La stagione del riaffaccio (e degli elogi ai nani)
È tutto un riaffacciarsi, in questa campagna elettorale. Si riaffaccia Franco Turigliatto, ve lo ricordate?, che nel 2008 da senatore ex Prc contribuì a far cadere il governo Prodi. Ora è in Sinistra Anticapitalista, ha provato ad avvicinarsi al duo Montanari & Falcone prima che l’assemblea del Brancaccio terminasse fra gli scazzi di chi voleva allearsi con Bersani e D’Alema e chi invece, da purista, rifiuta chi s’è compromesso con quei puzzoni dei liberisti. Si riaffaccia Antonio Di Pietro, che dice di voler tornare in Parlamento, anche se non si sa ancora chi potrebbe essere disposto a candidarlo. Si riaffaccia Clemente Mastella, che proprio ieri ha rilanciato l’Udeur insieme a Paolo Cirino Pomicino e Lorenzo Cesa. Si riaffaccia Antonio Ingroia che sprezzo del senso del ridicolo ha fondato con Giulietto Chiesa «La lista del popolo - la mossa del cavallo». Manca soltanto che Diego Fusaro e Giuseppe Povia, ormai ticket rodato in giro per l’Italia, fondino un partito di turbocomplottisti.
Doveva essere il trionfo dei partiti a vocazione maggioritaria, dell’autosufficienza di governo, della vittoria chiara fin dalla sera stessa del voto, e invece no: la voragine aperta dalla sconfitta al referendum costituzionale e le scelte dei partiti, Pd in testa, che dà il nome alla legge elettorale, consegna ai partitini e alle liste personali un ruolo di primo piano alle prossime elezioni politiche. La legge Rosato-Fiano prevede infatti la soglia di sbarramento al 3 per cento per le singole liste e al 10 per cento per le coalizioni a livello nazionale, sia alla Camera sia al Senato. Le coalizioni sono in teoria facili da costruire (si fa per dire: gli alleati devi comunque trovarli) perché basta una «dichiarazione di apparentamento», quindi niente programma comune. I voti delle liste collegate che non raggiungono il 3 per cento, ma superano l’1, vanno assegnati alla coalizione. E i voti servono tutti: per questo Matteo Renzi e Silvio Berlusconi da settimane cercano mini-alleati da aggiungere alla coalizione. Come la «lista ulivista» Insieme, che però di Ulivo ha ben poco visto che dentro ci potrebbe essere soltanto Giulio Santagata. A formarla sono Angelo Bonelli, segretario dei Verdi, qualche ex Sel e il toscano Riccardo Nencini, segretario del Psi. Il simbolo è un bel fritto misto, con le effigi del Psi, dei Verdi e di Area Civica. Campeggia un ramoscello d’ulivo, in omaggio ai tempi che furono. «Il simbolo — dice Nencini — richiama alle vittorie del 1996 e del 2006. Vogliamo ripetere quei successi. Noi saremo come il Pordenone calcio che ha costretto la capolista Inter ai rigori. Da gennaio faremo le primarie delle idee. Le nostre porte e finestre sono spalancate». Resta da capire se entreranno solo spifferi o anche qualche voto. Poi c’è +Europa, la lista formata dai Radicali di Emma Bonino e Forza Europa di Benedetto Della Vedova, anche questa in sostegno del Pd. Per non dimenticarsi della lista centrista che dovrebbe essere costituita da Beatrice Lorenzin e da Pierferdinando Casini. I partitini e le liste centriste abbondano e anche Berlusconi sta costruendo la sua «quarta gamba» (coordinata forse dall’ex ministro Enrico Costa) con Idea (Gaetano Quagliariello), Scelta Civica (Enrico Zanetti), Fare! (Flavio Tosi), Cantiere Popolare (Saverio Romano), Direzione Italia (Raffaele Fitto), Pli (Stefano de Luca). La separazione consensuale di Alternativa Popolare, con Angelino Alfano a casa (per ora), Lorenzin con il Pd e Maurizio Lupi che torna con Berlusconi ha creato altri sommovimenti e transumanze. «Senza di noi — dice Mastella — il centrodestra non va da nessuna parte, non arriverà al 40% e senza non si governa. È chiaro che questa legge elettorale favorisca i vari Mastella e noi dobbiamo mettere insieme le varie isole democristiane facendole diventare un arcipelago». Quanti voti abbia questo esercito di liste non si sa, di sicuro i generali abbondano e sono tutti alla ricerca dell’un per cento (il tre, per qualcuno, pare proprio lontano). Alla fine però proprio i Nencini e i Lupi potrebbero essere determinanti per far vincere centrosinistra o centrodestra. A Renzi e Berlusconi, dopo essersi divertiti molto a giocare con i sistemi maggioritari, non resterà che fare l’elogio dei nani: la nemesi degli uomini soli al comando.
Alla fine i Nencini e i Lupi potrebbero essere determinanti A Renzi e Berlusconi, dopo aver giocato molto con i sistemi maggioritari, non resterà che fare l’elogio dei nani Una nemesi