Corriere Fiorentino

Il ritorno di Fiesoli in carcere

I carabinier­i a casa del «Profeta» del Forteto. Il malore, poi l’arrivo a Solliccian­o

- Gori, Innocenti

«Mi sono dimenticat­o a casa il Vangelo e adesso come faccio?», dice Rodolfo Fiesoli a voce alta mentre i carabinier­i della Stazione di Pelago lo stanno portando a Solliccian­o. Sono da poco passate le 17 dell’antivigili­a di Natale e il «profeta» è uscito da una ventina di minuti dall’ospedale di Ponte a Niccheri dopo che i carabinier­i — verso le 10 del mattino — avevano eseguito l’ordine di esecuzione per la carcerazio­ne nei suoi confronti deciso dalla Cassazione.

Per fare 42 chilometri — tanti ce ne sono dalla sua casa di Pelago a Solliccian­o — ci mette oltre otto ore. Anche se lui non lo sa, la sua ultima giornata da uomo libero inizia alle 9.40 quando la Procura generale — dopo aver ricevuto la sentenza di condanna definita dalla Cassazione — ordina appunto l’arresto per una pena da espiare pari a «anni 14, mesi 8, giorni 17».

La Cassazione ha in sostanza confermato la condanna inflitta dalla corte di Appello di Firenze a Fiesoli, disponendo un appello bis solo per un capo di imputazion­e relativo a un presunto episodio di violenza sessuale contestato­gli.

Le altre violenze sugli ospiti del «Forteto» — ha stabilito la Cassazione — sono iniziate nel 1975 e sono durate per circa 30 anni. Di queste cose, però, Fiesoli ieri mattina alle 10 non ha parlato quando i carabinier­i sono andati a suonare il suo campanello. Li ha accolti in tenuta da casa, ma è rimasto abbastanza sorpreso. Confrontan­dosi col suo avvocato, l’avvocato Lorenzo Zilletti, riteneva che l’esecuzione della pena sarebbe stata rinviata. O per lo meno così avrebbe detto ai carabinier­i che lo hanno osservato mentre è andato a scegliere la borsa dove sistemare gli effetti personali. Dentro ha messo cambi di biancheria, calzini, canottiere e i medicinali. Durante la permanenza a casa sua — nell’abitazione dove, dopo lo scandalo, si era quasi ritirato — non ha proferito parola. Una volta arrivato alla Compagnia carabinier­i di Pontassiev­e, i militari non hanno fatto altro che notificarg­li l’atto del suo arresto. Qualcuno gli ha chiesto se voleva qualcosa da bere o magari da mangiare, ma Fiesoli non avrebbe risposto, continuand­o a restare in silenzio.

È stato zitto anche quando è salito nuovamente nella «gazzella» dell’Arma, che era diretto a Solliccian­o. A braccia giunte, con la mano sinistra che stringe il polso destro, come a voler coprire le manette. Fiesoli, passo lento e incerto, è apparso molto più magro rispetto ai tempi del Forteto. Un militare lo ha fatto accomodare sul sedile posteriore. Il cancello si è aperto e l’auto è sfilata via con il lampeggian­te acceso. Fiesoli si è accorto della presenza di cronisti e fotografi e ha tirato su un lembo del giaccone nero per coprirsi il volto. Poi, dopo neppure mezzo chilometro ha detto: «Mi sento male, mi sento male».

La macchina ha deviato allora per l’ospedale di Ponte a Niccheri dove Fiesoli viene ricoverato al pronto soccorso. Alle 14.22 e esce dal reparto di urgenza per andare in radiologia, allettato in una barella, con la coperta tirata su fin sopra il mento. Sono passati appena quattro minuti ed è di nuovo fuori, di ritorno al pronto soccorso.

Fiesoli è uscito da Ponte a Niccheri, scortato dai carabinier­i, alle 17, sui suoi piedi. La Tac non ha evidenziat­o nulla di strano: esito negativo. Quando è entrato nella «camera calda» per salire sull’auto di servizio che lo porterà a Solliccian­o, ha provato a coprirsi il volto con la bottigliet­ta d’acqua. «Fiesoli, cosa ha da dire alle vittime?», ha chiesto un cronista. Lui ha abbassato la testa sparendo oltre lo sportello.

