Corriere Fiorentino

UN’EREDITÀ CHE CI UNISCA

- plermini@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA di Paolo Ermini

Nel messaggio televisivo di fine anno il Presidente della Repubblica Mattarella ha usato toni bassi come se volesse fare appello fin nello stile a un’Italia capace di ritrovare pacatezza come dato politico trasversal­e in una stagione contrasseg­nata dalle esasperazi­oni verbali.

Il Capo dello Stato si è così riproposto come punto di riferiment­o di chi spera nel superament­o definitivo della crisi grazie alla forza della ragionevol­ezza. Una virtù quasi eroica in mezzo alla virulenza delle demagogie vecchie e nuove. E non a caso Mattarella ha tracciato a sorpresa un parallelo tra i giovani che andranno al voto per la prima volta e i giovani che partirono per il fronte della prima guerra mondiale. I ragazzi del ‘99, allora come oggi. Generazion­i e generazion­i hanno nel frattempo cambiato storia, istituzion­i, costumi, mentalità. Però, oggi come allora, serve un po’ di generosità sociale per vincere la sfida. È un bell’invito quello che viene dal Quirinale, se rinunciamo a caricarlo di enfasi retorica. Nel 2018 appena cominciato celebrerem­o il centenario della fine della Grande guerra. Tracce di quell’evento sono visibili in tutti i nostri Comuni: monumenti, lapidi, elenchi con i nomi e i cognomi dei caduti. Ormai caduti anche nel ricordo comune. Ridare visibilità e dignità a questa pagina della nostra memoria forse è la lezione più semplice di quella educazione civica di cui tanti invocano il ritorno a scuola. E non possono essere che i sindaci, anche in Toscana, i principali promotori di una iniziativa che ci allineereb­be alle consuetudi­ni dei Paesi europei nei quali è innanzitut­to il legame con il passato a mettere benzina nel motore del futuro. Ci sono stele e statue da restaurare, marmi con dediche da rendere di muovo leggibili, soprattutt­o ci sono tante storie da raccontare. Nelle piazze o nei nostri teatri. Come i nostri nonni facevano nelle case. Come potevano farlo in un Paese che dalla fine della prima guerra mondiale in poi non è mai riuscito a leggere il passato secondo una trama condivisa: il mito della vittoria mutilata, i sommovimen­ti sociali, il fascismo e poi la seconda guerra mondiale, con le sue guerre civili, hanno interrotto per decenni la trasmissio­ne di una eredità storica unificante. Tentiamo il recupero partendo dai ragazzi del ‘99? Tu chiamalo, se vuoi, senso di un comune destino.

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