Il ritorno di Borja
Borja venerdì a Firenze da avversario speciale I tifosi pronti alla festa
Venerdì per la sfida all’Inter c’è il «sindaco». Da avversario E i tifosi preparano la festa
Chissà cosa gli passerà per la testa quando salirà le scalette che portano al prato del Franchi, sotto la curva Fiesole. Chissà cosa scatterà nel cuore dei fiorentini che per anni lo hanno amato e ammirato per quel suo calcio vellutato e per quel suo modo acqua e sapone di viversi la città, lontanissimo dai cliché delle star e dal mondo milionario del pallone.
Il venerdì del «sindaco» sta per arrivare e di sicuro non sarà una giornata qualunque. Borja Valero infatti è stato e resta tutt’oggi il giocatore più amato dai tifosi viola nell’era Della Valle, il giocatore-simbolo a cui aggrapparsi in campo e in cui identificarsi fuori. Anche per questo lasciarsi non è stato facile, per nessuno. «Tutti quest’estate volevano andarsene, Borja è stato l’unico a non chiederci di andare via», ha ammesso il patron Andrea Della Valle qualche giorno fa. La logica del rinnovamento, del taglio al monte ingaggi e la corte serrata di Spalletti hanno fatto il resto. E così questa settimana porterà al ritorno del sindaco, ma con una maglia che non sarà più quella con il numero 20 della Fiorentina: «Mi aspetto la migliore delle accoglienze — disse proprio Borja nel suo primo giorno nerazzurro — Ho dato tutto quello che potevo nei 5 anni a Firenze, ma rispetterò le decisioni che i tifosi della Fiorentina prenderanno».
Lo stadio, ovviamente, lo accoglierà da re. La curva (dove Borja vanta ancora tanti amici) gli sta preparando qualche sorpresa, ma anche il resto dello stadio è pronto a fare la sua parte. All’andata, a San Siro, il curvino viola urlò «c’è solo Borja Valero» e lui salutò battendosi la mano sul petto. Tutto però fu fugace, perché lui aveva mille pensieri per la testa (era al debutto con la nuova maglia dell’Inter) e perché giocare al Meazza non è la stessa cosa che giocare al Franchi, nello stadio dove il todocampista viola ha scritto forse le pagine più belle della sua carriera. Con Montella, insieme all’amico Gonzalo e alla sapiente regia di Pizarro, nacque qualcosa di speciale. Una Fiorentina capace di divertire e arrivare fino a giocarsi un posto in Champions e una coppa europea. In 5 anni Borja è stato l’insostituibile di centrocampo, ha messo insieme 212 presenze e segnato 17 gol, tra cui uno anche all’Inter (finì 2-1 per i viola) nel primo anno di Sousa.
Anche per questo i tifosi si ribellarono all’idea di lasciarlo andare: in parecchi andarono in sotto casa sua per convincerlo a restare, altri scrissero «don’t touch my Borja» sulle cancellate del Franchi e se la presero col club: «Mi ha detto di voler andare», spiegò il dg Corvino dopo un faccia a faccia ai campini. Tra i due però il feeling non è mai nato per davvero, tanto che proprio Borja ammise «me ne sono andato perché ho avuto problemi con la direzione sportiva».
Le polemiche e l’incredibile vicenda dello whatsapp (nel quale Borja in lacrime diceva «mi hanno rotto le palle») reso pubblico da qualche tifoso, hanno acuito gli animi e resa difficilissima la strada verso la ricostruzione di Pioli, anche se proprio di recente Adv ha aggiunto «ci siamo chiariti». Oggi comunque la Fiorentina ha ricominciato dalla forza di Veretout e da un calcio meno tecnico e più semplice. L’età media è la più bassa del campionato e anche per questo il club non rinnega la scelta di lasciar andare lo spagnolo: barba da asceta e cervello fino, Borja Valero però continua a fare la differenza anche nella versione nerazzurra. Per l’Inter è un titolarissimo, anche se da trequartista dietro Icardi segna poco (appena un gol in 20 presenze) e anche se tra 10 giorni compirà 33 anni.
A Firenze insomma Spalletti — che già da tecnico romanista avrebbe voluto allenare Borja Valero — si affiderà ai suoi assist per rilanciare l’Inter e continuare a inseguire il Napoli capolista e Pioli dovrà essere bravissimo per studiare un modo per ingabbiarlo. Vada come vada in campo, sugli spalti saranno emozioni. Della sua vecchia Fiorentina non è rimasto quasi nessuno (solo Badelj e Astori), i tifosi però restano gli stessi che lo hanno visto inchinarsi sotto la Fiesole e postare i video col figlio Alvaro che canta l’inno di Narciso Parigi. Al Franchi saranno applausi. Tutti per lui e con il pubblico in piedi. Perché Firenze è così. Quando si sente amata si innamora. E quando si innamora è per sempre.