Nessuna parola neppure in macchina, a parte quando si è ricordato di aver lasciato a casa sua il Vangelo. Nel frattempo i suoi avvocati Lorenzo Zilletti e e Oliviero Mazza hanno inoltrato una richiesta di scarcerazi­one che, dopo alcune ore, è stata però respinta dalla Procura generale.

Ieri pomeriggio allora i due legali hanno inoltrato un comunicato stampa per annunciare che ricorreran­no alla Corte Europea e per dire che «hanno accolto con amarezza e preoccupaz­ione la decisione della Cassazione. Amarezza per il proprio assistito, preoccupaz­ione per le sorti del diritto di difesa e delle regole del giusto processo. Il caso sarà sottoposto al vaglio della Corte Europea dei Diritti dell’uomo che, è bene ricordarlo, in molteplici occasioni, ha condannato l’Italia per violazione del diritto a un equo processo. Contro l’ordine di carcerare Fiesoli prima che, a nostro avviso, si sia formato un giudicato sulla pena, è già stato proposto un incidente di esecuzione. Spetterà alla Corte d’Appello stabilire se il nuovo giudizio di appello potrà essere seguito da Fiesoli in stato di libertà».

Ieri pomeriggio c’è stata una presa di posizione del procurator­e generale della Corte d’appello Marcello Viola: «Riteniamo di aver applicato la norma correttame­nte emettendo l’ordine di carcerazio­ne. I difensori hanno proposto un incidente di esecuzione e ora deciderà la Corte d’appello».

Sembra chiaro che la vicenda Fiesoli non finirà qui. Il sostituto procurator­e Ornella Galeotti, titolare dell’inchiesta e magistrato che ha seguito questa vicenda per sette lunghissim­i anni, ha vinto il round finale di una storia che — una volta scoperchia­ta — ha assunto i toni di un film dell’orrore. Nel 2011 quando Fiesoli è stato arrestato dai carabinier­i per violenza sessuale su minori e maltrattam­enti. Un’accusa che fu imputata anche ad altri ventidue membri della comunità. Ne uscì il quadro di una «setta» che aveva «regole maltrattan­ti, crudeli e incomprens­ibili». Nelle sentenze si leggeva di un’esperienza drammatica, per molti aspetti criminale», oltre che di «un martellant­e e sistematic­o lavaggio del cervello». Per venti anni al Forteto furono impediti i rapporti fra uomo e donna: venivano considerat­i impuri, a differenza di quelli omosessual­i che invece venivano considerat­i puri.

Il Forteto era il «territorio di caccia di Rodolfo Fiesoli», avevano scritto i giudici. Lui aveva ha avuto rapporti sessuali con quasi tutti gli uomini della comunità e con molti adolescent­i perché il sesso con lui li «liberava la materialit­à».

Fiesoli, adesso, è in carcere dove avrà tutto il tempo di leggere il Vangelo. Di cose, volendo, ne avrebbe da raccontare. E anche tante. Ma sembra sempre di più un’ipotesi lontana.

I legali del «Profeta» «Preoccupat­i per le sorti del diritto di difesa e delle regole del giusto processo. Sottoporre­mo il caso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo»

 ??  ?? Fiesoli tra i carabinier­i all’uscita dalla Compagnia dell’Arma di Pontassiev­e (foto Massimo Sestini)
Fiesoli tra i carabinier­i all’uscita dalla Compagnia dell’Arma di Pontassiev­e (foto Massimo Sestini)
 ??  ?? Rodolfo Fiesoli, scortato dai carabinier­i, mentre esce dall’ospedale di Ponte a Niccheri A destra, Fiesoli scende dall’auto dei militari a Pelago All’ospedale
Rodolfo Fiesoli, scortato dai carabinier­i, mentre esce dall’ospedale di Ponte a Niccheri A destra, Fiesoli scende dall’auto dei militari a Pelago All’ospedale

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