Guerra nella Fondazione CariPrato Nuovo vertice congelato dai veti
Da sei mesi nomine bloccate per gli scontri tra Comune, Confindustria e Curia
L’attacco Il vescovo Agostinelli: serve un accordo, basta con i giochetti e i personalismi
È una guerra quella che si è aperta per la guida della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato. E conta già tre battaglie, quelle combattute — senza esito — negli ultimi sei mesi per nominare i nuovi vertici. L’ultima fumata nera è andata in scena martedì scorso, dopo che la presidente uscente Fabia Romagnoli aveva gettato la spugna rinunciando alla ricandidatura. Un gesto che però non è bastato a trovare l’accordo tra Comune, Confindustria e Curia, gli attori che esprimono la maggior parte dei membri dell’assemblea della Fondazione. A complicare le cose c’è un sistema di voto che prevede la nomina del consiglio d’indirizzo con almeno i due terzi dei voti dei soci, ma il nocciolo della questione è una sfida tra poteri. La Fondazione è una delle più piccole della Toscana con un patrimonio passato da 92 a 80 milioni di euro in seguito al crack della Banca popolare di Vicenza, distribuisce sul territorio poco più di un milione d’euro l’anno. Ma ciò che rappresenta in termini di prestigio è evidentemente più sostanzioso. Già dopo la seconda votazione l’uscente (e reggente) Romagnoli ha nominato una commissione di saggi per cercare la mediazione. Inutilmente. «Sto cercando di sondare il Ministero dell’Economia per cercare la possibilità di un cambio nel sistema nella votazione», spiega sconsolata. Ma non è l’unica al telefono con Roma: c’è anche il sindaco di Prato Matteo Biffoni che compone il prefisso 06 per contattare il Mef e comprendere quale sia la prossima mossa da fare. Biffoni non vuole rilasciare alcuna dichiarazione sul caso, ma il suo entourage lo descrive in preda ad un’irritazione inconsueta. Il suo oppositore Giorgio Silli (Forza Italia) lo incalza: «Menomale che il sindaco, chiamato in causa da me, disse che avrebbe risolto la questione. Forse — ironizza — qualcosa è andato storto». La Curia, o per meglio dire il mondo cattolico, è rappresentato dall’avvocato Mauro Giovannelli. O almeno così dice lui stesso. Perché il vescovo Franco Agostinelli, invece, marca bene la distanza: «Non ho dato mandato a nessuno di rappresentare la Chiesa», scandisce. E rispetto alla guerra interna alla Fondazione, Agostinelli dice: «Non sta a me indicare soluzioni ma è indispensabile trovare un punto di incontro: basta con i personalismi e i giochetti». Parole di fuoco, che restituiscono l’immagine di una città mai così divisa e nervosa.
L’avvocato Giovannelli è in contrasto diretto anche con gli imprenditori, che vorrebbero che a governare la Fondazione sia uno di loro. Andrea Cavicchi, chiamato come rappresentante di industriali e artigiani, non fa mistero di mal sopportare le candidature avanzate da Giovannelli: «Mi piacerebbe — dice senza volersi sbilanciare sui nomi — che non ci fossero conflitti d’interesse tra chi dirige la fondazione e gli enti a cui sono destinati i fondi. Non vorrei che rimanessero a combattere questa battaglia solo coloro che hanno interessi diretti».