Inzaghi pare Sven. Il sorpasso? In estate
Il mister è una rivelazione sulle orme di Eriksson. I viola erano alla pari, poi...
Lazio e Fiorentina fanno parte dell’altra borghesia del campionato italiano: hanno una grande storia alle spalle, tifosi appassionati, una discreta bacheca di trofei. Ma nel calcio moderno, in cui comandano i soldi, si fermano davanti all’ultimo ostacolo, il cosiddetto salto di qualità, una maledizione dell’anima. Così lo scudetto resta un miraggio e lottare per l’Europa, a lungo andare, può sembrare noioso.
La Fiorentina è fallita prima dei Della Valle, la Lazio è stata salvata con l’avvento di Lotito e regole fatte su misura (una transazione con l’Agenzia delle entrate per la rateizzazione dei debiti in 23 anni). Negli anni recenti la Viola ha avuto un rendimento medio forse superiore, la Biancoceleste però ha vinto e alla fine questo marca la differenza: due coppe Italia e due Supercoppe italiane. L’ultima, proprio lo scorso agosto con la Juve, ha permesso alla squadra di Simone Inzaghi di fare un salto di qualità. Difesa solida guidata da De Vrij, centrocampo dinamico ispirato dalla regia di Lucas Leiva che ha in fretta cancellato la rabbia per il tradimento di Biglia, attacco formidabile grazie alle prodezze di Ciro Immobile. Tanto che la Lazio è nel club delle cinque grandi che comandano il campionato e se lo giocano tra di loro.
La differenza, con la Fiorentina, è maturata proprio in estate. La squadra di Inzaghi è rimasta, più o meno, quella dello scorso campionato. La Fiorentina è ripartita daccapo, tagliando drasticamente il monte ingaggi e prendendo parecchi giovani. Il risultato, per adesso, non è un granché: prende troppi gol, si fa infilare quasi sempre quando perde palla, manca sul piano della personalità. Ingenua e leggera. La Lazio, prima di capitolare nel derby, veniva da 9 vittorie di fila tra campionato e coppa e ha perso solo due volte. Il bilancio è da applausi: 14 vittorie in 18 partite (deve recuperare quella con l’Udinese). La sorpresa è la qualità del suo allenatore, preso da Lotito per caso dopo aver stretto la mano e illuso Cesare Prandelli e aver corteggiato il Loco Bielsa. Simoncino è una rivelazione: il suo calcio pragmatico ricorda ai laziali quello di Sven Goran Eriksson, l’allenatore ai tempi del ciclo con Cragnotti. Epoche diverse, squadre simili: un solo attaccante centrale che fa gol e reparto da solo, centrocampisti bravi nell’inserimento e lesti sotto porta, una certa fisicità. Luis Alberto è il re degli assist. MilinkovicSavic, soffiato proprio alla Fiorentina, un giocatore capace di fare reparto da solo. E Immobile è il re dei bomber con 15 gol in campionato, 19 in stagione e si è perso solo nel doppio spareggio azzurro con la Svezia.
La Lazio sa fare la partita, ma anche adattarsi agli avversari, soprattutto sa sempre scegliere il tempo giusto per colpire. La Fiorentina dovrà coprire gli spazi, blindare le corsie esterne, cercare di tenere botta fisicamente, raddoppiare l’attenzione sulle palle inattive. E soprattutto tentare di colpire in contropiede. Una partita perfetta, feroce. Per niente facile…