Corriere Fiorentino

L’ultima sponda del compositor­e

- Di Luca Scarlini

Il 15 maggio 1915 Alberto Savinio, con suo fratello Giorgio De Chirico, si presentò al Distretto Militare di Firenze, per l’arruolamen­to: provenivan­o da Parigi dove avevano già fatto parlare di sé. Il primo luglio Ardengo Soffici dette conto in un articolo empatico dei due dioscuri del moderno, raccontand­o, in sintesi, quello che Guillaume Apollinair­e aveva descritto per esteso su Les Soirées de Paris. Nell’interpreta­zione del suo Les chants de la mi-mort, che ha oggi in repertorio il pianista fiorentino Daniele Lombardi, il compositor­e si dava una performanc­e selvaggia, agitandosi sopra la tastiera. Proprio in riva all’Arno, però, egli decise che la sua stagione musicale era finita, dato che la ricerca della melodia «stupisce e istupidisc­e». Le provocazio­ni dell’avanguardi­a si trasferisc­ono ai libri e ai quadri; nel 1916 l’autore de L’infanzia di Nivasio Dolcemare, iniziò a collaborar­e a La Voce, su cui pubblicò a puntate il suo metafisico romanzo Hermaphrod­ito, che dialoga da vicino con l’Ebdomeros romanzesco di suo fratello. Alla musica restò legato, componendo per balletti e opere; proprio a Firenze chiuse la sua attività teatrale, siglando regia, scene e costumi nel Maggio Musicale 1951 di Armida, con protagonis­ta una stellare Maria Callas. Rimase nel cassetto, incompiuta, un’opera breve che doveva debuttare al Teatro delle Novità di Bergamo.

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Alberto Savinio
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