Da Cagliari a Firenze per curare il figlio «I miei sei mesi al Meyer Senza Paolo e Barbara avrei dovuto vendere tutto»
«Ero uscita con la mia borsa per accompagnare mio figlio Marco ad una semplice visita oculistica a Sassari, dove viviamo, perché stava male, altri medici non capivano il motivo e volli consultare uno specialista» .... Era il 19 giugno 2014 e, poco dopo, Cinzia si ritrova col figlioletto su un aereo dell’aeronautica militare che li porta d’urgenza al Meyer.
Cosa era successo, mamma Cinzia?
«Una diagnosi terrificante: edema cerebrale acuto. Solo a Firenze potevano salvare la vita e la vista di mio figlio. Il professor Lorenzo Genitori intervenne di notte». E lei sola... «Avevo solo la mia borsa. Il Meyer offrì subito assistenza anche a me: si presentarono anche Paolo e Barbara Bacciotti, che mi spiegarono che sarei stata ospitata in una delle case della Fondazione Tommasino, vicino all’ospedale. “Quanto costa?”, chiesi io. Loro mi guardarono stupiti e risposero: “Assolutamente niente”».
Quanto tempo è stata al Meyer ad assistere suo figlio?
«Sei mesi. Noi siamo una famiglia che va a lavorare per il pane di tutti i giorni, senza lussi. E se Tommasino non mi avesse aiutata sarei stata costretta a vendere la mia casa in Sardegna: invece ho potuto curare mio figlio e stargli accan- to, senza dove pagare nemmeno le bollette di acqua e luce. Ero disperata: Paolo e Barbara li considero i secondi genitori di mio figlio, ci hanno aiutati con grandissima discrezione». Oggi Marco come sta? «Ha 16 anni, è in terza liceo scientifico e fa la vita normale di un ragazzino della sua età. Devo tutto al Meyer e alla Fondazione Tommasino, che durante i cicli di radio e chemioterapia mi ha consentito di stare sempre accanto al mio piccolo, che oggi è grande».