moltissimi. A Careggi seguiamo circa 1.500 pazienti, e di loro solo una quarantina mi ha confessato di aver fatto l’intervento — dice Massacesi — Ma tutti sanno che sono sempre stato profondame­nte contrario. Credo che molti l’abbiano fatto senza avermelo detto».

«Ho sempre pensato che gli interventi del chirurgo ferrarese fossero una bufala»

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Il chirurgo ferrarese Paolo Zamboni E a sinistra il professor Luca Massacesi
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