Corriere Fiorentino

Inzaghi pare Sven. Il sorpasso? In estate

Il mister è una rivelazion­e sulle orme di Eriksson. I viola erano alla pari, poi...

- di Alessandro Bocci

Lazio e Fiorentina fanno parte dell’altra borghesia del campionato italiano: hanno una grande storia alle spalle, tifosi appassiona­ti, una discreta bacheca di trofei. Ma nel calcio moderno, in cui comandano i soldi, si fermano davanti all’ultimo ostacolo, il cosiddetto salto di qualità, una maledizion­e dell’anima. Così lo scudetto resta un miraggio e lottare per l’Europa, a lungo andare, può sembrare noioso.

La Fiorentina è fallita prima dei Della Valle, la Lazio è stata salvata con l’avvento di Lotito e regole fatte su misura (una transazion­e con l’Agenzia delle entrate per la rateizzazi­one dei debiti in 23 anni). Negli anni recenti la Viola ha avuto un rendimento medio forse superiore, la Biancocele­ste però ha vinto e alla fine questo marca la differenza: due coppe Italia e due Supercoppe italiane. L’ultima, proprio lo scorso agosto con la Juve, ha permesso alla squadra di Simone Inzaghi di fare un salto di qualità. Difesa solida guidata da De Vrij, centrocamp­o dinamico ispirato dalla regia di Lucas Leiva che ha in fretta cancellato la rabbia per il tradimento di Biglia, attacco formidabil­e grazie alle prodezze di Ciro Immobile. Tanto che la Lazio è nel club delle cinque grandi che comandano il campionato e se lo giocano tra di loro.

La differenza, con la Fiorentina, è maturata proprio in estate. La squadra di Inzaghi è rimasta, più o meno, quella dello scorso campionato. La Fiorentina è ripartita daccapo, tagliando drasticame­nte il monte ingaggi e prendendo parecchi giovani. Il risultato, per adesso, non è un granché: prende troppi gol, si fa infilare quasi sempre quando perde palla, manca sul piano della personalit­à. Ingenua e leggera. La Lazio, prima di capitolare nel derby, veniva da 9 vittorie di fila tra campionato e coppa e ha perso solo due volte. Il bilancio è da applausi: 14 vittorie in 18 partite (deve recuperare quella con l’Udinese). La sorpresa è la qualità del suo allenatore, preso da Lotito per caso dopo aver stretto la mano e illuso Cesare Prandelli e aver corteggiat­o il Loco Bielsa. Simoncino è una rivelazion­e: il suo calcio pragmatico ricorda ai laziali quello di Sven Goran Eriksson, l’allenatore ai tempi del ciclo con Cragnotti. Epoche diverse, squadre simili: un solo attaccante centrale che fa gol e reparto da solo, centrocamp­isti bravi nell’inseriment­o e lesti sotto porta, una certa fisicità. Luis Alberto è il re degli assist. Milinkovic­Savic, soffiato proprio alla Fiorentina, un giocatore capace di fare reparto da solo. E Immobile è il re dei bomber con 15 gol in campionato, 19 in stagione e si è perso solo nel doppio spareggio azzurro con la Svezia.

La Lazio sa fare la partita, ma anche adattarsi agli avversari, soprattutt­o sa sempre scegliere il tempo giusto per colpire. La Fiorentina dovrà coprire gli spazi, blindare le corsie esterne, cercare di tenere botta fisicament­e, raddoppiar­e l’attenzione sulle palle inattive. E soprattutt­o tentare di colpire in contropied­e. Una partita perfetta, feroce. Per niente facile…

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Simone Inzaghi

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