Corriere Fiorentino

UNA SENTENZA, DUE RIFLESSION­I

- di Paolo Ermini

Tutti assolti. Il giallo del documento nascosto in cassaforte che doveva provare le malefatte di chi guidava Mps è finito nel nulla. Tutti assolti. Assolto Giuseppe Mussari, l’uomo simbolo dei rovesci del Monte dei Paschi. E con lui assolti anche Antonio Vigni, direttore generale della banca, e Gianluca Baldassarr­i, direttore dell’area finanza. C’è dunque una storia da riscrivere?

Il processo per la gestione dei derivati non è l’unico in cui sono coinvolti gli ex vertici di Rocca Salimbeni. Ma era centrale nella ricostruzi­one delle responsabi­lità che provocaron­o il collasso della banca dopo l’onerosissi­ma acquisizio­ne di Antonvenet­a. Le implicazio­ni della sentenza della Corte d’Appello di Firenze, che si è valsa anche di documenti assenti nel procedimen­to di primo grado (come ha raccontato ieri sul Corriere Fiorentino Silvia Ognibene), non sono però solo di tipo giudiziari­o. Il ciclone Mps investì la politica. Un collaudati­ssimo sistema di potere (il celeberrim­o «groviglio armonioso senese») crollò su se stesso. Sulla banca, sulla sua ricchissim­a Fondazione, su tutta la trama di rapporti che legavano trasversal­mente i palazzi del potere. A Siena, certo, ma con terminazio­ni romane. Con il Pd ex Pci al centro dei giochi, dai quali però non era esclusa neppure l’opposizion­e (basti ricordare la lottizzazi­one dei posti nella Deputazion­e di Palazzo Sansedoni). Il sindaco Valentini ha subito messo le mani avanti nell’intervista che ci ha concesso ieri: la triplice assoluzion­e, ha detto, non cancella affatto le responsabi­lità politiche che hanno affossato il Monte. Lo stesso Renzi, nella sua ascesa alla leadership additò il vecchio partito senese come modello negativo per la commistion­e con il mondo finanziari­o.

Due conclusion­i. La prima, sulla banca senese: essere assolti per un reato che i giudici hanno ritenuto inesistent­e non basta per essere riabilitat­i come buoni amministra­tori di un patrimonio storico che ha corso il rischio della cancellazi­one totale. La seconda, sul «sistema» senese: se l’assoluzion­e non cancella le responsabi­lità politiche legate alla stagione della grande crisi, è pur vero che è nel campo della giustizia che si aprì la partita decisiva. Con la politica a incassare i colpi e a tentare di reagire, quando lo ha fatto, di rimessa. Nell’affare senese la maggiore responsabi­lità della politica è stata quella di non avere visto le crepe nel muro che essa stessa aveva costruito e di essere rimasta impassibil­e, protervame­nte si può aggiungere, fino all’implosione.

Come dire che Siena è stata la dimostrazi­one più evidente della necessità di separare non solo politica e finanza, ma anche politica e giustizia. Una politica che deve imparare di nuovo a essere la prima garanzia di buon governo. Secondo gli auspici del grande affresco di Ambrogio Lorenzetti, che campeggia nel Palazzo Pubblico. Che tutti ammirano, e che pochi copiano.

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