All’Inferno col violoncello
Naomi Berrill è irlandese ma vive a Firenze: la sua musica spazia dalla classica al jazz E Sabato nella sala della Fondazione Zeffirelli interpreta Billie Holiday, Nina Simone e Nick Drake
Nina Simone ha vissuto un suo personale inferno, nell’aprile del 1951 al conservatorio di Philadelphia: nonostante il suo spiazzante talento di pianista, il Curtis Institute la rifiutò perché aveva la pelle nera. L’inferno di Billie Holiday ha avuto tante facce: lo stupro quando aveva 10 anni, la discriminazione razziale, la cirrosi epatica, l’eroina. Quello di Nick Drake ha assunto la forma più tradizionale del tunnel buio senza fine della depressione e della morte per (forse) suicidio. «Quando ho visto l’Inferno disegnato da Franco Zeffirelli, quelle figure che ti vengono incontro, quasi addosso come un’onda musicale, che sembra ti insegua fin dentro l’anima — ricorda Naomi Berrill — ho pensato a tutti gli “inferni” di cui è lastricata la strada che ha segnato la storia della musica». Per questo la violoncellista ha scelto queste tre figure, il cantautore più sofferente della storia del Novecento, la jazzista più disperata, e una figura trasversale tra jazz, blues e musica classica, per dialogare in musica con quello che vedeva, interpretando alcune delle loro opere più celebri.
Musicista irlandese arrivata quasi per caso in Italia — «soprattutto per amore e anche un po’ per destino» — la giovane Naomi Berrill si è stabilita a Firenze quando ha scoperto «l’unica città che riusciva a non farmi venire nostalgia di casa, con atmosfere molto simili» racconta. Ha lasciato l’Irlanda da giovanissima per la Scozia, studiando al conservatorio di Glasgow. Poi al Fringe Festival di Edimburgo ha conosciuto un musicista italiano del quale si è innamorata, seguendolo fino a Milano. Ma è stata Firenze con la Scuola di Musica di Fiesole a farle conoscere un altro tipo di amore «per un luogo che riuscivo a chiamare casa». E qui è diventata una delle protagoniste, da anni, della scena musicale sia classica che jazz e anche oltre, iniziando a lavorare con la Scuola di Fiesole (dove si è perfezionata), Palazzo Strozzi, Virgilio Sieni, il maestro Giovanni Sollima, gli Uffizi. Oltre a suonare il violoncello, Naomi canta: irish folk, canzone d’autore, blues, jazz. Ed è a lei che il Centro per le Arti dello Spettacolo Franco Zeffirelli si è rivolto per inaugurare la sua seconda vita, quella musicale, dopo il museo. L’occasione è la maratona String City, la serie di 80 concerti in 50 luoghi d’arte della città in soli due giorni, sabato e domenica, realizzata da Tommaso Sacchi per Palazzo Vecchio.
Ma Naomi Berrill non ha scelto la Sala Musica dell’ex Tribunale per inaugurare «musicalmente» il museo Zeffirelli. Ha scelto la «Sala Inferno», il luogo più suggestivo di tutto l’ex Tribunale, dove gli storyboard creati dal maestro nel 1971 per il film mai compiuto sul viaggio di Dante (che avrebbe dovuto avere il volto di Dustin Hoffman) si sono trasformati in disegni animati dalle atmosfere gotiche e angoscianti, che lei «combatte» con melodie eteree e – paradossalmente – paradisiache.
Dell’Inferno di Dante non conosceva moltissimo finora «perché in Irlanda non ce lo fanno leggere» sorride. «Ma ho imparato ad amare le immagini che le terzine disegnano, un contesto perfetto per una performance musicale». Andava solo decisa la materia prima: «Se penso all’inferno lo immagino pieno di rumori fastidiosi, duri, percussivi. Per questo ho voluto cambiare registro come a rappresentarne il lato luminoso, scegliendo melodie che andassero in un’altra direzione, cercando ciò che di buono nasce dall’oscurità». Ha scelto tre artisti dall’animo tenebroso ma dalle melodie luminose, «tre musicisti che mi hanno sempre ispirato molto — racconta — tutti e tre per motivi diversi segnati da una vita difficile, ed è meraviglioso abbinare la loro musica all’esperienza visiva della Sala Inferno». Prendiamo a esempio Nina Simone: «Voleva essere pianista classica, e l’essere rifiutata al conservatorio per motivi razziali l’ha portata a usare questo suo dolore per dare fuoco e forza al suo percorso di artista». String City è un contesto di musica classica ma, prosegue «una delle cose che più amo fare è proprio incrociare gli stili per rinforzare l’idea che la bellezza di un’armonia prescinde dal genere in cui è incasellata: mi piace scorrere via da un chiaro di luna di Debussy a una canzone di Nina Simone a una pagina di folk irlandese come se fosse un unico fiume che viaggia verso il mare, per capire fin dove può arrivare il violoncello». Durante l’estate è stata protagonista della serie Uffizi Live, concerti e spettacoli tra le opere del museo da cui è nato il suo album di inediti To the Sky. Non è nuova dunque a esperimenti di «musica e arte visiva» abbinati. «È qualcosa che infonde grande forza al pubblico, si ha l’impressione di un viaggio mentale, in quel caso legato alla doppia figura madre-bambino, un senso di luminosa purezza, ora invece in un contesto più dark, scuro, melanconico. Sono esperienze simili ma atmosfere completamente diverse».
Il suo concerto si terrà a mezzogiorno. Un secondo appuntamento sarà domenica alle 18.30, questa volta nella Sala Musica, con l’Orchestra Sinfonica Siciliana su pagine di Mascagni, Cajkovskij, Mozart e Mendelssohn
Se penso ai dannati me li immagino assordati da rumori fastidiosi, duri, percussivi Per questo ho voluto cambiare registro come a evocare il lato luminoso, scegliendo melodie che andassero in un’altra direzione