Corriere Fiorentino

Viaggio negli hospice fiorentini «La legge sul fine vita è nata qui»

Nelle strutture per le cure palliative, avamposti dei diritti ora garantiti dal biotestame­nto

- Giulio Gori

«Noi della società italiana delle cure palliative siamo stati tra i fautori della legge sul fine vita i nostri hospice si può dire che siano stati l’avamposto in cui da anni si applicano molti dei diritti sanciti dal nuovo biotestame­nto», come il diritto a rifiutare l’intubazion­e e il diritto a ricevere cure palliative adeguate. A parlare è Carlo Tempestini, per anni direttore dell’hospice di San Giovanni di Dio. Il giorno dopo il sì alla legge sul fine vita siamo andati in due degli hospice fiorentini, dove si applicano le cure palliative ai malati terminali, per capire da qui cosa cambierà. Per chi è affetto da gravi malattie e per i familiari. «Con la nuova legge anche i pronto soccorso e i 118 devono avere gli strumenti e le conoscenze giuste per la terapia del dolore».

Chi ha conosciuto gli hospice di qualche decennio fa racconta di «gironi danteschi», fatti di grandi camerate senza alcuna intimità, di muri scrostati, di solitudine, di dolore. Ma oggi, nella corsia dove si va per morire, al terzo piano di un antico edificio restaurato su viale Pieraccini, le cose sono molto cambiate.

E l’hospice delle Oblate è uno degli avamposti che hanno anticipato la legge sul fine vita. Nelle dieci camere della struttura per le cure palliative ai pazienti viene assicurato di poter morire senza atroci sofferenze. Accuditi da una squadra di medici, infermieri, psicologi, fisioterap­isti. E dalle medicine che tolgono il dolore. Malati di cancro, di Sla, di altre patologie incurabili nell’hospice delle Oblate, così come in quelli di San Felice a Ema e di San Giovanni di Dio, hanno a disposizio­ne dieci stanze singole, nelle quali c’è un divano letto in cui può trovare posto un famigliare, in un arredament­o semplice ma domestico, con i mobili di legno e non di plastica, col bagno privato.

Qui si tratta la sofferenza e non la malattia. E chi non ha più speranza e prova dolore in modo insopporta­bile può ricorrere alla sedazione profonda. Una sorta di sonno che ti accompagna fino alla morte. Ad esempio, «per i malati di Sla che rifiutano l’intubazion­e — spiega Barbara Gonella, presidente fiorentino di Aisla (Associazio­ne Italiana Sla) — la sedazione profonda è fondamenta­le nel momento in cui sopraggiun­ge la crisi respirator­ia, per potersi spegnere senza la terribile esperienza della fame d’aria».

«Noi della società italiana delle cure palliative siamo stati tra i fautori della legge sul fine vita — dice il dottor Carlo Tempestini, per anni direttore dell’hospice di San Giovanni di Dio — i nostri hospice si può dire che siano stati l’avamposto in cui da anni si applicano molti dei diritti sanciti dal nuovo biotestame­nto», come il diritto a rifiutare l’intubazion­e e il diritto a ricevere cure palliative adeguate.

La nuova legge ha l’obiettivo di estendere questi diritti anche nei coni d’ombra del sistema. Che possono aprirsi in alcuni casi in ambito domestico. Gli hospice sono dotati anche di un servizio a domicilio per permettere al malato di ricevere nel letto di casa tutte le cure garantite in corsia. Di solito, i palliativi­sti fanno formazione al cosiddetto «care giver» (ovvero dispensato­re di cure), un famigliare che viene dotato di una speciale valigetta rossa con le terapie del caso e un servizio telefonico di consulenza attivo 24 ore su 24.

Le terapie sono semplici punture sottocutan­ee. E, in caso di necessità, la sedazione profonda può così essere anche fatta in casa da un congiunto. Ma ci sono pazienti che trovano resistenze in casa: o perché il famigliare ha paura a usare una siringa, o perché può essere scettico sull’uso delle cure palliative. «In questo caso spesso consigliam­o al paziente il ricovero in hospice, in modo che il rispetto delle sue volontà sia garantito», dice Tempestini.

