A Bellosguardo, sul colle dell’incuria
Due anni fa il nostro allarme sulla piazza abbandonata. Oggi tutto è come allora
(p.e.) Il ritratto di Madame Violet Trefusis pubblicato il 12 novembre scorso sul Corriere
Fiorentino ci ha riconsegnato la migliore stagione di Bellosguardo, quando nelle sue ville (e per le sue strade) passava la cultura europea. Tiziana Masucci, che ha curato la mostra sulla scrittrice alle Oblate, ha riportato alla ribalta pezzi di vita e personaggi cosmopoliti che ancora negli anni Sessanta del Novecento si incrociavamo all’Ombrellino e dintorni. Ricordi. Emozioni. Scene di una città aperta verso il mondo, consapevole della sua ricchezza, che ancora non si identificava con il mercantilismo turistico che le sta togliendo l’anima. Sembra preistoria, ma è passato solo poco più di mezzo secolo dai giorni di «Violette» e dei suoi amici ospitati sul colle che era un avamposto letterario sulla città. Non sembrerebbe, visto lo stato di incuria e abbandono in cui versa adesso Bellosguardo. Bellosguardo, l’emozione perduta. Nella sua piazzetta, addossata proprio sul muro di cinta della villa dell’Ombrellino, c’è una lapide di marmo con incisi tutti i nomi degli scrittori che nei secoli scorsi, soprattutto nell’Ottocento, trovarono ispirazione qui, fra i selciati che da Colombaia portano a Marignolle e a Monte Oliveto. È in questo scenario di pura bellezza, nato dalla collaborazione fra l’ingegno dell’uomo e l’eleganza della natura, che presero forma, romanzi, racconti, poesie. Anche gialli. Una ventina di nomi, da James Fenimore Cooper a Florence Nightingale, da Ugo Foscolo (Le
Grazie) a Nathaniel Hawthorne (La lettera scarlatta). E poi Henry James, Adolf Hildebrand, la stessa Violet Trefusis. Ebbene, non c’è un nome che si salvi dalla patina nera che ha ricoperto da lungo tempo questo frammento di un passato illustrissimo, che fronteggia malinconicamente il vecchio pozzo al centro della piazza, transennato perché a rischio crollo. In compenso qui ogni giorno sfrecciano le auto di chi usa le strette vie delle colline che abbracciano l’Oltrarno come fossero delle piccole tangenziali. Il traffico della città si può evitare? E allora si passa di qui con l’auto per andare da Soffiano a Porta Romana, e viceversa, in un concerto senza sosta di clacson.
Per capire quanto paradossale sia la disattenzione di Firenze verso questo piccolo paradiso basta arrivarci da San Frediano, salendo verso il Prato dello Strozzino (dove c’è la storica ma ormai dimenticata, e sprangata, chiesa dei Santi Vito e Modesto, con le sue belle campane mute e immobili): non incontrerete nessu- no, a nessuna ora del giorno, salvo qualche appassionato di footing (che gentilmente vi saluterà, come succede quando si trova qualcuno in una landa deserta). Eppure è qui che si passeggiava a primavera e in autunno nella Firenze dei «grand tour», mèta internazionale dell’Europa colta, che conviveva con le grettezze (pittoresche e anche no) della Firenzina ottocentesca. Eppure è qui, in via Roti Michelozzi, la balconata di pietra da cui si può ammirare il panorama più bello di Firenze, distesa lì sotto con i suoi scorci meno abusati. Eppure, eppure... Eppure non sono mancate segnalazioni e proteste. Noi come
Corriere Fiorentino ce ne occupammo il 12 marzo 2015 con un dossier intitolato «Che Bellosguardo è mai questo?». Nei mesi scorsi i residenti hanno redatto un documento che riassume problemi e disagi. Mai nessuna risposta, mai un intervento. Un motivo in più per non rassegnarsi. Firenze non è e non può essere solo la città degli Uffizi. Ci sono tanti altri tesori. Da salvare e da riscoprire.
Ricordi offuscati Una patina scura copre i nomi dei grandi passati di qui, e per le auto è diventata una scorciatoia