Corriere Fiorentino

«Non facciamo più figli: così rinunciamo alle nostre radici»

L’omelia di fine anno dell’arcivescov­o di Firenze Betori: «C’è il rischio di una miope rinuncia alle nostre radici»

- Mauro Bonciani

L’omelia proclamata al Te

Deum di fine anno in cattedrale dal cardinale e arcivescov­o di Firenze Giuseppe Betori ha lanciato molti messaggi. Ad iniziare dalla denuncia della emergenza calo delle nascite. «Lo sguardo alla condizione del Paese non può trascurare la grave situazione di crescente denatalità che ci accompagna ormai da diversi anni, ma che non sembra trovare eco sufficient­e tra il sentire della gente, la consapevol­ezza del mondo della cultura e della comunicazi­one, la responsabi­lità di chi ha compiti legislativ­i e di governo — ha affermato — Eppure ormai

L’altra emergenza Guardiamo ai migranti con uno sguardo carico di fiducia e come opportunit­à per un futuro di pace

siamo agli ultimi posti nel mondo per il numero di nascite. Sembra che ci sia un’assuefazio­ne alla scomparsa di un popolo o, peggio, all’inconsapev­olezza della china su cui stiamo scivolando verso la nostra fine». politiche sociali adeguate, una reazione all’impero di una cultura dell’individual­ismo e dell’effimero, che annullano il pensare in termini di futuro e di progetto», ha sottolinea­to ancora l’arcivescov­o di Firenze. Betori ha parlato anche di altri temi di attualità. «È persistent­e il dramma di tanti nella nostra società, dei molti, troppi che restano ai margini di una vita dignitosa e chiedono cibo, vestiti, casa, cure, relazioni umane. Si tratta di gente del nostro popolo come pure di uomini, donne e bambini che giungono da paesi lontani, in fuga dalle guerre e dalla fame, da condizioni di vita disumane». Dopo aver ricordato i tanti martiri cristiani di oggi e gli attentati terroristi­ci, l’arcivescov­o ha aggiunto: «C’è il rischio per noi di scivolare verso la miope rinuncia a riconoscer­e le nostre radici e quindi a un disorienta­mento che non riguarda soltanto la fede, ma anche la cultura che, proprio oggi che è chiamata a incontrare mondi diversi e a farsi accoglient­e, necessita di ancor più chiara identità».

Betori poi nell’omelia del primo gennaio, giornata mondiale della pace, è tornato sul tema dei migranti e dei profughi: «Quale debba esse«Mancano re la coscienza dei credenti di fronte alla realtà delle migrazioni e dei profughi è così riassunto dal Papa: “Tutti gli elementi di cui dispone la comunità internazio­nale indicano che le migrazioni globali continuera­nno. Alcuni le consideran­o una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunit­à per costruire un futuro di pace”». E ha ricordato infine Giorgio La Pira del il suo invito a «fare delle nazioni, nel rispetto dei loro inconfondi­bili caratteri, un’unica famiglia umana».

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L’arcivescov­o Giuseppe Betori durante la funzione in Cattedrale, a Firenze

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