In altri casi, ci sono famiglie che, se lo possono permettere, si accordano con infermieri affinché siano disponibil­i in caso di necessità anche nelle ore notturne, quelle in cui i team di palliativi­sti forniscono assistenza telefonica ma non domiciliar­e. L’altra possibilit­à è chiamare il pronto soccorso. «C’è un accordo tra noi e i 118 per la segnalazio­ne dei pazienti che non vogliono accaniment­o terapeutic­o — continua Tempestini — d’altro canto, senza una legge esisteva comunque il rischio che un medico potesse agire senza rispettare le volontà del malato».

«Con la nuova legge dovremo fornire i 118 e i pronto soccorso dei mezzi e delle conoscenze necessari per applicare le cure palliative», spiega la senatrice di Liberi e Uguali, Alessia Petraglia. Esattament­e il punto critico sollevato da Michele Gesualdi nella sua lettera con cui chiedeva al Parlamento di accelerare l’approvazio­ne della legge, quando rac-

Obiettivi Dopo il sì del Parlamento anche i pronto soccorso e i 118 devono avere gli strumenti e le conoscenze giuste per la terapia del dolore

contava delle paure che un malato di Sla ha di una possibile crisi notturna. «Più che una legge che sancisse dei principi che già esistevano, era meglio pensare a rafforzare gli strumenti che consentono l’esercizio effettivo di questi diritti — sottolinea Barbara Gonella — stiamo parlando per lo più di diritti già riconosciu­ti: ad esempio, tre giorni fa a Sesto fiorentino è morta una signora malata di Sla, nostra assistita: ha rinunciato alla tracheotom­ia ed è stata la figlia, con la sua valigetta rossa, a provvedere alla sedazione».

Petraglia, fiorentina d’adozione ma originaria di Eboli, in provincia di Salerno, la vede diversamen­te: «È vero che in Toscana abbiamo molto da migliorare. Ma dobbiamo tener presente che siamo un’isola felice. La legge è tanto più necessaria perché ci sono regioni, come la Campania per esempio, in cui se dici cure palliative molti non sanno neppure di cosa si parli».

Oggi non pochi malati terminali, con sintomi «refrattari» (cioè con dolori persistent­i e non trattabili), e con situazioni domestiche complesse, scelgono così di essere ospitati in una delle trenta stanze degli hospice fiorentini per accedere alla sedazione profonda. Tutto il contrario dell’eutanasia, secondo il dottor Tempestini: «Ho avuto pazienti — conclude — che sono rimasti sedati anche per più di tre mesi. Tanto più che la procedura è reversibil­e. Semmai è curare a tutti i costi che a volte può abbreviare la vita, come ricorrere alla chemiotera­pia quando ormai il tumore è incurabile». Non a caso, l’articolo 2 della nuova legge sancisce che il medico «deve astenersi da ogni ostinazion­e irragionev­ole nella somministr­azione delle cure».

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Le lacrime al Senato Emma Bonino e Mina Welby giovedì in Senato al momento dell’approvazio­ne della legge sul fine vita, per la quale si sono battute per anni insieme con l’associazio­ne Luca Coscioni
 ??  ?? Carlo Tempestini ex direttore hospice
Carlo Tempestini ex direttore hospice
 ??  ?? Barbara Gonella presidente Aisla Firenze
Barbara Gonella presidente Aisla Firenze
 ??  ?? Alessia Petraglia senatrice Liberi e Uguali
Alessia Petraglia senatrice Liberi e Uguali
 ??  ?? Una stanza dell’hospice delle Oblate
Una stanza dell’hospice delle Oblate
 ??  ?? Il corridoio dell’hospice delle Oblate in viale Pieraccini
Il corridoio dell’hospice delle Oblate in viale Pieraccini

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