Firenze e il cinema nell’era multiplex In centro più promesse che sale
Sei anni fa (tra le polemiche) apriva il multiplex di Novoli Luci e ombre di un bilancio dopo la svolta nelle sale cittadine
Dopo l’apertura del multiplex di Novoli, sei anni fa, Firenze sta progressivamente perdendo tutte le sue sale cinematografiche. Nessun nuovo schermo, i progetti di riaperture di alcuni storici esercizi sono falliti. È il centro che sta vivendo la desertificazione più preoccupante, con le sale che stanno mano a mano scomparendo: sono rimasti soltanto Odeon, Compagnia e Principe nella cerchia dei viali, in attesa di sapere cosa succederà del Fulgor in via Maso Finiguerra, che Ferrero vuole accorpare a un hotel, e dell’Astra 2 in piazza Beccaria, venduto a una banca. Entrambi dovrebbero tornare attivi, anche se parzialmente, come esercizi cinematografici.
Il successo mondiale del nuovo episodio di Star Wars sta salvando il livello generale degli incassi. Gli ultimi cavalieri Jedi ,e i loro giovani eredi,che lottano contro il «lato oscuro della forza», dopo quarant’anni di battaglie stellari non hanno perso la loro vitalità. Ma per restare nella metafora è giusto non sottovalutare neppure «il lato chiaro della forza», la funzione positiva che una sala cinematografica può avere, contribuendo a tenere accese le luci della città. Non per niente in terre lontane, ricche ma non certo permissive, come l’Arabia Saudita, la riapertura dei cinema, dopo anni di proibizionismo, è stata salutata in questi giorni come un piccolo passo verso una maggiore libertà. L’intrepida Haiifa Mansour (La bicicletta verde è il suo film più famoso) ha commentato fiduciosa: «L’arte e le donne sono le due forze che stanno spingendo avanti i cambiamenti in una società conservatrice come quella saudita. Il cinema è importante perché rende più tolleranti e trasmette la gioia di vivere».
Belle parole che valgono anche per una società, imperfetta, ma certo più libera come quella italiana. Come i ristoranti, i negozi di qualità o le biblioteche, le sale cinematografiche possono aiutare nell’inevitabile processo di mutazione (lo chiamano anche degrado) della collettività.
Guardiamo allora da vicino com’è la situazione a Firenze. Il Corriere Fiorentino si occupò della questione alcuni anni fa, ai tempi della discussa costruzione della multisala di Novoli, con centro commerciale incorporato. Ora il palazzone verde esiste e svolge la sua funzione commerciale. Forse non ha rivitalizzato il quartiere, che continua ad essere abbastanza desolato e buio nei vialoni dintorno e sicuramente non è riuscito a trovare un rapporto con la vicinissima università. Ma col senno di poi, si può dire che è meglio del vuoto. Le sale normali più vicine (il Flora, che insieme al Fiorella fa parte di un circuito nazionale e può avere film di livello e l’Adriano del combattivo Maurizio Paoli) non senza gravi sacrifici hanno resistito al doppio assalto. Oltre alla multisala la costruzione della nuova tramvia (il cui cantiere passa proprio davanti all’Adriano e al Flora) ha reso quel quartiere una specie di zona di guerra, difficile da traversare. I lavori dovrebbe finire fra pochi mesi, e gli anni del lungo scontento forse finiranno.
Le cose vanno peggio, spostandosi nel centro della città. Nessuna sala storica ha riaperto e altre hanno chiuso: non c’è più il Fulgor, posto in via Maso Finiguerra, vicino alla stazione di Santa Maria Novella e accanto alla temuta via Palazzuolo, e scarse sono le possibilità di riapertura. Il nuovo proprietario che è il presidente della Sampdoria Massimo Ferrero, sta lavorando (se troverà i capitali) al progetto di allargare l’albergo accanto, limitando il numero di sale.
Lo stesso vale per l’Astra 2 in piazza Beccaria. La proprietaria Gloria Germani( titolare del bel cinema Odeon in piazza Strozzi) dopo aver sognato progetti ambiziosi (trasformare la sala in un elegante cine-varietà all’antica maniera) ha venduto alla banca di Cambiano (speriamo bene con i tempi che corrono per le banche) la quale assicura che lascerà un piccolo spazio per il cinema: l’assessore all’Urbanistica di Palazzo Vecchio Giovanni Bettarini ha confermato per scritto.
Non è carino essere scettici. Ma dopo la trasformazione del magnifico Gambrinus nell’Hard Rock Cafe, è lecito avere qualche dubbio. In pieno centro sta bene proprio l’Odeon, che punta tutto sui film in lingua originale per
gli stranieri e gli spettatori filologicamente più preparati; e segue una sua rigoroso strada il Teatro della Compagnia, oggi Casa del Cinema, con i documentari e i festival internazionali curati dalla Fondazione Toscana Spettacolo. Cose buone e istruttive, ma del tutto fuori, per libera e meditata scelta, dalla normale distribuzione. Sempre in centro, accanto a Santa Maria Novella, c’è l’audace Spazio Uno col suo programma strettamente d’essai. Ma ha sulla testa una minaccia di chiusura, perché l’Enel, proprietaria di tutto il palazzo, ha venduto. E i compratori, dopo aver minacciato una chiusura immediata, hanno concesso una proroga (sino a giugno o magari per tutto l’anno), senza dare però certezze per il futuro più lontano.
Per quanto riguarda la programmazione «normale» di prime visioni, il più vicino al centro è il Principe; un po’ più spostati verso le periferie ci sono Il Fiamma (al Ponte del Pino) e il Marconi (zona Gavinana), tutti appartenenti alla famiglia Rinaldi che aveva il già citato Fulgor e il da tempo estinto Variety (vicino a Bellariva). Tiene, grazie a un programmazione ben curata, Il Portico in via Capo di mondo. E come lo Spazio uno, puntato su scelte di severa e non sempre facile qualità lo Stensen di viale Don Minzoni, grazie anche all’autorevole appoggio dei padri gesuiti, e lo Spazio Alfieri, che essendo in zona Santa Croce si può considerare centro storico.
Ma i fiorentini sono in genere abbastanza pigri e tendono a considerare periferica ogni strada che si discosta dagli itinerari più tradizionali, in questo senso in qualche modo simili al vituperato mucchio selvaggio dei turisti d’assalto.
Finito il tempo dell’ira e dei duelli al sole, e una volta difese le luci delle sale, va detto che per tutelarsi dal mutare dei gusti (la crescente qualità delle serie tv ad esempio, per non parlare delle offerte in Rete) per salvare i cinema, ci vuole almeno un ragionevole numero di pellicole discrete (l’offerta di queste Feste ad esempio non è ricchissima, anzi molto bassa per quanto riguarda gli italiani) e una manutenzione decente dei luoghi: ovvero schermi all’altezza, poltrone comode, un caldo tepore d’inverno e fresco d’estate; all’ingresso qualche libro e magari cose appetibili da mangiare. Come altre cose della vita, le sale cinematografiche sono una fiammella, da alimentare con legna adatta. Non ci sarà sempre un Jedi con la spada laser in mano per vincere la guerra.
Cosa è cambiato Il cinema e il centro commerciale di San Donato sono una realtà, forse non hanno rivitalizzato il quartiere ma sono meglio del vuoto