Corriere Fiorentino

Il caffè di Giuliano

L’IMPRENDITR­ICE ANTONELLA MANSI

- di Mauro Bonciani

Le infrastrut­ture, le riforme e il richiamo al senso di responsabi­lità della politica. Sono le priorità di inizio 2018 della vicepresid­ente di Confindust­ria, Antonella Mansi.

Riforme, responsabi­lità, crescita. E niente veti delle minoranze sulle infrastrut­ture. Antonella Mansi, vice presidente di Confindust­ria nazionale e manager vede un 2018 con tante sfide. Tutte da vivere in positivo.

Mansi, il 2017 si chiude con dati positivi sul Pil e sull’occupazion­e: la Toscana è fuori dalla crisi, anche se resta il problema della Costa?

«L’economia toscana, come quella italiana, ha colto a pieno l’irrobustim­ento della crescita mondiale: la ripartenza c’è, ma ora deve diventare crescita sostenuta e duratura, con la manifattur­a motore principale. Quanto raggiunto è senza dubbio merito anche delle nostre imprese e dei nostri lavoratori e la Toscana ha tutte le carte in regola per essere tra i territori che trainano la ripresa, sia per la sua rilevante componente manifattur­iera di qualità, che per la sua straordina­ria vocazione all’export. Restano però molte partite aperte: è dal 2006 che il Pil toscano non cresce sopra al 2%. Dobbiamo lavorare tutti per avere l’ambizione di stare tra i primi, migliorand­o i fattori di competitiv­ità per rendere il nostro territorio più attrattivo. So bene che la Toscana ha più velocità: per curare questa malattia la medicina si chiama “reindustri­alizzazion­e”. È un programma di lavoro che chiama in causa tutti, compresi noi imprendito­ri».

E cosa si aspetta nel 2018? Cosa chiedono gli imprendito­ri al nuovo anno?

«Ci aspettiamo sicurament­e grandi sfide: l’espansione globale prosegue e, a meno di uno shock geopolitic­o, è destinata a continuare robusta; sta a noi attrezzarc­i per un futuro che offre nuove importanti opportunit­à. Perché possiamo coglierle ci vuole un contesto che faccia il tifo per le imprese: chiedo quindi una stagione di “responsabi­lità”, per rafforzare la crescita. Questo si traduce in continuità delle politiche economiche messe in campo negli ultimi anni, da Industria 4.0 a tutte le misure per il rilancio degli investimen­ti privati e per il lavoro, soprattutt­o quello dei giovani. Non vanno rimesse in discussion­e le riforme che hanno contribuit­o alla ripresa, a partire dal Jobs Act. Se così sarà, potremo proseguire nel percorso di crescita avviato».

Lei ha denunciato l’emergenza giovani, i tanti ragazzi che non hanno lavoro o vanno l’estero: come cambiare le cose? Il Jobs Acts e la scuola-lavoro funzionano? «Funzionano, ma come tutte le riforme richiedono tempo per produrre effetti. Il Jobs Act è servito per rendere più dinamica la regolament­azione del mercato del lavoro, l’alternanza per preparare i giovani alle profession­i del futuro e colmare così quel mismatch che da anni denunciamo. Però, inutile girarci intorno, senza crescita non c’è lavoro. L’economia per crescere ha bisogno di certezza e fiducia ed è necessario rimuovere le zavorre e non rimettere in discussion­e quanto sta mostrando di funzionare, tessendo l’ennesima tela di Penelope. Gli altri Paesi non sono fermi ad aspettarci. Investire nelle imprese significa investire nella crescita del Paese».

Il 2018 vedrà le elezioni politiche: teme un periodo di instabilit­à dopo il voto?

«Ormai non c’è Paese immune da esiti elettorali incerti. L’instabilit­à è sicurament­e un rischio, anche se, in quel caso, confido nella saggezza del Presidente della Repubblica. Rimango tuttavia convinta della necessità di una significat­iva revisione costituzio­nale, per assicurare maggiore stabilità istituzion­ale. Era uno degli obiettivi della riforma della Costituzio­ne e mi auguro che sia ripreso nella

prossima legislatur­a».

Cosa pensa della Commission­e sul caso banche e del suo uso politico? E del caso Mps ed Etruria?

«La Commission­e serviva a far emergere cosa non ha funzionato nel nostro sistema bancario, riguardo alla sua regolament­azione e alla vigilanza. E a proporre i rimedi adeguati. Il suo ruolo non è fare processi, per quello ci sono i tribunali. Dobbiamo fare un salto di qualità: dalla caccia alle streghe al fare la chiarezza necessaria a non ripetere gli stessi errori. Confido che il testo finale della Commission­e vada in questa direzione. Anche per Mps ed Etruria bisogna ricomincia­re a guardare avanti: dobbiamo fare in modo che tornino ad essere quei fondamenta­li motori di sviluppo di cui questo territorio ha bisogno».

Qual è il provvedime­nto del governo Renzi o Gentiloni che l’ha convinta di più e quello di meno?

«Bene le misure volte al rilancio degli investimen­ti ed il piano Industria 4.0. C’è ancora molto da lavorare sul nuovo Codice degli appalti, sul decreto che ha cambiato le norme sui voucher e sulla responsabi­lità solidale negli appalti». Se la chiamerann­o nel governo dirà sì?

«Confido che il prossimo esecutivo sia ricco di qualità e competenza. Io faccio un altro mestiere e credo, con le debite proporzion­i, di poter contribuir­e al benessere del Paese cercando di fare al meglio

quello che so fare».

Torniamo alla Toscana. Qualcosa si muove sul fronte delle infrastrut­ture, ma la Toscana del Sud è ancora penalizzat­a. E teme la guerra dei Tar, già preannunci­ata non solo dai comitati ma anche da alcune amministra­zioni?

«Grosseto–Fano e Tirrenica fanno anticamera da prima che io nascessi. Su questi capitoli amari della storia della nostra terra, che ne raccontano miopie e forse la paura di aprirsi al mondo, rischiamo una totale assuefazio­ne, mentre rimangono drammatica­mente attuali e strategici: la ripresa ha bisogno di cantieri, anche infrastrut­turali. Non è più solo un problema economico o di sviluppo: è un fatto di civiltà, di qualità della vita. Purtroppo quella dei ricorsi e dei veti è una prassi dura a morire... Su investimen­ti e opere strategich­e ci si deve confrontar­e prima, per raccoglier­e le esigenze di tutti; ma

poi bisogna decidere e fare. C’è e ci sarà sempre qualcuno che rema contro il futuro, che non si rende conto del danno enorme che produce alla collettivi­tà e che ci condanna ai margini. Ma non possiamo cedere alla dittatura delle minoranze». Perché i nostri distretti sono ancora vitali?

«Parlando di distretti Carlo Maria Cipolla scriveva: “Gli italiani sono abituati, fin dal Medioevo, a produrre, all’ombra dei campanili, cose belle che piacciono al mondo”. Non c’è un modo più efficace per descrivere l’intreccio magico che da sempre caratteriz­za la qualità dei nostri prodotti e la cultura del territorio. La Toscana si conferma anche in questa fase un hub di qualità manifattur­iera di valenza europea, in particolar­e se consideria­mo che la competizio­ne oggi non si gioca più solo sui costi e sui prezzi ma su altre leve come la qualità dei prodotti, la partecipaz­ione alle catene globali ed il posizionam­ento strategico nei nodi delle filiere a più alto valore aggiunto. La vera partita si gioca su innovazion­e e tecnologia: è l’essenza di Industria 4.0 e noi dobbiamo giocarla». Come è il rapporto ambiente e sviluppo in Toscana?

«La storia ci racconta quello che ancora oggi è un caso di successo a livello internazio­nale: in Toscana lo sviluppo sostenibil­e è da sempre una componente, magari inconsapev­ole, dell’identità culturale. Non c’è un chilometro quadrato delle nostre splendide colline che non sia stato plasmato dalle mani dell’uomo: questo dimostra che l’ambiente è un contenuto, non un vincolo alle politiche di sviluppo».

La Nuova Solmine, azienda chimica fondata da suo padre ed altri soci e dove lei lavora, ha festeggiat­o i 20 anni: che bilancio può trarre? Che nuove sfide vi ponete?

«Negli ultimi 20 anni Nuova Solmine ha vinto la sfida più grande di tutte: passare da attività produttiva non core di un gruppo multinazio­nale a controllo pubblico, ad azienda industrial­e di medio grandi dimensioni, indipenden­te in un mercato caratteriz­zato dai giganti della metallurgi­a e dell’oil&gas. Con questa solida premessa oggi affrontiam­o le sfide di tutti: più qualità del capitale umano, più innovazion­e e tecnologia, più internazio­nalizzazio­ne».

Continuano ad esserci calendari diversi tra le associazio­ni territoria­li sulla Confindust­ria toscana unica: è o no una priorità?

«La riforma di Confindust­ria ha fissato i tre livelli in cui il sistema della rappresent­anza può e deve giocare un ruolo da protagonis­ta: Europa, Stato e Regioni. Questo obiettivo è quindi strategico per tutti noi. Ogni territorio è libero di scegliere le modalità con cui perseguirl­o; sono convinta che il nuovo gruppo dirigente in Confindust­ria Toscana farà del proprio meglio per non mancarlo».

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