Sanremo, il nostro Baglioni
All’Ariston il cantautore fiorentino con la canzone salva-congiuntivo: «Ma non sono un professorino»
La lezione è servita con ampia scelta verbale: la cattedra è la più universale che si possa chiedere, il palco di Sanremo. La scolaresca avrà addirittura cifre a nove zeri: tutta l’Italia davanti al televisore. L’argomento è ostico ma popolare: il congiuntivo e chi lo sbaglia. Il professore ha la c aspirata, e i panni in Arno non ha bisogno di sciacquarli: Lorenzo Baglioni non è solo uno dei più vividi fenomeni del web del momento, è anche il rappresentante di Firenze e la Toscana al Festival di Sanremo, sezione giovani, il prossimo febbraio, con la canzone già virale Il congiuntivo. Che più che una canzone è proprio una lezione, come quelle di una vera maestra elementare, su come si declina, come si usa e perché il noto e maltrattato modo verbale, messa in versi e con una melodia ironica e giocosa.
Ma Lorenzo non ci sta a vestire quei seriosi panni: «Non voglio fare il professorino che spiega a tutti come si parla, sono uno che scherza, il primo che considera il congiuntivo tanto bello quanto difficile da imparare, e che ci fa dannare a tutti». Lui ci scherza su ma l’occasione è ghiotta. È Sanremo. E se l’è guadagnata col sudore della fronte con le sele- zioni di «Sarà Sanremo». Occasione per farsi un nome anche lontano da Firenze ma anche perché «il contesto, l’Ariston, in qualche modo “istituzionalizza” questa canzone-lezione: è una figata meravigliosa e mi rende doppiamente felice». Come il fatto che «mi stiano arrivando video di classi di bambini che la cantano strofa per strofa».
Ecco dunque quello che, tra il serio e il faceto, si può considerare «l’obiettivo massimo: riuscire ad abbassare la soglia di errore». Il primo a riuscirci è stato Baglioni medesimo: «Io stesso ora che canto il congiuntivo ci faccio molto più caso di prima agli errori. Non so se con questa canzone si può imparare qualcosa, ma ti ci fa sicuramente riflettere, ti ricorda che esiste il problema».
Tra i primi fan dello stornellatore fiorentino c’è anche l’Accademia della Crusca. Che ha applaudito all’iniziativa. Lorenzo Coveri, accademico cruscante appassionato di analisi linguistica delle canzoni, spiega: «Ho visto Lorenzo in tv, lo seguo, mi sembra un gran furbacchione, in senso buono, e mi ricorda moltissimo Gabbani per la sua giocosità». Coveri è sicuro: «Portare una lezione di grammatica a Sanremo dopo tante canzoni sgrammaticate... era ora! Ne ho sentita una anche a ‘Sarà Sanremo’ di sgrammaticature, Carol Beria che usava il “te” al posto di “tu”». Idea approvata con bollo della Crusca, dunque. Ma fino a un certo punto: «L’unica critica che mi sento di avanzare è che forse Lorenzo fa un po’ troppo il furbacchione nello sfruttare una trovata come la retorica sul congiuntivo sbagliato per fare successo. Gli altri concorrenti vengono giudicati per il testo e la musica, lui per una trovata, che secondo me rischia di diventare manieristica. E temo che non porterà a una diminuzione degli errori come canta lui stesso nel verso “e ora che lo sai anche tu non lo sbagli più”, non è certo grazie a una canzone che le persone imparano l’italiano». E alla fine il congiuntivo «non è poi così vero che sia moribondo e bistrattato».
Il cantante Però non voglio fare il professorino, amo scherzare e ora anche io faccio meno errori
Coveri (Crusca) Finalmente un brano sulla grammatica, ma la trovata rischia di diventare manieristica