Addio piccola Sofia «Ma lotteremo per tutti gli altri»
Addio alla piccola simbolo del metodo Stamina. I genitori: tanti come lei sono già condannati
«Abbandonati come vuoti a perdere». Così si sentono Guido De Barros e Caterina Ceccuti, i genitori della piccola Sofia, morta tre giorni fa a 7 anni, dopo una lunga battaglia contro una malattia rarissima. Ma continuano la battaglia per l’accesso alle cure caritatevoli.
Guido De Barros Questo sistema ci ha privato di terapie alternative e della possibilità di cercare altre strade all’estero Nel nostro Paese la sanità è fatta di prime donne che si rimpallano le responsabilità
«Abbandonati come vuoti a perdere». Guido De Barros e Caterina Ceccuti la sera del 30 dicembre hanno visto la loro piccola Sofia «volare in cielo». A sette anni, dopo una lunga battaglia contro una malattia rarissima, la leucodistrofia metacromatica, «per lei non esiste più dolore, c’è solo amore», ha detto Caterina. Ma la battaglia per l’accesso alle cure caritatevoli, che diano una speranza a chi non ce l’ha più, non finisce: i due genitori continueranno a condurla con la loro associazione Voa Voa. Indicando anche quel che, per loro, nella sanità italiana non ha funzionato.
Il caso di Sofia era diventato nazionale cinque anni fa, quando i Nas bloccarono la somministrazione alla bambina delle infusioni col metodo Stamina, che fino a quel momento, secondo Caterina e Guido, le avrebbero dato sollievo dal dolore. Le infusioni però si sono rivelate una truffa, il loro inventore, Davide Vannoni, è sotto inchiesta per associazione a delinquere.
Ma i genitori della bambina tornano alla carica: «Sofia e gli altri bambini affetti da malattie rare diventano bambini condannati. Il sistema sanitario ci ha abbandonati, lasciandoci senza cure alternative», è l’atto di accusa. Negli anni scorsi, Guido, Caterina avevano più volte spiegato di non voler difendere Vannoni, ma di voler solo testimoniare che «Sofia, e solo Sofia, è meno sofferente» grazie alle infusioni. «Non siamo mai stati pro Stamina, ma solo pro Sofia», ripete oggi il padre. I tanti no dei tribunali provocarono di fatto l’impossibilità di accedere alle sperimentazioni con le staminali negli Stati Uniti: tre ospedali dissero di no perché era troppo tardi, Sofia era ormai troppo grave, i suoi parametri inadeguati alla sperimentazione: «Se ci avessero lasciato andare mesi fa…», dissero i genitori lo scorso luglio.
Una volta senza speranze, la tragedia di Sofia si è ingigantita per i tanti limiti del nostro sistema sanitario, secondo Guido: manca una figura che coordini i vari specialisti coinvolti nella cura di patologie neurodegenerative. «Non serve a nulla avere eccellenze se non comunicano tra loro. Non serve a nulla un sistema fatto da primedonne». «Un genitore — prosegue — si riduce a fare da “case manager” e impazzisce: deve fare da infermiere, da avvocato, da ooss, da medico. Il sistema dovrebbe far interagire queste figure, altrimenti, anche con medici che rappresentano l’élite, si abbandonano le famiglie a se stesse: pediatra, medico territoriale, specialista ospedaliero si rimpallano le responsabilità e noi restiamo soli». Sofia, racconta il padre, aveva diritto solo a 45 minuti alla settimana di fisioterapia. A neanche un minuto di assistenza infermieristica a casa. Una figura competente Guido e Caterina non l’hanno trovata neppure a pagamento.
I genitori di Sofia ora si impegneranno «affinché in Toscana, precorrendo i tempi, si crei un sistema di coordinamento che funga da “centralinista” per mettere in sistema gli specialisti. Altrimenti è tutto un libro dei sogni». «Noi eravamo considerati una famiglia difficile perché segnalavamo i problemi della sanità — prosegue Guido — Ma non ci sono famiglie difficili, solo situazioni difficili che vanno corrette». Guido e Caterina annunciano che l’associazione Voa Voa «crescerà sana» per diventare un punto di riferimento.
Il Meyer, dove la piccola Sofia si è spenta sabato sera, annuncia che «si impegnerà a proseguire con forza nella ricerca di nuove prospettive terapeutiche e diagnostiche per le malattie congenite rare». Mentre il cardinale Giuseppe Betori, durante l’omelia del Te Deum di San Silvestro, ha commentato: «Il volo di Sofia è stato spezzato da una di quelle malattie rare e crudeli contro cui non è bastato l’impegno intelligente e generoso dei nostri bravi medici. Un mistero, quello del dolore degli innocenti che ci richiama alla nostra fragilità di creature e però avvicina a noi la sofferenza innocente di Gesù. Preghiamo per Sofia, per i suoi genitori e familiari, per tutti i bambini che soffrono e i loro cari, per quanti operano nella nostra sanità».
L’ultimo saluto a Sofia si terrà alle 11 di giovedì 4 gennaio nella basilica di San Miniato al Monte: «Ho voluto che il funerale fosse celebrato qui – spiega l’abate Bernardo, che officerà la funzione – perché questa è la basilica dei fiorentini nei momenti di festa e di gioia, ma anche nei momenti di dolore. Come quello per la scomparsa di Sofia. Una bambina e anche un simbolo». Un simbolo al tal punto che per Sofia si potrebbero aprire le porte del Cimitero delle Porte Sante. Il cimitero dei fiorentini illustri.