Il monsignore eretico dal Vaticano a Versailles
«Fra molti ritratti che Domenico fece di naturale, che tutti son belli e molti somigliano, quello e bellissimo che fece di monsignore messer Piero Carnesecchi, allora bellissimo giovinetto, al quale fece anco alcuni altri quadri, tutti belli e condotti con molta diligenza». L’inquieto Carnesecchi, fiorentino per nascita, era tornato alla sua città natale da Roma dopo il Sacco e qui il pittore lo aveva ritratto nel 1527. Si era avvicinato al sacerdozio nell’ambiente ricco di stimoli intellettuali del cardinal Bibbiena, suo parente. Nel 1529, tornato a Roma, fece una carriera velocissima negli ambienti vaticani, ma cominciò a legarsi a figure inquiete, al confine dell’eresia, come Bernardino Ochino, Juan de Valdés e Marcantonio Flaminio, sotto la comune bandiera della Giustificazione della Fede. Da allora la sua esistenza fu inseguita dalla giustizia ecclesiastica: protetto da Cosimo de Medici, si trasferì a Parigi, presso Caterina de Medici, regina di Francia, come corrispondente diplomatico. Infine l’inquisitore Michele Ghislieri, diventato Papa Pio V, volle la sua testa e la ottenne, dopo la morte di Giulia Gonzaga. Il suo bel ritratto, insieme a quello mirabile di Bartolomeo Panciatichi, a firma del Bronzino sono al centro della mostra «I volti della Riforma: Lutero e Cranach nelle collezioni medicee, al Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi».