L’ANTIFASCISMO RIDOTTO A MULTA
Chissà chi sarà stato il primo ispiratore del voto con cui il Consiglio comunale di Firenze ha deciso che qualunque associazione chieda spazi pubblici municipali per svolgere una propria attività (compreso un banchetto in una piazza) dovrà prima dichiararsi antifascista. Una sorta di autocertificazione di sana e robusta identità democratica.
La decisione ha suscitato molte perplessità. L’ex presidente della Consulta, Ugo De Siervo, ne ha perfino ipotizzato l’incostituzionalità: con la richiesta preventiva di adesione ai valori ispirati alla Resistenza, Palazzo Vecchio potrebbe avere intaccato il diritto alla libertà d’opinione di ogni cittadino. Un conto è violare pubblicamente la legge che impone la riorganizzazione e l’apologia del nazifascismo e un conto è imporre preventivamente una pregiudiziale ideologica (con una multa a carico di chi poi dovesse contraddirsi).
Vedremo se toccherà alla Corte costituzionale la parola decisiva. Nel frattempo però si possono fare un paio di riflessioni. È dal giorno in cui è entrata in vigore la Costituzione repubblicana, nel 1948, che ci si interroga sulla possibilità o meno di lasciare margini all’estrema destra. E la risposta è sempre stata condizionata dagli interessi politici: il Msi di Almirante, ad esempio, da una parte serviva a tenere incanalata alla luce del sole la frustrazione dei nostalgici di Mussolini, ma dall’altra attirava voti che, in assenza della Fiamma tricolore, sarebbero confluiti sulla Dc (e infatti Togliatti e i suoi successori si guardarono bene dal chiedere la messa al bando dei missini). A volte anche i principii diventano flessibili come i giunchi.
In secondo luogo Forza Nuova, CasaPound, Casaggí non sono gruppi germogliati all’improvviso nel panorama italiano. Ma finché si limitavano a fare qualche corteo di sabato sera suscitavano sopratutto indifferenza, tranne le proteste dei Collettivi. Sortite più o meno rituali che scatenavano soprattutto l’ira degli automobilisti bloccati nel traffico.
Il discorso è cambiato radicalmente da qualche tempo, da quando cioè l’estrema destra ha cominciato a investire massicciamente su tensioni e paure sociali. La mancanza di lavoro, l’impoverimento delle famiglie, il degrado delle periferie, il senso di insicurezza: è su questo fronte che CasaPound ha lanciato la sua sfida raccogliendo il 9% dei voti nelle recenti elezioni comunali di Lucca. E sono i banchetti della solidarietà, la distribuzione dei pacchi ai cittadini in difficoltà, le ripetizioni gratis ai bambini le prove di un impegno meno colorito e spettacolare, che però mira a radicare rapporti e consensi. Ma dovrebbe essere proprio questo il campo della sfida: la capacità di dare risposte, non premi di consolazione. Soprattutto da parte di una sinistra che continua a rivendicare il primato della rappresentanza popolare. Servono politiche incisive e credibili, non promesse e contravvenzioni per chi non osserva un regolamento. Come se il ritorno in forze dei neofascisti fosse assimilabile al mancato rispetto di un divieto di sosta.