«Stop renzismo arrogante Matteo torni alle origini»
De Siervo: Boschi? Non la amo, ma è vittima di un linciaggio
«Il caso Etruria? Spero che non sia la fine del renzismo, ma basta arroganza», dice il costituzionalista De Siervo.
«Guardi, sono poco interessato a dare giudizi politici, è Natale e invece c’è un clima indegno...». Ugo De Siervo accetta comunque di parlare della situazione politica, di banche, della Commissione d’inchiesta, del futuro di Matteo Renzi e del renzismo. Unica richiesta, quella di «guardare in alto e in avanti». De Siervo, costituzionalista, un tempo vicino a Renzi (di più lo sono stati i figli, Lucia e Luigi), è stato poi uno dei più autorevoli docenti universitari contrari alla riforma costituzionale voluta dal leader Pd e proposta dall’allora ministro Maria Elena Boschi.
De Siervo, ora però Boschi è nell’occhio del ciclone per i suoi colloqui, incontri, interessamenti sul futuro di Banca Etruria, quando vicepresidente era il padre Pier Luigi.
«Non sono entusiasta della sottosegretaria, ma allo stesso tempo mi pare scontato che un parlamentare si occupi di tutte le vicende del proprio collegio. Anche se è discutibile il rapporto familiare, mi pare un’attenzione esagerata e strumentale su Etruria: rappresentava
lo 0,5% del sistema bancario, si occupano di briciole e non della montagna».
La Commissione d’inchiesta sulle banche, però, è stata voluta fortemente da Renzi.
«Sono tutti un po’ malati di protagonismo e arroganza. Credono con una “bella pensata” di risolvere il problema».
Al posto di Renzi, lei l’avrebbe voluta, la Commissione?
«No: era già molto imprudente, in un clima di campagna elettorale permanente e continua. Adesso, poi, siamo
La critica del costituzionalista La Commissione parlamentare sulle banche è stata una mossa molto imprudente: è roba da neofiti della politica pensare che si possa chiarire in questo modo vicende del genere in campagna elettorale
proprio alle elezioni... I vari soggetti sembrano in po’ inconsapevoli o avventurosi». Non dice chi? Rimaniamo nel dubbio?
«È roba da neofiti della politica pensare che con una commissione di inchiesta si potesse chiarire una vicenda del genere, in piena campagna elettorale».
Lo scontro invece è diventato altissimo. Una delle critiche maggiori è che tutto si gioca in 40 chilometri, tra Rignano sull’Arno e Arezzo: è facile utilizzare formule come il «Giglio magico».
«Su Etruria, come su Mps, bisognerebbe indagare, analizzare i gruppi dirigenti non degli ultimi mesi o anni, ma degli ultimi 20 o 30 anni. La crisi delle banche non è nata nel terzo millennio: ad Arezzo, Siena, a Vicenza». La vicenda Etruria segna la fine del renzismo?
«Spero di no. Possiamo avere tutte le idee legittime su Renzi e sul renzismo. Che sia la fine di questo renzismo spero di sì, un renzismo uguale a se stesso. Ma spero non sia niente di definitivo su un
movimento che aveva dato speranza al paese, per un rinnovo, un ricambio generazionale: comunque la si pensi politicamente. Queste sono e restano le cose importanti. Magari fa rabbia che una speranza di questo genere vada frantumata, assieme ai cattivi interpreti della stagione». Maria Elena Boschi...
«Stop, mi astengo: si può non apprezzare lo stile della persona, un po’ arrogante, autoreferenziale. Ma bisogna anche dire che Boschi, che non mi pare ad oggi aver combinato guai inenarrabili, è sottoposta ad un linciaggio continuo e — per quanto ne sappiano — ingiusto. Parliamo invece del clima, orribile: se succede a lei questo, cosa potrebbe succedere ad altri, in questa campagna elettorale?». Pentito di aver votato no al referendum?
«Sono contentissimo: non oso immaginare cosa mai sarebbe successo di incredibilmente brutto con una Costituzione molto peggiorata dalla riforma bocciata: la politica arrogante sarebbe stata spinta
ulteriormente avanti. Ma adesso deve cambiare la politica, non le regole giuridiche, far crescere l’etica pubblica, i partiti funzionare meglio»
Invece che delle banche. in campagna elettorale di cosa si dovrebbe parlare?
«Della trasformazioni sociali in corso e dei bisogni dei deboli. Giovani, lavoratori marginali e immigrati: quei sette milioni di immigrati, entrati regolarmente, che lavorano, versano contributi, e continuano a non avere diritti della cittadinanza. Una cosa di una gravità assoluta. Abbiamo creato un enorme ghetto: in ogni città ci sono migliaia, decine di migliaia, di persone senza i diritti di tutti noi».
Quindi, invece di fare una Commissione d’inchiesta, lei sostiene che sarebbe stato meglio provare ad approvare lo Ius soli?
«Io dico che hanno messo il voto di fiducia su tante leggi, mentre i diritti di cittadinanza restano quelli dei primi anni del secolo scorso, quando il nostro era un Paese di emigranti, non di immigrati. Mi pare strano che nessuno si sia posto il problema che un terzo di bambini nelle scuole, nati qua e che parlano il nostro dialetto, non abbiano cittadinanza. Nessuno si meravigli se si formano in questi giovani dei risentimenti che sarà difficile assorbire».