Ripartire dalla moderazione (il centrodestra e il senatore)
Tre no: all’ideologismo di maniera, all’estremismo, al populismo leghista
Nel momento in cui, stando alle elezioni comunali degli ultimi tre anni, la Toscana rossa si sta «smacchiando», la lezione politica di Altero Matteoli si impone, ad un centrodestra sempre più competitivo, come un’eredità lungimirante e attuale. Un dato, per cominciare: 40,05. E’ il risultato elettorale conseguito alle regionali del 2000 da Matteoli nella sfida contro Claudio Martini, candidato del centrosinistra, che ottenne il 49,3 per cento. Solo nove punti percentuali divise il centrodestra dal centrosinistra: né prima e né dopo il centrodestra è stato capace di raggiungere quel risultato. Riusciva a vincere in Italia main Toscana perdeva regolarmente. Si pensi che nel 2005 il candidato a governatore del centrodestra prese solo il 32,8 per cento, nel 2010 il 34 e nel 2015 Lega nord e Forza Italia non sono riuscite a mettere insieme il 30 per cento.
Le ragioni del successo dell’ex ministro, una sorta di promemoria e di lezione per il centrodestra? In primo luogo il rapporto di Matteoli con i territori e la concezione della politica come militanza dal basso per cui la gente la conosceva, non virtualmente, ma in carne ossa. Cresciuto nelle sezioni missine e nei territori toscani, Matteoli era un politico tipico della prima Repubblica. La sua grammatica politica era fondata sui partiti, i comuni e i campanili. Consigliere provinciale e comunale (per quattro volte ) a Livorno e poi persino a Castelnuovo Garfagnana e infine sindaco di Orbetello e nel frattempo più volte deputato e senatore. Roma e i piani alti della politica non fecero dimenticare a Matteoli le sue radici costiere, le sue piazze e i ritrovi, a Cecina come a Livorno. È lì che Matteoli si è fatto le ossa politiche e ha imparato a conoscere
«Competitivi» Lui diceva: la Toscana non l’abbiamo capita, loro vincono grazie ai rapporti sociali creati
le vere ragioni della forza della sinistra in Toscana. Ci confidò una volta: «Noi di centrodestra non abbiamo capito nulla in Toscana. Si continua ad accusare la sinistra di malgoverno ma poi alle elezioni vincono loro. E la ragione è semplice: al contrario di noi la sinistra vince perché ha creato rapporti sociali che noi non abbiamo».
Il rapporto con i militanti e i cittadini lo ha portato a rifiutare l’ideologismo di maniera, l’estremismo politico della destra e il populismo leghista. Era un moderato e la sua natura politica lo rendeva più doroteo che postfascista, mediatore più che uomo di azione. Così quando in Toscana, dal 2000 al 2003, ci fu uno scontro durissimo tra il secondo governo Berlusconi e la Toscana di Martini e tutte le opere pubbliche, a cominciare dalla Tirrenica , si bloccarono, fu Matteoli, allora ministro dell’Ambiente, a superare il muro contro muro. Spiegò: «La priorità è quella di trovare un’intesa con la Regione Toscana proprio sulle priorità. So bene che ci sono dei meccanismi che consentono ad un Governo di procedere anche in assenza del parere positivo delle Regioni, ma i ritardi e le polemiche sarebbero dannosi. Siccome sono diventato vecchio e una certa esperienza me la sono fatta, so che per fare le opere in maniera spedita occorre il dialogo. E io per prima cosa mi metterò a sedere attorno ad un tavolo con il presidente della Regione Martini per capire le sue priorità e confrontarle con le mie».
Da lì nacque un rapporto di collaborazione istituzionale, soprattutto con l’allora assessore all’urbanistica Riccardo Conti. A tal punto che Matteoli da ex camerata fu ironicamente ribattezzato il “compagno” Altero. Certo la Toscana di oggi è molto diversa da quella in cui l’ex ministro diede l’assalto al fortino rosso. E i nuovi politici non crescono più nelle sezioni, ma sui social, e non fanno più in genere quella trafila che dal Comune porta a Montecitorio attraverso esperienze, prove, sfide. Da questo punto di vista Matteoli appartiene ad un mondo politico che non c’è più.
Ma la sua lezione di moderazione, di dialogo e di concretezza, il senso dei rapporti istituzionali, l’idea in definitiva che tutti i gruppi politici, nella diversità anche radicale delle posizioni, fanno parte di una medesima comunità, rendono la proposta politica di Matteoli l’unica forse in grado di rendere il centrodestra competitivo anche in Toscana. Che non ha bisogno di sussulti estremisti ma di amministrazioni — a livello locale e regionale — concrete e affidabili.