Ex Lucchini, il ministro mette alla porta Rebrab
Calenda: nessun passo, via alla risoluzione del contratto
L’era algerina per le ex acciaierie Lucchini sembra ormai, davvero, definitivamente tramontata. Il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ieri ha dato il benservito a Issad Rebrab.
L’era algerina per le ex acciaierie Lucchini sembra ormai, davvero, tramontata: la parola fine l’ha messa il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, «stanco di essere preso in giro». Dopo la lettera di inadempienza del commissario straordinario Piero Nardi, che aveva dato il via al procedimento, infatti, ora anche il ministro dà il benservito a Issad Rebrab, giacché «nessun progresso è stato fattivamente compiuto» riguardo al piano industriale e agli accordi di giugno compresi nell’addendum, che prorogavano alcune scadenze all’imprenditore algerino. «Il ministro Calenda ha invitato l’amministrazione straordinaria a dare avvio alle procedure legali per la risoluzione del contratto con Aferpi-Cevital», si legge in una nota diffusa in serata dal ministero, pronto ad arrivare a un contenzioso di fronte al tribunale di Livorno contro il patron Cevital.
Nell’incontro di ieri a Roma, dunque, Rebrab non è riuscito a convincere Calenda della solidità del partner cinese paventato di fronte all’assemblea dei soci Aferpi, riunita la settimana scorsa. Gli accordi dell’addendum firmato il 30 giugno, del resto, mettevano l’algerino di fronte a scadenze precise: ripresa dell’attività siderurgica entro la fine di agosto ( e invece qualcosa si è mosso solo nella seconda metà di settembre con i treni di laminazione) e accordo con un partner da far entrare nel piano industriale. Riguardo a quest’ultimo punto, Rebrab ha annunciato nelle ultime settimane di aver trovato un contatto con dei gruppi provenienti dall’Asia, ma né Nardi né Calenda credono nella validità di questo progetto.
Anche ieri, insomma, è mancata «la presentazione di un valido piano industriale nel termine previsto dall’addendum», continua la nota del ministero. Ecco allora che con ogni probabilità il prossimo round sarà disputato nel tribunale di Livorno, dove andrà in scena un contenzioso legale per la risoluzione del contratto Aferpi sulla base della lettera di inadempienza di Nardi e di una richiesta espressa al giudice. Una partita delicata anche questa, perché c’è il timore che un procedimento simile, attraversando tutti e tre i gradi di giudizio, possa durare molto tempo, mettendo in ulteriore difficoltà i lavoratori delle acciaierie piombinesi già alle prese con gli ammortizzatori sociali e una produzione che non riparte.
Una prospettiva che i sindacati sperano di evitare, benché siano stati i primi a chiedere che Rebrab fosse messo da parte. Lo hanno chiesto anche ieri prima dell’incontro al ministero, facendo recapitare attraverso una delegazione una dura lettera al ministro Calenda, e fischiando poi anche Rebrab e l’ad Cevital Said Benikene all’uscita dall’incontro.
«La nuova, ennesima versione di un piano industriale senza soldi e la nuova richiesta di fiducia ad un territorio che lui ha devastato — si legge nella lettera — fanno sì che questa Rsu le chieda di mettere fine a questa grottesca vicenda dettata da un imprenditore dello zucchero che da grande voleva fare il siderurgico e che si è rivelato uno speculatore finanziario». Parole dirette, per «chiudere definitivamente l’era Cevital», hanno scritto i sindacati. E Calenda li ha accontentati.