«Sui rifiuti della costa nessun regalo ai privati»
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Caro direttore, le scrivo in merito a quanto scritto dal sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, e da voi pubblicato il 17 novembre sulla situazione che si è venuta a creare intorno al percorso di attivazione di RetiAmbiente e alla presunta necessità di un socio privato. Solo poche ma doverose domande ed è partita la riflessione condivisa, inizialmente, da un gruppo di 17 sindaci Pd. Nessuna questione politica: l’argomento è amministrativo e non ammette posizioni prese nel chiuso di una segreteria. Contrarietà al privato? Nemmeno per sogno; ma nemmeno un favore che oggi non sta nei numeri, gli unici che avrebbero potuto giustificarlo. Noi non siamo per il ritorno alle municipalizzate (in Versilia hanno lasciato un inceneritore marcio e 21 milioni di euro di debiti). Ma la decisione presa nel 2011, e mai attuata, è vecchia e anacronistica: in 6 anni la differenziata è passata da poco meno del 30% a oltre il 50%; è arrivata la normativa sull’economia circolare; la cittadinanza collabora e sempre meno comuni restano fuori dalla strategia «Rifiuti Zero». Sei anni sono un’era geologica per la politica e per il mercato. Nel 2011, di fronte a una società che stentava a decollare e a un piano di investimenti da oltre 220 milioni di euro, si pensò a una privatizzazione del 45% del capitale (di una holding: che vale meno di una società operativa… un bel regalo al privato!) per trovare risorse e affidabilità finanziaria: una privatizzazione formalmente solo del capitale, ma sostanzialmente della società intera, posto che il 45% sarebbe stato di un solo soggetto e il 55% sarebbe stato diviso fra ben 101 Comuni. Sorvoliamo sulle bozze di patti parasociali e statuto «privatizzato» circolate (che danno immensi poteri alla componente privata): in quel quadro al privato basterebbe mettersi d’accordo, ad esempio, col Comune di Pisa (che oggi ha il 23,64% e che, dopo la privatizzazione, avrebbe poco più del 10%) per fare quel che vuole. Insomma, la privatizzazione è una scelta politica (vecchia) e non un obbligo di legge, tant’è che nell’Ato Toscana Centro con Alia è tutto pubblico. E poi, oggi non servono più 220 milioni ma poco più di un terzo. Dunque, cui prodest? Io, piddino e renziano della prima ora, non faccio parte del «comitato del No»: ciò che ha sorpreso i sindaci di Pisa e di Pontedera o il consigliere regionale Mazzeo è che noi siamo andati oltre e abbiamo proposto un’alternativa, su cui tanti convergono. Approvare lo statuto di RetiAmbiente tutta pubblica; costituire gli organi di indirizzo, gestione, controllo e sorveglianza; fare le fusioni per incorporazione delle aziende; fare il piano industriale e, al suo interno, quello aggiornato degli investimenti; cercare finanziamenti e contributi statali e regionali; se il privato serve, lo decideremo in fondo a questo percorso (con azioni che varranno molto più di oggi). Va detta la verità: privatizzare non fa calare le tariffe e non è né obbligatorio né, per ora, inevitabile. Serve un servizio di qualità e mirato a fare dei rifiuti una risorsa, senza regalare i gioielli «pubblici» di famiglia.